La stanza alta dell'attesa
Biografia familiare fra prosa e poesia
Il senso del tempo, del suo fluire, delle figure e
delle cose che lo caratterizzano; la passione per la natura e per le vecchie
pietre urbane, di antiche strade domestiche; la consapevolezza (l'amore) del
valore della famiglia, massime quando si tratta di una famiglia come la sua:
dai vincoli forti, radicata nella fede cristiana; e poi, un fluire lirico
intenso, alto, dei brano di poesia, un lirismo presente peraltro anche i talune
pagine di prosa. Così si può sintetizzare il nuovo libro di Maria Luisa Daniele
Toffanin.
Una sintesi che pare di poter cogliere fin
dall'illustrazione di copertina: un disegno di Marco Toffanin raffigurante
vecchie case in quel reticolo di strade e stradette, raccolte in una
"intimità" personalissima (via Gabelli, via Agnusdei, via Santa
Sofia, via San Biagio), il piccolo, grande mondo dell'autrice, fermo nella
mente dei ricordi, vivo nel sentimento del cuore.
Il padre Gino, internato militare italiano nei lager
nazisti, la mamma Lia sempre trepidante, ma fiduciosa nell'attesa del ritorno,
un contorno di figure e di ambienti, e di cose, fra memoria, presente e
immagini del domani, vengono resi sulla pagina, tra prosa e poesia, in
maniera originale: con intrecci "confluenze", osservazioni e
riflessioni, che si tengono in un unicum armonioso.
Una autobiografia personalissima, certo, ma nella
quale (o in qualche parte della quale) ciascuno si può ritrovare.
Queste pagine originali, spesso intriganti, nel senso
di coinvolgenti, si avvalgono di "note sparse" di Luisa Scimemi di
San Bonifacio, della prefazione di Stefano Valentini, e delle "voci
critiche" di Nazario Pardini e Mario Richter, non nuovo quest'ultimo, a
osservazioni acute, pertinenti, sugli scritti di Maria Luisa Daniele Toffanin.
Legami, affetti familiari e amicali, uniti in un più
ampio disegno sentimentale di una vecchia Padova, per moli perduta, toccano
profondamente il lettore sensibile e confermano, per chi già la conosceva, la
vena poetico-narrativa dell'autrice.
Basti. per fare un solo esempio, il passo che così
suona: “Queste presenze raccolte in una cornice di fiori sono il domestico
cielo, sempre acceso di stelle, per me piccina e per la mamma nella sua grande
infinita attesa”. Dove quel domestico cielo acceso di stelle, dà veramente,
quasi palpabile, un respiro straordinario, quasi immenso.
Giovanni
Lugaresi
Il
Gazzettino di Padova, 18 gennaio 2020
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