I
DINTORNI DELLA VITA
Conversazione
con Thanatos di Nazario
Pardini
Guido Miano Editore – Novembre 2019
“Vinse l’amore, e nella notte/ si accese
la lampada divina”
Anna Vincitorio, collaboratrice di Lèucade |
Elementi
fondanti della poesia di Nazario Pardini sono: la solitudine interiore legata all’autunno
che raccoglie il suo vissuto con i colori sfumati come il tempo trascorso; il
mare immenso e inquieto per lui presente in ogni attimo di vita e di fronte
alla morte; l’amore, inteso come bellezza che diviene purezza smaterializzata.
Amore: poesia e vita. Possiamo senz’altro affermare che, degli elementi
enunciati, quest’ultimo è il concetto dominante. Affiora in ogni verso; è
compagno di vita del poeta e si contrappone alla morte.
“Scoprimmo
il cielo, il mare ed il sorriso/… Corri, corri,/ vento selvaggio, corri a
perdifiato/… portale il colore del sangue dei papaveri confuso/ fra l’oro delle
spighe”; (I dintorni della solitudine, pag. 33) “… qui mi accorgo/ quanto la
densità delle robinie/ ora si sia smagata: foglie gialle,/ … rami … sprazzi di un
fiume compagno di spoglie/ di una recente primavera”; (I dintorni dell’amore,
pag. 69); “Andiamo insieme, Delia; corriamo a perdifiato, fin alla fine!
prendiamo dalla luce solo il sole,/ lasciamo l’ombra ai gorghi della notte”.
(Conversazione con Thanatos, pag. 31). Poemetti legati anche nell’immagine di
copertina: una scultura che rappresenta la maternità.
In
questo testo siamo di fronte ad un’opera complessa che non può non coinvolgere
il lettore. Il contenuto è universale: “E la sua presenza fu tema di dolore e
di ricordi,/ di nostalgie di terre inesplorate,/ di luoghi già vissuti a noi
strappati/ dal suo ruolo maligno”.
I
pensieri, i ricordi del poeta sono un bagaglio personale tenuto ben stretto e
la morte non può penetrarlo. I ricordi procurano anche dolore ma sono
soprattutto ricchezza che vive nella nostra memoria; ricchezza tinta dei colori
del cielo di maremma alla sera. Sera che rappresenta la fine del giorno ma che
può essere morte. È di ogni essere umano la speranza di potersi riabbracciare
con i nostri cari, un dopo. La morte è limite ma l’amore-poesia può volare alto
e costruire un baluardo di fronte al nulla, all’oltre, all’ignoto. Questo
dialogo con la morte ci mostra il poeta che ne rinnega la crudezza
contrapponendo ad essa la gioia, i gialli girasoli, le ginestre, “la brezza
pellegrina che vibra coll’odore di stagione; delle ardite primavere che sempre/
impavide ritornano a tradirti…”. Le gemme che si rinnovano contrastano con la
morte. Sia l’uomo che la morte, nei dialoghi, assumono aspetti contrastanti. La
morte umanizzata come l’uomo è a volte aggressiva perché toglie agli umani
affetti, memorie, vista, pensiero. Lei porta il nulla ma non può non farlo.
Coesiste in noi. È odiata spesso ma, in casi di sofferenze inenarrabili, può
essere bramata. Il poeta questo lo sa. La morte è un elemento legato al tempo
e, al suo scorrere, si avvicina a noi. Non possiamo sfuggire ad essa ma opporci
a lei con la fiamma dell’amore e sperare che ci colga in un momento di
appagamento e di estasi. Quello che fa paura è il dopo che ignoriamo. Ma non si
può incolpare la morte della nostra fine perché la Natura l’ha creata e la
morte ad essa obbedisce. Essa assume un aspetto umano e soffre del suo ruolo
eterno ed immutabile. Ed allora? Se la morte è ingiusta, lo è anche la Natura:
“Tutto è naturale tu mi dici/ e così che ha deciso la Natura: interrompere la
vita con la morte;/ ma ad ogni primavera, tu lo sai,/ rinascono le gemme…”.
Morte è il sempre, il dopo che non ha dimensione.
Per
lei siamo tutti uguali. Ognuno ha la sua sorte legata al tempo. Il poeta
ricorda molte morti ingiuste e precoci. Perché queste differenze? Prova rimorso
la morte? Nazario Pardini lotta contrapponendo alla fine momenti di amore: il
figlio, la moglie, il ricordo del padre. Troppo tardi ci accorgiamo di parole
pensate e non dette e chi se n’è andato non ha potuto raccoglierle. È vero che
la morte spesso mette fine alle sofferenze; però talvolta, sarebbe bastato
qualche attimo per dar luce a chi a breve ne sarebbe stato privato per sempre.
La morte, accusata, si difende. Siamo come alla presenza di un dramma teatrale.
Ad ogni attacco una risposta. Non può esserci equità nella morte perché essa
arriva per tutti ma in tempi e con modalità diverse. Al poeta rinfaccia una
vita dove ha goduto l’amore di una donna, del mare, “dei boschi, i fiumi, i
monti e le campagne…”.
