sabato 26 giugno 2021

FRANCO CAMPEGIANI PREFAZIONE A "VIA FELICE" DI ANGELO MANCINI

Franco Campegiani,
collaboratore di Lèucade


Pubblicato Via Felice di Angelo Mancini

presso Piero Manni Editore

 

La vena neocrepuscolare che scorre in queste pagine non va confusa con i minimalismi postmoderni che chiudono l'uomo nel proprio limbo mentale, nella propria mattonella esistenziale, cancellando i grandi ed inquietanti interrogativi metafisici. Questa poesia delle piccole cose - di pascoliana e palazzeschiana memoria, se vogliamo - naviga con il proprio minuscolo battello in mare grande, con un bagaglio dolcissimo e struggente di memorie personali inossidabili. Un amore per il particolare, per il dettaglio, per la tessera ritagliata nell'immenso mosaico, per il noto in balia dell'ignoto e di ingovernabili eventi. Un desiderio di porti sicuri e calmi, di giardini segreti e accoglienti.

Via Felice è un'oasi nel deserto, un giardino interiore, una fiaba. Un archetipo, in fondo, un luogo dell'anima. Sangue e spirito in un solo respiro, contro l'arida robotizzazione esistente. Niente di più vitale, niente di più concreto ed etereo nello stesso tempo. Uno spazio di umanità, un rione, un habitat. La città è Monterotondo, in terra sabina, ai bordi dell'Urbe, ricca di storia e di anima, assalita dalla piovra metropolitana circostante come ogni altro centro che circondi la Capitale. E' da qui, da questo contrasto incandescente, che nasce e si sviluppa la poesia di Angelo Mancini. Il substrato di profonda umanità del borgo contro la devastazione omologante dei paradisi artificiali incombenti.

Sulle antiche pietre si spalmano i veleni del villaggio globale e l'apparire sovrasta di gran lunga l'essere. L'inconscio del poeta si ribella con un tuffo nelle radici, dando vita ad un canto di riappropriazione struggente. Emblematica l'immagine di copertina del libro, curata da Alessandro Cialli. Vi si vede un uomo (il protagonista del poema, che immaginiamo possa essere il poeta stesso) nell'atto di scavalcare una soglia che lo immette nell'antico borgo, a significare la ricerca di innocenza e autenticità da cui questa poesia è animata. Ciò che l'uomo cerca, entrando nella mitica via, è un nuovo connubio con la vita, una ricomposizione del sogno con la realtà, della scrittura  con il mondo, dell'anima  con la strada.

Solo così può giustificarsi il pensiero di Fernando Pessoa citato in esergo: "La vita è un male degno di essere vissuto". Perché un male? perché costituisce uno strappo dall'Essere, una separazione dall'Uno: così ritiene a ragione il poeta, sia pure inconsciamente. L'esperienza, qualsiasi esperienza, comporta di misurarsi con dei limiti, il che procura sofferenza e sta qui il male. Ma è paradossalmente un male che fa bene, se durante il viaggio la memoria delle origini resta viva ed immutata, lancinante e fiammeggiante al centro dell'anima. Con quella domanda fissa e senza risposta, sia pure messa fra parentesi dall'autore: "(cosa mai cerco / altrove) / ?". Nessuno può rispondere con certezza, ma che il risultato sia una maggiore consapevolezza e maturità è fuori discussione.

Il poema, composto di sessantatre stanze, si apre con i ricordi della prima infanzia vissuta  a Forchies-La Marche, in Belgio: una piazza, una chiesa, una festa di carnevale, tamburi, musiche allegre e malinconiche a un tempo, costumi, pupazzi, birra, patatine fritte... e minatori che sbucano a sera dagli abissi, dove hanno perforato, spezzato, stritolato "scogli / di antracite nera" durante la giornata. Poi eccolo, il piccolo Angelo, in treno verso la Sabina, in compagnia del babbo che stringe la sua manina: viaggio vissuto come una lacerazione dal poeta bambino. Come un tradimento, come una fuga dall'Eden... Ed eccoci a Monterotondo, patria degli avi paterni. Qui avviene un nuovo radicamento. Ed è una coralità, un vivere insieme di uomini, cose e animali avviluppati in un medesimo progetto di vita.

