domenica 18 ottobre 2020

NAZARIO PARDINI LEGGE: "IL SENTIMENTO DI UN ISTANTE" DI PAOLO BORSONI

 


                                                       

IL SENTIMENTO DI UN ISTANTE

 

 

 

Paolo Borsoni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL SENTIMENTO DI UN ISTANTE

© ALTA VIA

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ottobre 2020

 

ALTA VIA

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RECENSIONE DI NAZARIO PARDINI
                                     

La corrente d’improvviso è tornata.

Fermo davanti allo specchio

con una candela in mano

mi guardo e non riesco a capire

come mai indossi il cappello.

La piastra del forno sta sfrigolando.

Non ho dimenticato che il freezer

è vuoto e mi ricordo ora

anche il perché del cappello:

volevo andare al mercato.

Il cappello non ha significato:

non ho dimenticato che la strada

è interrotta e il mercato è serrato.

Una cosa o l’altra la si dimentica;

già non ricordo più

dove abbia nascosto la candela spenta

(nel caso la corrente manchi ancora).

La piastra ormai è rovente. Il cibo è inacidito.

La piastra non serve più a niente.

La corrente finalmente è tornata.

Sono venuti giù interi pendii.

Per chi è senza corrente è un disastro.

E mentre spengo la piastra che sfrigola

ricordo come mai sia ora in cucina:

ho visto il rossore della piastra

che stava bruciando;…”(Inconvenienze di quarantena).

Già iniziando da questa pericope non è difficile entrare nella tematica principale che fa da leitmotiv nel corso dellopera: il poeta parte dalle cose attuali, presenti, dalla realtà incombente, facendone linguaggio, lessema dei suoi patemi. Un dire indiretto tramite cui egli parla di sé e di tutto ciò che sente. Naturalmente, poi, si eleva toccando ambiti vitali che riguardano luomo ed il suo soggiorno, dimostrando tutta la fragranza narrativa nello stilare quei contenuti in cui volge lo sguardo alla bellezza del creato:

“… È una donna apparsa alla finestra

che guarda assorta in silenzio il mare

stringendo fra le braccia il suo bambino.

Sono i glicini vividi, azzurri,

laggiù a cascata a splendere sul muro.

È la forma slanciata dei papaveri

dal colore così rosso e puro.

È l’innocente pugno del bambino

che sembra stringere il suo destino;

sono i suoi occhi allegri alla finestra

in questo limpido, struggente aprile.

È l’incanto che ammalia con dolcezza

nella breve bellezza della vita

l’eternità sfuggente di un istante.

È una silente, strana primavera,

sospesa in una quiete d’incertezza.(Primavera alla finestra).

Da là la bellezza del canto, da là lispirazione a comporre versi che emanino purezza, sentimenti di dolce fattura. Una silloge plurale, quindi, polisemica, proteiforme dove lautore tocca tutti i tasti del vivere. E non è detto che un certo suo rammarico montaliano, non dipenda proprio dal fatto che sia innamorato della vita a tal punto da non riuscire a rendersi conto di quel redde rationem che lo priverà del fascino delle sue bellezze.   

Paolo Borsoni ha appena pubblicato questa raccolta di poesie, dove la padronanza verbale e la spinta classica della funzione scritturale, danno un senso ben definito alla sua poetica; vi leggo una simbiotica fusione tra forma e contenuto, una sincera e pulita espressione a concretizzare i tanti empiti emotivi che covano nell’animo del poeta: amore, filosofia, emozioni, ma soprattutto vita; questo misterioso tragitto di tempo che ci è toccato in sorte. Ed è proprio la misura del tempo a fare da focus, da linea rossa a demarcare l’evolversi del “poema”. Tutto è vissuto con estrema chiarezza, e anche se il poeta non si lascia mai coinvolgere troppo da un sentimentalismo decadente, e scontato, e anche se riesce a controllare con argini robusti i contenuti vitali, non dimeno esterna l’intensità di pensiero che rivolge alle sue composizioni. Il tempo che ci prende e ci toglie, attimo dopo attimo, un pezzo di vita, come direbbe Seneca: “Cotidie morimur” o come scriverebbe Orazio: “Dum loquimur fugerit invida aetas”. Ogni volta che affacciamo lo sguardo all’orizzonte ci sentiamo spersi in un mare di infinito; ed è proprio dinanzi al tutto, alla morte e al sempre, che noi mortali cerchiamo di estraniarci se non si vuole impazzire:

“…Ma tu, in disequilibrio sullo scoglio,

ti slanci per tuffarti in mare aperto,

in questo scrigno schiuso all’infinito.

Incerto è il tuo viaggio alla tua meta;

insensato è esitare sullo scoglio.

Il tuo corpo si libra nell’immenso.”(Respiri).