L’uomo
non può non riconoscere quanto gli viene detto ma chiede la brevità del
distacco e avere per compagno il mare. Cosa può fare il poeta? Non pensare alla
morte. Il periodo terreno termina ma, lo spirito che anima l’uomo sopravvive e
s’innalza verso il cielo e le stelle. Tutto scompare ma resta l’amore sulle
gemme, sui frutti, sulle foglie che rinascono ogni primavera. Purtroppo nel
mondo continueranno ad esserci morti ingiuste, stragi, uomini annientati dal
fuoco o dal mare. Tutto questo è vita che cede al canto della morte. Questo
affascinante dialogo tra l’uomo e la morte, li vede antagonisti ma, a me sembra
che la morte sia giustificabile. Se la sua presenza è stata creata con quelle
caratteristiche di ineluttabilità e sotto un cielo e una volontà superiori che
ricordano il pensiero di Kant, mi sento di assimilarla alla visione di Caino
secondo José Saramago. Tutto era stato già prestabilito così come il tradimento
di Giuda per il sacrificio di Cristo per la salvezza degli uomini. Possiamo
allora Giuda considerarlo colpevole? Dio ha creato gli uomini dando loro la
vita e Dio pone fine ad essa con la Morte.
Anna
Vincitorio
Firenze,
20 gennaio
Un'analisi viva e limpida della poesia di quello che a me pare uno dei maggiori poeti del nostro tempo. La poesia di Pardini è congeniale al mio modo di sentire e per lo stile e per i contenuti tanto che, leggendolo, mi viene da pensare che se fossi stata brava , se avessi potuto per magia scegliere, avrei voluto scrivere così . E' una poesia dalle molte sfumature, che contempla il dolore, la bellezza, la gioia, l'amore , tutto, ma se chiudessi gli occhi e volessi rappresentarla a me stessa con un'immagine, la prima cosa che vedrei sarebbe una grande luce, una luce serena, avvolgente, calda e confortante..perchè al di là del timore della morte, del rimpianto per il passato, delle umane paure e delle umane pene, quello che avverto e che mi giunge in fondo all'anima è un amore sano, forte, indistruttibile per la vita. E per quel genere di vita che anche per me è l'ideale : la vita in campagna, lo scorrere pacifico e sereno dei giorni fra i solchi, il sole alto sui filari delle viti, gli strumenti che sono compagni di lavoro, che si conoscono e si maneggiano con fiducia...sono queste le cose che mi commuovono, perchè le sento vere, perchè sono i miei ricordi, i miei rimpianti, quello che vorrei anche ora che l'età mi tiene lontana dalla terra; mi avvicina a Pardini poeta questo amore per una maniera di essere semplice, modesta, salda, onesta, pura e vera che ci viene dalla nostra infanzia e che ci ha modellato le radici. Un grazie ad Anna Vincitorio per questo studio bellissimo e un grazie a Nazario Pardini per aver incontrato il mio cammino sì che ho potuto conoscere i suoi versi e capire che la poesia esiste ancora.
RispondiEliminaAttenta e interessante lettura, questa di Anna Vincitorio, de "I dintorni della vita" di Nazario Pardini. Nella conversazione con Thanatos, il poeta pisano dà libero sfogo ai temi da sempre preferiti: il dono grandioso della vita in contrasto con i limiti e con le privazioni di cui la vita stessa è intessuta. Ne nasce un canto appartato e profondo che porta con sé tutta la melodia del mare, dolce in bonaccia e terribile quando è tempestoso. La morte è necessaria quanto la vita: "Non si può incolpare la morte della nostra fine perché la Natura l'ha creata e la morte ad essa obbedisce".
RispondiEliminaFranco Campegiani
Ho appena ultimato di leggere il libro di Nazario Pardini e mi sto confrontando con le emozioni e le riflessioni suscitate da questa affascinante lettura. Anna Vincitorio, nella sua nota, coglie tutte le sfumature della poetica pardiniana, ne argomenta le profonde ragioni e si sofferma sul focus del confronto tra il poeta-filosofo e Thanatos. Il poeta affronta il tema della morte consapevole dell’oscura presenza nel continuum dell’esistenza, opponendosi ad una visione terminale della luce e della poesia. Si appella il poeta ai valori etici, all’Amore, ai pesi e alla bellezza che costituiscono il patrimonio immateriale da contrapporre a Thanatos; ne impedisce la vittoria. In questa visione incontro il coraggio della vita che giustifica la morte.Nazario Pardini, così ben descritto da Anna Vincitorio, è il Maestro di tutti coloro che amano la poesia, non la infangano, non la respingono in luoghi banali. Ringrazio Anna Vincitorio perché con la sua nota mi ha aiutato ad approfondire il mio stato affettivo ed intellettuale di fronte a quest’opera poderosa. Abbraccio il carissimo Nazario per comunicargli quanto forte sia stata l’esperienza di lettura di questo formidabile libro.
RispondiEliminaMarisa Cossu
Leggere la Poesia attraverso altri occhi non può che arricchirci ed avvicinarci maggiormente ad essa. Molto interessante l'osservazione di Anna Vincitorio che entra in questa sfera di emozioni e vissuto del caro Amico Pardini, contemplando il suo personale rapporto tra vita e morte con una naturalezza che suscita stupore e tenerezza. L'amore per il mare, elemento primario nella sua poetica, e la natura in ogni sfumatura, sono già poesia. Complimenti al Prof. Pardini e alla signora Anna, grazie ai vari commenti che ho molto apprezzato. Franca Donà
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