lunedì 14 giugno 2021

MARIA RIZZI E SANDRO ANGELUCCI: "LA VOCE DI UN POETA"

Maria Rizzi,
collaboratrice di Lèucade

La voce di un Poeta

(Racconto ispirato alla canzone di Pierangelo Bertoli “A muso duro”)

 

Sandro Angelucci,
collaboratore di Lèucade

Piero - Pierre, come lo chiamavano gli amici, che, con lui, avevano condiviso le canzoni degli anni ’70 - è un artista. Un uomo che, nella vita, ha sempre messo al primo posto i valori, quelli veri, quelli che contano e che spesso fanno scontrare con la cruda realtà, con gli egoismi e con le prevaricazioni.

Questa priorità lo aveva portato a fare delle scelte che, ai più, erano sembrate esagerate e, in alcuni casi, persino prive di senso. Per lui non era così: al contrario, nessuna delle decisioni prese era mai stata rinnegata e, se si fosse reso necessario, le avrebbe operate ancora.

Certo, a volte, si sentiva solo, avvertiva di andare controcorrente, ma in quei momenti si ripeteva: “Ho sempre scritto i versi con la penna /
Non ho ordini precisi di lavoro”
.

Già, perché Piero è un poeta e, da quando la poesia gli si è rivelata, in età poco più che adolescenziale, non c’è stato giorno in cui, seppure non fissandola sulla carta, non l’abbia sentita presente.

La sua passione, lungi dall’essere un hobby e, tanto meno, un bisogno di rivalsa sociale, di fama, è l’unico modo che conosce di stare al mondo.

Se si guardano le cose sotto questa prospettiva, non c’è da meravigliarsi che gli amici avessero deciso di volgere in francese il suo nome, con chiaro riferimento al testo della canzone dei Pooh. In altre parole, ciò che li colpiva era quel suo essere atipico, ‘sottile e pallido’ e a tratti triste. No, lui non era omosessuale, ma ci sono tanti modi per esprimere la propria diversità in una società conformista e omologante. Ci sono tanti modi per rifiutare la schiavitù.

Piero sa di non aver mai potuto fare a meno di odiare “i porci ed i ruffiani  / E quelli che rubavano un salario / I falsi che si fanno una carriera / Con certe prestazioni fuori orario”, ma è da sempre consapevole che resistendo strenuamente, perseguendo con coraggio e con tenacia il suo credo, quelle persone non riusciranno mai a ferirlo mortalmente. Sono loro i vincenti, ma solo in apparenza, perché non hanno armi affilate quanto quelle che possiede chi vuole vivere in comunione e in armonia con l’intero Creato.

La poesia non ha cessato un attimo di ricordarglielo e lui le è grato per questo. La poesia gli ha insegnato a essere “Un guerriero senza patria e senza spada e da apolide, pacificamente, ne segue l’esempio. L’uomo patisce i frutti spietati del capitalismo, che inducono a marcire anche la Cultura, privando troppi artisti, o sedicenti tali, dei legami con la loro stessa dignità, allontanandoli dal rapporto salvifico con la Natura. Si trova spesso a chiedersi dove sono finite le campagne dorate, il mare cristallino, gli uliveti. E la quotidianità vera, incantata dei bambini… cosa ne è rimasto? Sono prigionieri di case, di schermi, e non giocano più nei giardini o sul cemento, non si sbucciano le ginocchia e i sogni. Le tematiche della Poesia di Piero sono proprio i miracoli della natura e la vitalità rimasta negli occhi dei semplici. Detesta il meccanismo feroce che rende gli artisti anelli dell’ingranaggio economico. Lui ha fatto delle scelte. I figli hanno saputo comprenderlo, purtroppo la moglie desiderava un’esistenza molto agiata e a poco a poco si è allontanata dagli ideali che trent’anni prima sembrava condividere. Vivono sotto lo stesso tetto come due estranei e lei ha colto troppe occasioni per rinfacciargli le opportunità di successo mancate.

Marisa era convinta che la Poesia, i concorsi, le vendite di libri, la fama avrebbero trasformato Piero in una persona illustre che subisse il fascino del dio denaro.

L’uomo si ostinava a dirle: “Ho speso quattro secoli di vita / E fatto mille viaggi nei deserti / Perché volevo dire ciò che penso / Volevo andare avanti ad occhi aperti”  e lei lo guardava come l’ultimo degli uomini e lo scherniva: “Sei arrivato molto lontano con le idee e la testa alta. Non vedi gli altri come sanno sgomitare?” Piero alla fine si è arreso. L’ha lasciata sulla sponda del rancore ed è andato avanti senza scendere a compromessi. Nell’ambiente poetico è conosciuto e ammirato, ma le liriche che compone sono specchio del suo mondo interiore e l’uomo ha compreso sulla propria pelle che i pensieri non sono pericolosi finché rimangono solo pensieri. In quel campo sono consapevoli in troppi che non saprebbe mai scrivere “Con i dosaggi esatti degli esperti / Magari poi vestir(s)i come un fesso / E fare il deficiente …” partecipando a tutti i concorsi, cercando le amicizie giuste per scalare le vette dell’ego, e magari componendo poesie che raccolgano i favori dei critici del momento.  Piero è rimasto libero e vero.

