giovedì 20 febbraio 2020

LAURA BARONE: "INEDITI"


Laura Barone,
collaboratrice di Lèucade

Ho davanti le tue nuove, meditate, impegnate poesie sulla vita e sulle aporie del quotidiano vivere. Opere di grande sensibilità, di fattiva e sentita vicenda esistenziale. Il verso, pur moderno e articolato in andate e ritorni, mantiene tutta l'energia di classica misura. Una intensa emozione reificata in misure di elastica plasticità. Laura pensa, riflette, rielabora; ogni problema di estrema attualità si fa motivo di canto, di ribellione, anche, a tutto ciò che snatura, inquina, abbrutisce. Chiede rispetto per un mondo che è in decadenza materiale e spirituale. E lo fa con melodica armonia, quasi un gioco di ossimorica levatura tra il pathos e la circolarità del verso. Emozioni da vendere...

Nazario Pardini     

LETTERA AL PIANETA TERRA
(distici)

Sono in tenuta di ricognizione
mascherina anti PM10 in auto.
La città è intossicata di paura
neppure un buongiorno sul pianerottolo.
Veleni strisciano senza rumore
odore di vento siderurgico.
Il fiume diventa un artiglio nero
di vero c'è quell' onda in agonia.
Un'inutile isola infeconda
galleggia sulle acque portando morte.
Anche l'ulivo muore nel silenzio
non c'è neppure un simbolo di pace.
Nasciamo perchè attratti da qualcosa...
Lo dice Galimberti, avrá ragione?
Ti scrivo perchè non trovo piú un senso
per dare un suono nuovo alla bellezza.


A-SOCIAL

È uno zapping neuronale
un rincorrersi disperato di sinapsi,
non ci si parla più
il linguaggio è frammentato
destrutturato come
un inutile dolce fatto in fretta.
Affondato nel silenzio digitale
non godi più
di sguardi e panorami
che scorrono tra cuore e finestrino.


I SOPRAVVISSUTI

Siamo ancora qui
dopo quel giorno che dalla vita
abbiamo attraversato l'Acheronte,
senza nocchiero per il trasbordo.
Andata e ritorno dall'inferno,
passaggio gratuito non richiesto.
All'andata c'era un carico di sgomento
ed i perchè restavano incastrati nell'urlo che nessuno ha mai sentito.
L'anima è un macigno che t'affonda,
mentre intorno s'alzano
i cori impotenti di chi t'ama.
Al ritorno sorge un senso d'aria limpida
come quello all'alba d'ogni battaglia.
Se hai vinto la guerra
te lo diranno il sangue e uno sguardo stupefatto.
E tu sei ancora qui
con invisibili cicatrici
che nascondi nel silenzio cupo
di giornate in cui ricostruisci i tuoi sorrisi.
Mentre Elios sorge con la scritta "ricominciare",
Selene inghiotte le tue notti di veglia.
Noi non abbiamo fatto alcun male
non abbiamo tradito
eppure maligna materia
ha ingannato la nostra carne
e donato le stigmate di chi è sull'altra sponda.
Guarda le mie mani;
incrocia il mio sguardo;
ascolta la mia voce.
Sopravvivere è un'arte lenta
che dilata i sogni.

Laura Barone




1 commento:

  1. L'introduzione di Nazario è talmente esaustiva che si leggono le liriche sull'onda del suo dire. E si resta davvero colpiti dall'originalità, l'attualità dei versi di Carla, legati comunque a uno stile non sperimentalistico, ma curato, legato ai classici. Un connubio vincente e avvincente. Il gioco di ossimori conquista e induce a riflettere. La nostra Autrice, che sa giocare spesso sul registro dell'ironia, dell'anticonformismo, nelle prime due poesie tratteggia il nostro vivere. Sembra di assistere al film The Circle nel leggere i versi che ci vedono schiavi di tanti, troppi strmenti tecnologici e in primis degli smartphone. "Non ci si parla più" è l'asserzione fondamentale. Si assiste a scene allucinanti: una famiglia di quattro persone, al ristorante, ognuno chiuso nella propria isola... E' un esempio, una delle infinite scene alle quali si assiste quotidianamente.
    " Affondato nel silenzio digitale
    non godi più
    di sguardi e panorami
    che scorrono tra cuore e finestrino".
    Quattro versi che sono una finestra superba sul tempo che ci sfugge di mano. Sì, non un tempo che viviamo, ma dal quale ci lasciamo vivere. Carla cita il filosofo Galimberti nei versi della prima lirica, che in alcuni testi augura alle nuove generazioni di crescere senza nichilismo, ma sottolinea quanto l'ambiente malato stia deteriorando la natura, gli individui, le speranze ed esprime il proprio dolore verso 'il Pianeta Terra' al quale scrive una magnifica lettera d'amore e di sofferenza... La terza lirica, "I sopravvissuti" mi ha coinvolta in modo particolare.
    " Noi non abbiamo fatto alcun male
    non abbiamo tradito
    eppure maligna materia
    ha ingannato la nostra carne"
    Senz'altro pessimista, ma soprattutto dolente, come un cuore ferito che sente i battiti divenire anarchici e trema. Trema di fronte al mondo che tradisce le promesse del Sole, che inganna con il sangue, le menzogne, l'odio. Versi scritti con l'inchiostro, la rabbia e la disperazione. Versi di verità e di paura. E la chiusa raccoglie il senso di tanto strazio.
    "Sopravvivere è un'arte lenta
    che dilata i sogni".
    Poesia in se stessa. Che si eleva altissima, che riscatta in parte i versi precedenti, che fa ricorso ai Sogni, costretti a trovare altro spazio, a non mostrare il loro coraggio, ma destinati a non scomparire. Fin quando esistono i sogni si sopravvive e si crede.
    Elegie le liriche di Carla, che vanno lette più volte e inserite nel proprio bagaglio emotivo. Il talento può e dovrebbe essere anche impegno civile. Grazie, Carla, sai continuare a interessare, a stupire e a insegnare.
    Maria Rizzi

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