giovedì 8 ottobre 2020

MARIA RIZZI LEGGE "INNESTI" DI MARISA COSSU

Maria Rizzi su “INNESTI” di Marisa Cossu

Tracce Edizioni

Maria Rizzi,

collaboratrice di Lèucade

Ho ricevuto la Silloge della cara Marisa Cossu, “INNESTI”, edita dalla Casa Editrice Tracce di Ubaldo Giacomucci, nella collana diretta da Francesco Paolo Tanzj, quale frutto del primo Premio nella poesia singola al nostro Concorso “Voci” Città di Roma 2019. L’Opera contiene la lirica vincitrice, “Saffo”, un gioiello di perfezione stilistica, di musicalità, e di tributo alla leggenda, forse alla storia, che narra il volo dalla rupe di Lefkada della prima Poetessa della Storia, innamorata del bel barcaiolo Faone. La Nostra rende il suicidio l’estremo poderoso atto d’amore della donna e lo descrive con versi che lasciano immaginare il momento estremo come una caduta all’indietro, verso le profondità nascoste del mare e soprattutto dell’anima.

“Eccomi dove l’abito è rimasto impigliato,

  dove si staglia l’isola allo sguardo,

  il luogo a me più caro,

  dove il cuore è sepolto nell’incàvo

  delle rocce e la sabbia

  è bianca più del volto”

            (tratti da “Saffo”)

L’Opera è prefata in modo magistrale dall’Amico Franco Campegiani, che definisce il lirismo di Marisa: “Poesia filosofica, estremamente raffinata, dove senza forzature compaiono tocchi epicurei e oraziani di sorridente saggezza e freschezza”.

Mi sembra giusto partire dal titolo, che può sembrare atipico, ma risponde esattamente alla scelta di alcune poesie dell’Autrice. Gli innesti rappresentano l’inserimento in una pianta di una porzione d’altra pianta della stessa specie o di specie diversa, allo scopo di migliorarne la qualità.

La Raccolta, divisa in tre parti: “Innesti; “D’Amore e di Vita” e Chiarori notturni”, mette in risalto quanto il concetto dell’innesto valga anche per gli esseri umani. Siamo talee della storia dei padri e la lirica che apre il libro ne è la prova:

“Iniziò il breve secolo mio padre

  piantando un tronco tra una guerra e l’altra,

  tra l’inferno e il ritorno; e fu così che il legno

  esalò infine un palpito di foglia,

  un segno esile e sacro

  aperto a meraviglia”

             (tratti da “Innesti”)

L’ottimo Franco ha intitolato la Prefazione “Un moderno canzoniere antico” e naufragando nei versi di Marisa si ha la percezione della sua dimestichezza e del suo amore per il metro classico, infatti si districa tra sonetti, madrigali, stanze di canzone petrarchesca, rondò e molte altre forme, che rappresentano i miei personali ‘innesti’ mai realizzati, e verso i quali nutro un’ammirazione sconfinata. La rivoluzione che compie l’Autrice, nell’assoluto rispetto dei parametri classici, è di rendere le poesie moderne, intrise di estetica, di speculazioni filosofiche, di meditazioni. Nulla è concesso al desueto.

“Cammina il tempo, né mai si riposa.

  Il mondo muta, tutto giunge a quiete,

  cadono stelle e l’ombra di ogni cosa

  segue la scia di flebili comete”

              (tratti dal sonetto “Cammina il tempo”)

Molto caro a Marisa il tema della conoscenza, inteso in senso epicureo, ovvero come primato dei sensi sull’intelletto, laddove le sensazioni rappresentano lo specchio della realtà e possono dirsi vere. Le sue poesie lasciano sulla battigia della vita le impronte del nostro essere eterni, visto che l’esistenza è un passaggio e solo la memoria eterna potrà rappresentarne una testimonianza. Ella dilata l’orizzonte poetico in corrispondenza dell’espansione della sua esperienza.

“Dalla morte nasce la vita nuova:

  il futuro indugia nel gran mistero

  di un contorto tronco che soffre e prova

  dolore vero”                         

               (tratti dalle strofe saffiche di “Nascite”)

Il tema dell’innesto resta presente, diviene metaforico, simbolizza spesso l’inserimento di costumi nuovi su antiche tradizioni, la volontà di recuperare la sapienza dei filosofi per applicarla alle storie di oggi. Ma il lirismo di Marisa è anche volo. Ci troviamo di fronte a una Poetessa che riempie con la sua presenza - assenza tutto lo spazio dei versi, a tratti è corporea, carnale, spesso vaga, inafferrabile come un’anima. La donna carnale è immersa nella concretezza quotidiana, nella vertigine della semplicità.

