Maria Rizzi, collaboratrice di Lèucade |
Maria Rizzi su “I DINTORNI DELLA VITA” – Conversazione con Thanatos -
di Nazario Pardini
– Guido Miano Editore –
L’introduzione
all’Opera “I dintorni della vita” di Floriano Romboli è un’esegesi magistrale
del Cantico del Maestro, un’analisi approfondita e schietta, priva di inutili
fronzoli, di deviazioni gratuite. Il grande critico letterario entra nel vivo
del paesaggio interiore del grande Nazario Pardini e ne cesella ogni stato
d’animo, ogni aspetto esistenziale, ogni preziosismo linguistico.
Dopo
le sue pagine non è facile cimentarsi in ulteriori tentativi di interpretare il
testo.
Devo
confessare che mi intriga nel titolo il termine ‘dintorni’, che dà l’idea di
una volontà dell’Autore di muoversi nelle vicinanze, in prossimità dell’amore,
per visitarne ogni ambito, ogni componente, ogni elemento con fede e con il
desiderio di sconfiggere la
Morte , che rende precari il nostro vivere e il nostro
esternare i sentimenti.
Il
Poeta esplorando i sobborghi dell’Amore canta ancora e sempre la natura, con
versi caratterizzati da una verseggiatura che attinge al repertorio classico,
ma non cede mai al desueto, anzi vibra di fluidità ed è sostenuta da un
caleidoscopio stupefacente di immagini, da una capacità inesausta di variazione
nell’ambito di uno stile moderno e inconfondibile.
“Scriverò,
al contrario, della gioia
che
zampilla dattorno per i prati
indifferenti
al tuo potere maligno”
Nazario
conduce un testa a testa con Thanatos, sfogando con misura e melodia il lato
irriverente e ironico del suo carattere, ma soprattutto la determinazione a
valorizzare gli strumenti buoni della nostra esistenza, ai quali distratti da
aspirazioni e preoccupazioni, spesso non abbiamo tempo per prestare il giusto
riconoscimento. Il Poema dell’Autore, credo non sia ardito definirlo tale,
parte dal presupposto che alla nascita ci vengono dati in dote i sogni e che,
se ci mostriamo coraggiosi, possiamo provare a realizzarli, sconfiggendo il
male che rende ‘doloroso il viaggio’ e ci rende fragili, nostalgici,
sofferenti. “Alla fine fu luce”: un’esplosione di fede, su uno sfondo mitico,
allusivo alla rinascita, al ritorno al grembo, identificato con il mare, quel
mare tanto caro a Nazario, che è fecondazione, grembo… creazione e ritorno. La
lirica “Lettera al fratello scomparso” mi ha trascinata in una vertigine. La
storia dell’Autore si è intrecciata alla mia e i suoi versi davano spazio alla
sofferenza e all’amore quotidianamente soffocati. Non si elaborano questi
lutti, queste perdite precoci, Si incistano nel cuore e rendono il tempo
gravido di domande, di memorie. La chiusa della poesia ha rappresentato linfa
di pace. Verrà il giorno dell’abbraccio, si scioglieranno i nodi e sarà sorriso
e quiete.
Anche
la lirica dedicata al padre rappresenta il grido muto e rabbioso verso
Thanatos, così feroce nel carpire e nel non capire; così ineffabile e
misteriosa.
La
voce del Poeta è sempre appassionata, commossa, inarrestabile come il mare,
quel mare che il critico Romboli cita nella lirica di Bauudelaire : “Uomo
libero amerai sempre il mare / il mare è il tuo specchio / contempli la tua
anima nello svolgersi infinito della tua onda” .
Il
Poeta conosce lo sdegno, la ribellione, mai la rassegnazione. Nei versi di
impegno civile della lirica “E quella imbarcazione?” affronta la storia che
viviamo ogni giorno. I migranti irretiti dai ladri di sogni, che affollano il
nostro mare e si scontrano con la
Morte nell’indifferenza dei vari paesi europei. L’indifferenza
è il male peggiore dei tempi che viviamo, va a braccetto con Thanatos.
Nazario
Pardini si legge con i cinque sensi, con la sensazione di trovarsi di fronte a
un romanzo in versi, o meglio, a un Poema attuale e didattico. E si resta
incantati dalla sua capacità di viaggiare su tanti registri senza inciampare
mai nello scontato, nell’inflazionato, con l’anima di un fanciullo teso a
rendere omaggio alla natura, agli amori, ai ricordi, alle ingiustizie,
sconfiggendo la Morte
con l’Arte. Un’Opera che restituisce dignità e valore al termine Cultura.
Grazie
infinite. Un abbraccio grato e commosso.
Maria Rizzi
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