lunedì 17 febbraio 2020

MARCELLA MELLEA LEGGE: "I DINTORNI DELLA VITA" DI N. PARDINI



MARCELLA MELLEA LEGGE
“I DINTORNI DELLA VITA” di NAZARIO PARDINI


Parlare della raccolta poetica I dintorni della vita. Conversazione con Thanatos di Nazario Pardini non è del tutto semplice. L’autore si cimenta in una impresa di grande portata, trattando un tema elevato, molto caro alla tradizione letteraria: la morte, un pensiero che ogni essere umano istintivamente rifugge. Secondo Aristotele “L’arte imita la natura”: tutti gli artisti, in particolare poeti e scrittori, hanno sempre guardato le situazioni e gli eventi della vita per trarne ispirazione. Il tema della morte, strettamente legato alla vita, è sempre stato e continua a essere uno dei temi preminenti della letteratura. Sin dai tempi antichi, la morte ha avuto un ruolo importante nella poesia e numerose sono state le descrizioni di scene di morte e dei sentimenti ad essa associati: si pensi ai grandi poemi dell’Odissea, dell’Iliade o dell’Eneide. L’autore affronta, in buona parte, questo tema particolarmente delicato attraverso la forma letteraria di un dialogo intimo tra un uomo e la morte.
Aristotele nell’elemento drammatico individuò la quintessenza della poesia; l’opera di Pardini è connotata da una particolare drammaticità nei dialoghi che, assieme al lirismo di molti dei suoi versi, ci offrono momenti di alta e vera poesia, quella poesia che lo stesso definisce e mette in pratica nei suoi versi “...ché / la vera poesia è sentimento / memoriale, euritmica scansione; / è unicità del verbo dentro il verso, / è storia di una storia, di un mistero, / è narrazione intima che torna / a farsi viva dopo gestazioni / per mutarsi così in connessioni / d’immagini feconde…” (Infangare Calliope). La morte porta con se molteplici significati, simbolici e reali, comporta sempre una significativa elaborazione emotiva e sentimentale: essa rappresenta la fine della vita materiale, ma reca con sé il grande mistero di quello che verrà dopo, come l’Amleto Shakespeariano che definisce la morte “il paese sconosciuto da cui non ritorna nessun viaggiatore”, Pardini si interroga con intensità emotiva su quello che ne sarà di lui dopo la morte. “… Cosa sarà di me? Di questo involucro / che ha sopportato da un’intera vita / i volubili guizzi di un pensiero / che mai trovava pace? Io non credo / che tu non sappia niente d’oltretomba…” (Conversazione con la morte).
Attraverso le sue poesie, l’autore presenta al lettore i molteplici aspetti della morte: morte di massa (terremoti, naufragi), o in solitudine, o per incidenti, o morte bianca, per malattia, o per povertà. La morte porta sempre dolore: per questo è un mostro senza pietà “…E padri, e madri, / ci furono sottratti dalle fauci / di un essere insaziabile, di un mostro / che cantava i peana sulle stragi / che attorno seminava…” (Doloroso il viaggio).
Le diverse e orribili modalità attraverso cui la morte spesso si manifesta, senza pietà alcuna, la rendono spietata e maligna. Ma a volte la morte è anche pietosa, quando arriva come una liberazione dalla sofferenza “... Stamani sei arrivata, anche pietosa /…/ … Ed arrivando, / hai steso la tua mano sopra il volto / di un uomo consumato…” (Oggi ti approvo, morte).
Pardini attraverso l’uso frequente dell’enjambement crea fluidità ritmica, pone particolare rilievo ad alcuni termini e concetti e li carica di grande significato. Il ritmo viene dilatato fino al rigo successivo, crea attesa, pausa, riflessione, e così facendo induce il lettore ad una particolare predisposizione d’animo. L’autore, inoltre, utilizza varie figure retoriche, tra le quali la personificazione. La morte, infatti, è descritta nel suo orribile aspetto, numerosi e diversi sono gli aggettivi utilizzati per descriverla “… -Per dir la verità mi fai paura, / così macilenta, scheletrita, / coi denti radi in fuori, e le pupille / che come palloncini si dilatano / oltre il tuo viso scarno e sfigurato…” (Dialogo con la morte). Alla morte vengono attribuite le qualità di una persona, dotata di sentimenti prevalentemente negativi ma a volte anche positivi: “… Forse tu pensi che non mi tormenti / di questo mio esistere: chi sono? / che cosa rappresento in mezzo a voi? /.../ Tu credi che io non soffra a meditare / su questo ruolo datomi in eterno...” (Conversazione con la morte). Essa, nonostante la sua cattiveria e insensibilità, è in grado di suggerire che all’uomo non rimane altro che la solidarietà per vivere meglio “…Una è la vita, e solo quella è data, / non la sciupate navigando a vista, / e magari aiutatevi a vicenda / se pensate che io vi sia nemica” (La mia esperienza).