“Dell’apparenza non mi prendo cura,

  poco mi basta: son senza dimora,

  compagni occasionali, se mi gira,

  e fischiettando una giornata intera

  son cicala che mai niente impara”

                 (tratti da “Vita grama”)

La creatura dalle ali spalancate, incorporea, si rivela nelle liriche visionarie, splendenti di immagini. Sembra di assistere a una reimmersione nel ciclo perenne di morte e rinascita, a una discesa negli alvei percorsi da linfe sorgive. Borges asseriva: “Nessuno è la patria. La patria è un atto perpetuo come il perpetuo mondo” e Marisa, talea degli affetti, amante degli innesti, sa lasciarsi andare, è desiderosa di comunicare la sua consapevolezza, umana, oltre che filosofica, che alla fine del nostro vagare finiremo per conoscerci per la prima volta o per non conoscerci mai.

“M’ illumina di nera inconsistenza

 l’essere balbettante

 immerso nel mistero

 che qui compare immenso

 abbracciato alle cose

 cui dà nome il mio cuore.

 E mentre scrivo già la notte cade”

               (tratti da “Si spengono le luci”)

Difficile trovare le parole per definire l’acrostico che la Poetessa dedica al padre.

Mi ha avvolta come un turbine di scirocco, mi ha stordita come un soffio al cuore.

Tutti concepiamo versi dedicati ai genitori, ne ho letti centinaia e spesso ho avvertito gli occhi inumidirsi. I territori della memoria danno senso alle nostre storie, ma creano slivellamenti negli equilibri acquisiti e, visitandoli, si scivola sull’olio dello scontato. E’ un rischio inevitabile. Marisa ha composto un acrostico, che di per sé crea un’ossatura forzata, ma nessuno se ne accorgerebbe se non l’avesse precisato sotto al titolo. La lirica è un miracolo di compiutezza, di originalità, di amore.

“Poi scenderai dal quadro

 Appeso alla parete della stanza

 Dove solevi stare alla finestra

 Rileggendoti il libro

 Evanescente dei nostri ricordi.

 Mi troverai ad attenderti

 Intenta ad osservare

 Ogni tuo gesto caro, ogni parola”

                (tratti da “Padre mio”)

La nostra Autrice, come sottolinea Franco Campegiani, sa viaggiare su molti altri registri, si concede di giocare con la lingua, di toccare corde ‘scherzose e ammiccanti’, di tessere liriche d’amore prive di enfatiche morbosità. Scrive per passione, senza esaltare le indubbie qualità di studiosa; scrive ispirata da un fuoco creativo che non finisce di stupire; scrive per amore e ogni lettore riceve le vibrazioni di tanto amore. L’ho assorbita con tanta avidità che ho provato la sensazione di saccheggiare i suoi desideri, le sue speculazioni, la sua sofferenza, i suoi sogni. Ho temuto di compiere una sottrazione… non mi era mai successo. Forse desidererei

scrivere come lei… per infiniti dolci motivi              

Maria Rizzi

2 commenti:

  1. Ringrazio di cuore Nazario per il suo immenso altruismo e Marisa, che sopravvalutandomi, gli ha inviato il mio tentativo di recensire il suo splendido testo. E li abbraccio entrambi.

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  2. Carissima Maria,
    sono davvero commossa e onorata della bellissima, accurata nota critica al mio libro "Innesti". la tua lettura ha colto il nucleo della mia significazione poetica in una pregevole disamina della mia opera. Con grande riconoscenza e umiltà d'animo, ti rendo omaggio per la tue doti creative, professionali ed umane. Straordinaria amica, cercherò di tornare al "Voci", da te magistralmente diretto, per il piacere di incontrarti con il gruppo dei tuoi infaticabili collaboratori.Quella magica esperienza rimarrà impressa tra i più significativi eventi della mia vita poetica. Abbi tutta la mia ammirazione per le molteplici attività di scrittrice, poeta e di promotrice della cultura. Ti auguro il meritato successo. Con gratitudine ed affetto
    Marisa Cossu

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