Lavoro, svaghi, vino, osterie, ma soprattutto cucina. E odori nei vicoli, micidiali, primitivi: "ero affascinato da quegli odori / (ma in verità da ogni odore) / e ne godevo / mi ci perdevo / e li andavo scovando / dappertutto / istintivamente / nascondevano / misteri / e profonda umanità / forse / la vera / religiosa / essenza delle cose...". Il rito fagico è sacro per Angelo Mancini: "densa polenta profumata sulla spianatoia / tegami di sugo versati / salsicce guanciale spuntature di maiale"... e via di questo passo. Una festa pagana che colora la vita, con un desiderio nell'anima di "restare a tavola all'infinito", come fermi alle origini, ad una pienezza e purezza di vita primordiale, da cui non ci si può, né ci si vuole separare: "perché nonna perché dovrò uscire / infine / e per andare / per andare / dove?...".

C'è da ridere e piangere al ricordo di nonno Angelino. Mangiava in piedi, non potendosi sedere per ovvi motivi logistici, divorando "quella montagna / di gnocchi / ricoperta di carni sugose / dentro un'immensa insalatiera", o quei "giganteschi supplì / che invadevano / come in un incubo / tutta la cucina / (chili di riso / e ore e ore / nonna Gina per prepararli)". "Grandi / antichi / mangiatori / ormai / fuori dal tempo". E poi "intere giornate / in strada / a giocare a pallone / con mille compagni / ... / (e la Roma sempre nel cuore)". Tra l'io e il mondo non c'era dissonanza alcuna: "quanto / stavo bene da solo / con quel curioso amico / (me stesso)"; e "quanto / stavo bene in strada / con mille compagni / a giocare a pallone".

Ed ecco gli anni della giovinezza, gli anni del complesso musicale, vissuti con amici indimenticabili: "solo / adesso / ne comprendo / appieno / l'autentico senso / e l'irrecuperabile / felicità / che mi hanno / regalato". Tutto ciò, mentre l'amore s'allontanava crudele e i suoi occhi non lo cercavano più, bruciando ogni illusione. Da un lato dà e dall'altro toglie la vita, ma il bilancio infine è deludente, purtroppo sempre negativo. La conclusione è  amarissima: "non vedi / non senti / dunque? / si respira / ormai / solo / egoismo / volgarità / indifferenza / l'aria / si fa / sempre / più fredda / e cala / pian piano / la notte / sul mondo". "Cosa resterà / infine / di questo / tragicomico / vivere / di questo nostro / misterioso / assurdo / passaggio...?". 

Nulla si salverà: "devo capacitarmi / ormai / e ammettere / purtroppo / di essere / (un uomo) / profondamente / malato / (dissociato) / e forse / (anche per questo) / di essermi / completamente / irrimediabilmente / consacrato / alla poesia / (e rifugiato) / nella sua / irrazionale / demenziale / visionarietà". Un'autocritica, una confessione impietosa, segno incontestabile di una macerazione, di una crescita interiore sudata e pianta. Il poeta infine dichiara che continuerà a coltivare illusioni, pur sapendo che tali sono e saranno. Il fatto è che nel fondo di ogni illusione si nasconde sempre una verità, e ciò che qui è in ballo si chiama innocenza, autenticità, amore... Se consideriamo tutto questo illusorio, allora c'è decisamente qualcosa che non va nei nostri meccanismi psichici. "E allora... allora / ... / continuare a vivere ancora / a vivere ancora? / ... / si / ancora / e / ancora / fino / in fondo".

Franco Campegiani                                                                

 

 

2 commenti:

  1. Straordinaria recensione del caro Franco alla nuova Silloge di Angelo Mancini, che ho avuto modo di incontrare in più occasioni. L'esegesi è vibrante, calda, esaustiva, e per il Poeta avrà rappresentato senz'ombra di dubbio lo specchio del proprio sentire. Franco, d'altronde, possiede il Dono di cogliere l'essenza delle Opere di poesia, di saggistica, di arte figurativa, che presenta. In questo caso mi ha particolarmente colpita il seguente estratto:"poesia delle piccole cose - di pascoliana e palazzeschiana memoria, se vogliamo - naviga con il proprio minuscolo battello in mare grande, con un bagaglio dolcissimo e struggente di memorie personali inossidabili". Inevitabile appassionarsi a una pagina simile e al talento di Angelo. Sono molto felice del suo viaggio con questa "Via Felice" e plaudo la sua Arte e il testimone che la presenta a noi lettori con tanta magistrale capacità critica. Porgo il mio in bocca al lupo ad Angelo, certa che lo farà ridere, mi complimento ancora con Franco e li stringo forte entrambi!

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  2. Grazie Maria, la tua vicinanza fa davvero bene all'anima. Angelo sarà sicuramente felice del tuo plauso e se il tuo "in bocca al lupo" potrà farlo... "ridere", non potrà essere altro che di gioia.
    Franco

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