Il modo in cui Pardini personifica la morte richiama alla mente il grande Shakespeare, quando Romeo giunto nella tomba dei Capuleti, vedendo Giulietta morta, esclama: “Ah, cara Giulietta, perché sei ancora così bella? Dovrei credere che anche la Morte senza corpo può innamorarsi, che lo scarno mostro aborrito vuol tenerti qui, nelle tenebre, come sua amante?… E voi labbra, che siete le porte del respiro, suggellate con un bacio legittimo un contratto eterno con la Morte ingorda… Vieni, amaro capitano, vieni, guida disgustosa” (Shakespeare. Romeo e Giulietta, atto V).
La conversazione con la morte, quasi come in un duello impari, crea un’atmosfera soprannaturale, carica di mistero e tensione, e ci riporta, in qualche modo, a un altro autore inglese, S.T. Coleridge, a La ballata del vecchio marinaio, dove “Morte” e “Vita-in-Morte” si sfidano a dadi su un vascello fantasma “…È quella donna tutta la sua ciurma? / Forse quella è la Morte? E sono in due? / È Morte che alla donna s’è accoppiata? / Quale il vascello, tale l’equipaggio. / Le labbra rosse, gli occhi erano audaci. / I ricci erano biondi come l’oro: / con una pelle bianca di lebbrosa / l’incubo Vita-in-Morte era, l’esosa / che fa gelare il sangue. / Morte e Vita-in-Morte hanno giuocato ai dadi l’equipaggio, e / questa (la seconda) vince il vecchio marinaio. / La squallida carcassa s’avanzava, / le due gettano i dadi intente al rischio; / ‘il giuoco è fatto! Ho vinto, ho vinto io!’ / ella disse, e mandò un triplice fischio...” (S.T. Coleridge. La ballata del Vecchio Marinaio, parte 3°).
L’uomo è quasi sempre sconfitto dalla morte, solo il ricordo e l’amore possono sopravvivere alla sua forza distruttrice “… Amare è quello che faremo, / senza indugi e senza reticenze / sarà la nostra fiamma, / il fuoco che ci incendia / a tradire la foga dell’eterno, / dell’eterno mistero della morte. / Saremo nell’oblio della passione / nella latebra dei nostri incantamenti / quando verrà lo scheletro / a coprire di nebbia il breve viaggio” (Andiamo insieme, Delia).
L’autore nelle sue riflessioni riconosce che l’unica forza in grado di sconfiggere veramente la morte è la natura, essa è più potente della morte: infatti, dopo ogni inverno, la natura si risveglia, l’albero spoglio rinverdisce e i fiori rinascono. La natura compie il suo ciclo di vita e morte ma è sempre vincente “…O primavera! / Torna fulgente sopra i verdi prati, / sopra le acque che il mare frantuma / col mare di levante! Torna sempre, / cocciuta, come sei, a rinfrescare / l’aria frizzante delle tue memorie, / i ritorni perenni dei rondoni / che nessuno potrà mai rapinare! / Tantomeno, tu morte, lo potrai / al ritorno continuo delle gemme” (Non scriverò di certo, morte). L’uomo, al contrario, ha una sola vita, non potrà rinascere, non ha una seconda possibilità, di lui potrà restare solo il ricordo e il poeta si domanda cosa resterà di lui. Un altro potente mezzo in grado di sconfiggere la morte è la poesia: essa è immortale e imperitura: “… Vola oltre la morte / e amami ancóra come io ti ho amata / e non lasciar che il mondo ti contamini / togliendoti dall’anima quel succo / nato per trasformarsi in poesia…” (Infangare Calliope).
Dal rapporto dialettico vita-morte, natura-uomo, amore-morte, oscurità-luce “…Ma la natura vuole che l’amore / vinca su tutto a costo di morire…” (Un ramo secco a terra), “… È la forza che ti vince, cara morte: / un fiore che si affaccia dall’avello” (È cresciuta una rosa) e dalle dissertazioni filosofiche, si evince una conclusione amara, che fa accettare all’uomo la morte: essa, infatti, è parte integrante della natura, è lei stessa a dichiararlo: “… Chi volle la mia falce è la Natura / ed io non faccio altro che obbedire…” (Conversazione con la morte).
Già nel 1200, S. Francesco d’Assisi, nel Cantico delle creature, chiamò la morte “sorella”, “… Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare: guai a quelli che morrano ne le peccata mortali. Beati quelli che troverà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ‘l farrà male…”, proprio per riconoscerle il ruolo di compagna e parte integrante della vita, vita e morte sono le facce opposte della stessa medaglia.
La raccolta poetica si chiude con una visione profetica e pregna di speranza, in cui l’amore Divino è, alla fine, il grande vincitore, “…Vinse l’amore, e nella notte / si accese la lampada divina, / grande, enormemente forte, / più che d’agosto la calura estiva. / Più che di giorno la gloria del Signore” (Si aprirono i cieli).