 

E’ forse, l’empito leopardiano dinanzi alla siepe dell’infinito, che ci può dare la contezza di una lirica distribuita con eleganza in versi armonici (endecasillabi), concreti e ben distribuiti come questi. Un vero gioiello di euritmiche armonie che sa creare un ponte indistruttibile tra la grandezza della nostra tradizione e la visionaria empatia di un accadimento

 E il poeta lo fa permettendosi uno sguardo affascinato sull’avvento della primavera: è lì che la natura lo coinvolge, lo cattura portandolo con sé a mirare le bellezza del creato. Ne esce un pezzo di grande liricità, dove il poeta con un linguismo di classica misura dà il meglio di se stesso, ricorrendo anche ad emistichi a minore o a maiore nel reificare gli empiti panici che ingombrano il suo animo. Tutto si fa lirico, leggero, scorrevole in questa versificazione di classica impostazione. E non si può fare a meno di provare brividi emotivi di fronte a tale momento ispirativo, dove il poeta in un puro melologo riesce a costruire sentimenti panici con un metamorfismo di antropica connessione. Di sicuro una poesia che non ha niente a che vedere con tutti quegli sperimentalismi di positura prosastica che vorrebbero rovinare la vera poesia. Qui tutto è attivo, fattivo; il poeta partecipa con tutto il suo ego, con tutta la sua filosofia di vita alla stesura delle composizioni; e non c’è poesia senza memoriale, senza sentimento, senza partecipazione. E da queste poesia nasce una visione chiara sulla vita ed il tempo:

 

Guardare e riguardare l’orologio.

Convincersi che il tempo non esiste,

che è solo un’illusione, come un’ombra

che segue eventi immobili e apparenti.

Eppure il tempo non si ferma mai.

Come la lama tagliente di un coltello

scivola via mentre guardo il mio polso

dove pulsa il sangue delle mie vene

giorno per giorno sino alla fine.

Probabilmente il mio orologio è fermo,

mi segnala sempre la stessa ora,

esattamente le sei meno un minuto.

È un’ora che manca sempre poco…”(Il tempo è unillusione).

“Il sentimento di un istante” raccoglie poesie che parlano, quindi, della tematica del ‘tempo’, e tentano di esprimere in linguaggio poetico le varie forme di quest’entità complessa, sfuggente. Include liriche che hanno raccolto 35 primi premi in concorsi letterari. Ciò che dimostra l’esperito coinvolgimento con l’arte poetica; ed è all’ars inveniendi che Borsoni dà tutto se stesso, immolando il suo cogito all’altare del canto. Affidando alle stagioni il compito di reificare i suoi stadi emotivi, le sue simbologie, i suoi parallelismi  tra  esistenza e natura. Qui la grandezza e la complicità che rende questa poesia totale, umanamente avvincente e liricamente pura:

 

Sei ancora lì, albero,

fra tutti gli alberi giovani e alteri

che non sembrano neppure sfiorati

da questi aspri freddi d’autunno.

Ma io e te duriamo, duriamo, albero,

non so fino a quando,

per ripicca e ostinazione,

forse per dire al mondo,

al cielo e agli dei dell’inferno:

noi siamo qui anche d’autunno,

prepariamo la valigia ogni mattina,

ma resistiamo persino all’inverno”.


Nazario Pardini

 

3 commenti:

  1. Splendida lettura di Nazario Pardini che sempre ci dimostra come saper entrare nel corpo poetico. Cosa non sempre facile. Paolo Borsoni è un poeta che conosco poiché tra i vincitori del Mimesis di qualche anno fa. La sua è alta poesia, una poesia vivente in cui le cose si muovono nell'immanenza dei solidi sentimenti umani. La riflessione sul tempo e l'idea di un infinito si rapportano al qui e ora rendendoci partecipi del rapporto stretto tra l'io e il mondo. Quell'esserci heideggerriano che porta in evidenza ciò che non è tanto scontato. I versi sono belli, simbolici e mai discorsivi, netti, frammentati, come un andare e venire tra un dentro e un fuori in un istante.

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  2. Mi unisco alla cara Patrizia nel plaudire la superba esegesi del nostro Nazario di questa Raccolta di liriche di Paolo Borsoni, che egli definisce 'una silloge plurale, quindi, polisemica, proteiforme dove l’autore tocca tutti i tasti del vivere'.E leggendo i versi estratti dal testo si ha la netta percezione che il Poeta viaggi su registri tanto diversi quanto importanti della vita. Sa attenersi al presente, allo stato di straniamento che procura in ognuno e sa decollare, visitare universi che risvegliano echi dei grandi classici, anche in virtù di uno stile perfetto. Nazario coglie ogni sfumatura della vita in poesia del Borsoni e la porge a noi lettori con pathos e forza espressiva, rendendoci consapevoli di quanto conti il sentimento del tempo, 'quest’entità complessa, sfuggente', questa lastra di vetro sulla quale ci è stato concesso il dono di scivolare, di correre, di cadere, di farci male... a volte di rialzarci. Una recensione da brividi per un'Opera che si prospetta immensa. Abbraccio grata e ammirata Nazario e mi complimento di cuore con il Poeta!

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  3. grazie Nazario per avermi fatto conoscere questo poeta e complimenti a entrambi

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