IL SENTIMENTO DI UN ISTANTE
Paolo Borsoni
IL SENTIMENTO DI UN ISTANTE
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ottobre 2020
ALTA VIA
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“La
corrente d’improvviso è tornata.
Fermo davanti allo specchio
con una candela in mano
mi guardo e non riesco a capire
come mai indossi il cappello.
La piastra del forno sta
sfrigolando.
Non ho dimenticato che il
freezer
è vuoto e mi ricordo ora
anche il perché del cappello:
volevo andare al mercato.
Il cappello non ha significato:
non ho dimenticato che la strada
è interrotta e il mercato è
serrato.
Una cosa o l’altra la si
dimentica;
già non ricordo più
dove abbia nascosto la candela
spenta
(nel caso la corrente manchi
ancora).
La piastra ormai è rovente. Il
cibo è inacidito.
La piastra non serve più a
niente.
La corrente finalmente è
tornata.
Sono venuti giù interi pendii.
Per chi è senza corrente è un
disastro.
E mentre spengo la piastra che
sfrigola
ricordo come mai sia ora in
cucina:
ho visto il rossore della
piastra
che stava bruciando;…”(Inconvenienze di quarantena).
Già iniziando da questa pericope
non è difficile entrare nella tematica principale che fa da leitmotiv nel corso
dell’opera:
il poeta parte dalle cose attuali, presenti, dalla realtà incombente, facendone
linguaggio, lessema dei suoi patemi. Un dire indiretto tramite cui egli parla
di sé e di tutto ciò che sente. Naturalmente, poi, si eleva toccando ambiti
vitali che riguardano l’uomo ed
il suo soggiorno, dimostrando tutta la fragranza narrativa nello stilare quei
contenuti in cui volge lo sguardo alla bellezza del creato:
“… È una donna apparsa alla
finestra
che guarda assorta in silenzio
il mare
stringendo fra le braccia il suo
bambino.
Sono i glicini vividi, azzurri,
laggiù a cascata a splendere sul
muro.
È la forma slanciata dei
papaveri
dal colore così rosso e puro.
È l’innocente pugno del bambino
che sembra stringere il suo
destino;
sono i suoi occhi allegri alla
finestra
in questo limpido, struggente
aprile.
È l’incanto che ammalia con
dolcezza
nella breve bellezza della vita
l’eternità sfuggente di un
istante.
È una silente, strana primavera,
sospesa in una quiete
d’incertezza.”(Primavera
alla finestra).
Da là la bellezza del canto, da
là l’ispirazione
a comporre versi che emanino purezza, sentimenti di dolce fattura. Una silloge
plurale, quindi, polisemica, proteiforme dove l’autore tocca tutti i tasti del vivere. E non
è detto che un certo suo rammarico montaliano, non dipenda proprio dal fatto
che sia innamorato della vita a tal punto da non riuscire a rendersi conto di
quel redde rationem che lo priverà del fascino delle sue bellezze.
Paolo Borsoni ha appena pubblicato questa raccolta di
poesie, dove la padronanza verbale e la spinta classica della funzione
scritturale, danno un senso ben definito alla sua poetica; vi leggo una
simbiotica fusione tra forma e contenuto, una sincera e pulita espressione a
concretizzare i tanti empiti emotivi che covano nell’animo del poeta: amore,
filosofia, emozioni, ma soprattutto vita; questo misterioso tragitto di tempo
che ci è toccato in sorte. Ed è proprio la misura del tempo a fare da focus, da
linea rossa a demarcare l’evolversi del “poema”. Tutto è vissuto con estrema
chiarezza, e anche se il poeta non si lascia mai coinvolgere troppo da un
sentimentalismo decadente, e scontato, e anche se riesce a controllare con
argini robusti i contenuti vitali, non dimeno esterna l’intensità di pensiero
che rivolge alle sue composizioni. Il tempo che ci prende e ci toglie, attimo
dopo attimo, un pezzo di vita, come direbbe Seneca: “Cotidie morimur” o come
scriverebbe Orazio: “Dum loquimur fugerit invida aetas”. Ogni volta che affacciamo
lo sguardo all’orizzonte ci sentiamo spersi in un mare di infinito; ed è
proprio dinanzi al tutto, alla morte e al sempre, che noi mortali cerchiamo di estraniarci
se non si vuole impazzire:
“…Ma tu, in disequilibrio sullo
scoglio,
ti slanci per tuffarti in mare
aperto,
in questo scrigno schiuso
all’infinito.
Incerto è il tuo viaggio alla
tua meta;
insensato è esitare sullo
scoglio.
Il tuo corpo si libra nell’immenso.”(Respiri).