Pardini usa un linguaggio spontaneo, naturale, ricco di aggettivi e sostantivi densi di significato, che rendono le sue poesie dialogate di grande intensità drammatica; esse esplorano la precarietà della condizione umana e cercano di dare delle risposte.  I dintorni della vita. Conversazioni con Thanatos è un’opera che coinvolge emotivamente il lettore, non solo per l’importanza del tema trattato ma anche per la delicatezza e la profondità d’animo con cui l’autore lo tratta. Leggendo i suoi versi si ha come l’impressione di trovarsi di fronte a un’opera d’arte della quale si rimane affascinati in un legame che dura nel tempo. Un’opera d’arte che svela lentamente un mistero, un segreto. In essa, l’autore, più o meno consapevolmente, sembra cercare non tanto una comunicazione immediata con l’altro da sé, quanto piuttosto una profonda dialettica: in questa libera espressione l’artista esprime soprattutto il proprio pensiero nascosto, esprime se stesso. Egli usa un linguaggio spontaneo, naturale, ricco di aggettivi e sostantivi densi di significato, che rendono le sue poesie dialogate di grande intensità drammatica; esse esplorano la precarietà della condizione umana e cercano di dare delle risposte. Ogni pagina, ogni frase, ogni verso presente nell’opera, ogni parola, rivelano ben più del significato letterale che propongono: all’interno del linguaggio ci sono le domande intime dell’autore, c’è il suo pensiero inconscio, il suo ritmo, la sua musica, il suo travaglio interiore. Pardini si mostra poeta poliedrico, sensibile, schietto, fecondo, attento osservatore della realtà: della natura e dell’uomo in particolare, con la sua raccolta poetica ci offre un’opera di grande pregio letterario ed estetico, ricca di importanti messaggi e profondi valori e significati.
Marcella Mellea



Nazario Pardini. I dintorni della vita. Conversazione con Thanatos.
Pref. di Floriano Romboli. Guido Miano Editore, 2019, mianoposta@gmail.com.


















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