martedì 4 febbraio 2020

MARIA GRAZIA FERRARIS LEGGE: "I DINTORNI DELLA VITA..." DI NAZARIO P:



Maria Grazia Ferraris,
collaboratrice di Lèucade

N. Pardini. I DINTORNI DELLA VITA, Conversazione con Thanatos”, ed. G. Miano, 2019



Ricevo la terza parte della trilogia che N. Pardini va componendo: “I DINTORNI DELLA VITA, Conversazione con Thanatos”, ed. G. Miano, 2019, che è  stata preceduta da  I dintorni della solitudine e I dintorni dell’amore, ricordando Catullo. La trilogia pardiniana raggiunge un punto fermo sulla meditazione dei temi capitali (amore, morte, vita, poesia) della vita e sul suo significato.
Un itinerario umano di valenza universale  che la sua fedelissima Musa gli ha indicato perentoriamente, trovando strade di diversa tensione ed ispirazioni nel tempo: un viaggio in estensione circolare che tende contemporaneamente all’alto  e alla profondità interiore, un viaggio  che indica il suo itinerario filosofico, poetico, artistico.
È una ricerca di quiete - che l’Autore vorrebbe totale- , l’approdo di questa ultima silloge, che  lascia dietro di sé anche il sogno -dentro il sogno- della vita che si rinnovella eterna, il ricordo vitale di una stagione che non è più. Nella sua ultima opera N.  Pardini riprende con grande  consapevolezza di controllo emotivo il tema, filosofico e storico,  della fine, che è anche quello della riflessione sulla (sua ) vita poetica ed umana.  Affronta così  la terribile protagonista, la Morte, sembra perfino  sfidarla in un dialogo lirico dialettico che include la totalità delle occasioni dei suoi incontri personali dolorosi : il fratello, il padre, la famiglia,.., ma reagendo nel contempo e scegliendo a contrasto e in opposizione  i temi che gli sono consueti, liberanti e consolatori: la natura, la primavera, la poesia, l’amore…
La morte, personificata in Thanatos, entra in rapporto diretto col poeta: onnipresente e crudelmente in attività perpetua, necessaria: risponde, commenta, parla, si giustifica, a suo modo impotente ma beffarda, con  toni pacati, argomentativi, volutamente  ragionativi, quindi ironici, quasi alla ricerca di una impossibile comprensione reciproca:… "la morte si sconta vivendo".
“Vieni un po’ qua da me. Restami accanto. / Non essermi nemica” dice il poeta, a cui la morte risponde: “Chi volle la mia falce è la Natura / ed io non faccio altro che obbedire. / Forse tu pensi che io non mi tormenti / di questo mio esistere”.
Disperante nella cinica indifferenza. Solo la cultura può salvarci dalla disperazione. E quella di Pardini passa dai classici  latini ai classici della nostra letteratura,  fino  alla riproposizione della perfezione delle Operette Morali dell’immortale Leopardi. C’è forse altra via d’uscita?
Molti critici autorevoli si sono cimentati con questa silloge. Non occorre aggiungere altro.
Per quel che  riguarda la mia lettura e le emozioni che ha suscitato vorrei ricordare due  liriche, tipicamente pardiniane, che mi hanno profondamente commosso:  Il ramo secco a terra, e  Doloroso il viaggio che apre la silloge. Dal particolare all’universale: la metonimia allegorica che descrive la vita. Potenza della capacità strutturante compositiva del Nostro.
Anche la natura  tocca con mano l’inesorabilità della morte. L’albero di cachi che a dicembre celebrava il suo trionfo d’oro  in primavera si è spento, è solo un ramo secco, a terra; ha lottato e gioito  fino al compimento del suo destino generoso…poi si è arreso “ un simbolo d’amore e di preghiera,/ che ti ha fregato, morte,/ annullando la lama della sorte.”
La lirica incipitaria  esprime la fatica, il dolore, l’angoscia del viaggio della vita accompagnata da un’ospite indesiderata ma insistente e ombrosa, Thanatos, che semina dolore, toglie gli affetti,  semina guerre e calamità,… : è  la storia del dolore,  la forza  malefica con cui si esprime la nullità delle cose, ma che per antitesi ci spinge alla speranza un po’ folle ed incosciente di una vita per noi significante, di un porto- rifugio, di uno slancio vitale senza alcun riposo… fino al termine: “alla fine fu luce; fu clangore;/ la strada si diresse verso il cielo/ dove anche la morte si piegò…/… fu riposo,/ fu calma; e fu la quiete”.

Maria Grazia Ferraris
Febbraio 2020



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