E’ forse, l’empito leopardiano dinanzi alla siepe dell’infinito,
che ci può dare la contezza di una lirica distribuita con eleganza in versi
armonici (endecasillabi), concreti e ben distribuiti come questi. Un vero
gioiello di euritmiche armonie che sa creare un ponte indistruttibile tra la
grandezza della nostra tradizione e la visionaria empatia di un accadimento
E il poeta lo fa
permettendosi uno sguardo affascinato sull’avvento della primavera: è lì che la
natura lo coinvolge, lo cattura portandolo con sé a mirare le bellezza del
creato. Ne esce un pezzo di grande liricità, dove il poeta con un linguismo di
classica misura dà il meglio di se stesso, ricorrendo anche ad emistichi a
minore o a maiore nel reificare gli empiti panici che ingombrano il suo animo.
Tutto si fa lirico, leggero, scorrevole in questa versificazione di classica
impostazione. E non si può fare a meno di provare brividi emotivi di fronte a
tale momento ispirativo, dove il poeta in un puro melologo riesce a costruire
sentimenti panici con un metamorfismo di antropica connessione. Di sicuro una
poesia che non ha niente a che vedere con tutti quegli sperimentalismi di
positura prosastica che vorrebbero rovinare la vera poesia. Qui tutto è attivo,
fattivo; il poeta partecipa con tutto il suo ego, con tutta la sua filosofia di
vita alla stesura delle composizioni; e non c’è poesia senza memoriale, senza
sentimento, senza partecipazione. E da queste poesia nasce una visione chiara
sulla vita ed il tempo:
“Guardare e riguardare l’orologio.
Convincersi che il tempo non
esiste,
che è solo un’illusione, come
un’ombra
che segue eventi immobili e
apparenti.
Eppure il tempo non si ferma
mai.
Come la lama tagliente di un
coltello
scivola via mentre guardo il mio
polso
dove pulsa il sangue delle mie
vene
giorno per giorno sino alla
fine.
Probabilmente il mio orologio è
fermo,
mi segnala sempre la stessa ora,
esattamente le sei meno un
minuto.
È un’ora che manca sempre poco…”(Il tempo è un’illusione).
“Il sentimento di un istante” raccoglie poesie
che parlano, quindi, della tematica del ‘tempo’, e tentano di esprimere in
linguaggio poetico le varie forme di quest’entità complessa, sfuggente. Include liriche che hanno raccolto 35 primi premi
in concorsi letterari. Ciò che dimostra l’esperito coinvolgimento con l’arte
poetica; ed è all’ars inveniendi che Borsoni dà tutto se stesso, immolando il
suo cogito all’altare del canto. Affidando alle stagioni il compito di
reificare i suoi stadi emotivi, le sue simbologie, i suoi parallelismi tra
esistenza e natura. Qui la grandezza e la complicità che rende questa
poesia totale, umanamente avvincente e liricamente pura:
“… Sei ancora lì, albero,
fra tutti gli alberi giovani e
alteri
che non sembrano neppure
sfiorati
da questi aspri freddi
d’autunno.
Ma io e te duriamo, duriamo,
albero,
non so fino a quando,
per ripicca e ostinazione,
forse per dire al mondo,
al cielo e agli dei
dell’inferno:
noi siamo qui anche d’autunno,
prepariamo la valigia ogni
mattina,
ma resistiamo persino
all’inverno”.
Nazario Pardini
Splendida lettura di Nazario Pardini che sempre ci dimostra come saper entrare nel corpo poetico. Cosa non sempre facile. Paolo Borsoni è un poeta che conosco poiché tra i vincitori del Mimesis di qualche anno fa. La sua è alta poesia, una poesia vivente in cui le cose si muovono nell'immanenza dei solidi sentimenti umani. La riflessione sul tempo e l'idea di un infinito si rapportano al qui e ora rendendoci partecipi del rapporto stretto tra l'io e il mondo. Quell'esserci heideggerriano che porta in evidenza ciò che non è tanto scontato. I versi sono belli, simbolici e mai discorsivi, netti, frammentati, come un andare e venire tra un dentro e un fuori in un istante.
RispondiEliminaMi unisco alla cara Patrizia nel plaudire la superba esegesi del nostro Nazario di questa Raccolta di liriche di Paolo Borsoni, che egli definisce 'una silloge plurale, quindi, polisemica, proteiforme dove l’autore tocca tutti i tasti del vivere'.E leggendo i versi estratti dal testo si ha la netta percezione che il Poeta viaggi su registri tanto diversi quanto importanti della vita. Sa attenersi al presente, allo stato di straniamento che procura in ognuno e sa decollare, visitare universi che risvegliano echi dei grandi classici, anche in virtù di uno stile perfetto. Nazario coglie ogni sfumatura della vita in poesia del Borsoni e la porge a noi lettori con pathos e forza espressiva, rendendoci consapevoli di quanto conti il sentimento del tempo, 'quest’entità complessa, sfuggente', questa lastra di vetro sulla quale ci è stato concesso il dono di scivolare, di correre, di cadere, di farci male... a volte di rialzarci. Una recensione da brividi per un'Opera che si prospetta immensa. Abbraccio grata e ammirata Nazario e mi complimento di cuore con il Poeta!
RispondiEliminagrazie Nazario per avermi fatto conoscere questo poeta e complimenti a entrambi
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