Le sue decisioni non sono mai state condizionate da niente e da nessuno. Criticate, questo si, e non da pochi. Quando si sceglie l’essenziale si scarta il superfluo, quando, al bivio, si sceglie la strada stretta non ci si cura di sapere come sarebbe stato agevole percorrere quella più ampia.

Per angusta ad augusta: questo era il suo motto, fermo restando che nulla di maestoso, di solenne, di venerabile si era mai proposto se non ciò che umilmente è maestoso, solenne e venerabile.

Da giovane, e anche dopo essersi sposato, aveva optato, nei limiti delle possibilità, per posti di lavoro che non gli avessero tolto tutto il tempo, consentendo così alla sua creatività di potersi esprimere, convinto com’era, che non si vive per lavorare ma si lavora per vivere.

Quando scrive Piero percepisce tutta intera la propria libertà, non la sente limitata da imposizioni di nessun genere, siano esse materiali che intellettuali.

È una persona semplice, senza tante pretese, e l’unica cosa che, in fondo, gli interessa è sentirsi parte di una famiglia che comprenda non soltanto i suoi cari, ma ogni forma di esistenza che popola e, con lui condivide, la straordinaria esperienza della vita sulla Terra.

“Non s(a) se è stato mai un poeta / E non (gli) importa niente di saperlo” perché, per lui, fare poesia è come “Riempir(e) i bicchieri del (suo) vino”. “Non s(a) com'è però… invit(a) a berlo”.

Purtroppo, in molti, in troppi non hanno capito e non hanno accolto questa offerta: chi l’ha bellamente ignorata, chi ha trovato la bevanda priva di sapore e chi, fingendo, ha detto che sarebbe tornato a bere con lui per poi scomparire nel nulla.

Sta di fatto che Piero non si è fermato, ha preferito andare avanti e affrontare tutto “a muso duro”. Quando si prendono decisioni del genere bisogna mettere in conto i rischi che ne derivano. E lui ha pagato. Ha pagato di persona, sia nel privato (non si augurava  certo di divenire un estraneo agli occhi di Marisa), che nel pubblico (non tutti, ovviamente, ma almeno un paio dei libri dati alle stampe avrebbero meritato una diversa attenzione da parte del suo editore).

Ha risolto così: lasciare “le masturbazioni celebrali…a chi è maturo al punto giusto” e le sue poesie “a chi sa masturbarsi per il gusto”.

I figli  sono molto vicini a Piero. In un mondo di opportunisti, di gente pronta a vendere l’anima al diavolo per raggiungere determinati obiettivi, il padre sembra loro una perla rara. Mauro, il maggiore, asserisce spesso che è una gioia crescere all’ombra di tanta purezza e che il cuore dell’uomo somiglia ai primi libri dei bambini: contengono le parole essenziali e sono piene di colori. Piero si commuove di fronte alla capacità dei ragazzi, ormai adulti, di leggere le sue Sillogi e la sua interiorità con i cinque sensi. I figli, ascoltando il padre e, soprattutto leggendolo e vedendolo vivere, si sono resi conto che custodisce tesori inestimabili e che la sua autenticità non consiste solo nell’essere vero, ma anche nel non ascoltare le menzogne. Piero va avanti con “lo sguardo dritto e aperto nel futuro”. D’altronde solo la mente di un eterno fanciullo ha i porticati luminosi  e il futuro vi passeggia sereno… Affrontare la separazione morale da Marisa è stato difficile. Tuttora Piero si accorge di soffrirne. La donna algida e dura con la quale divide la casa è una sconosciuta. Gli sembra incredibile che sia la stessa creatura che aveva sposato. La considerava la partitura delle sue giornate, così estroversa, dotata di una vitalità quasi animale. Era il sorriso che lo faceva alzare la mattina, il bacio che neutralizzava ogni cattivo pensiero, la carezza che lo sosteneva nei momenti difficili. In lui era sempre esistita un’esigenza profonda di sublimare l’oggetto dell’amore. Succede spesso agli artisti. Ha attraversato un lungo periodo di crepuscolo della coscienza, abbandonato da coloro che credeva amici, scoprendo persone nuove, sbocciate in quel tramonto come nuvole arancioni, come fiori. L’uomo non ha mai smesso di scrivere, consapevole che versi e pensieri sono come il sangue: hanno bisogno di circolare e tengono in vita. Oggi è consapevole che il posto nel mondo che cercava è dentro di lui, dove gli batte il cuore, dove fluisce il suo sangue, dove respira, piange e ride, restando vivo. E’ un uomo forte e dolce, come sempre, che ama ripetere “… alla fine della strada / Potrò dire che i miei giorni li ho vissuti “.

Chissà quando sarà, chissà dove la strada terminerà. Se sarà in un giorno qualsiasi e in un luogo sconosciuto, oppure se quello sarà un momento particolare e il cammino lo porterà a riconoscere posti familiari. Nessuno può saperlo. Ciò di cui è assolutamente certo è, invece, di quanto sudore ha dovuto, e continua a versare lungo il proprio cammino. Un sentiero irto d’insidie e d’imboscate.

 

NEL COVO DEI MERCANTI

 

           Asceta tra la folla

Vagare senza mèta tra gli inganni

Senza possessi

Nel covo dei mercanti.

Essere qui

Per conto dei miei versi

Per rovesciare i banchi,

Esserci

Per essere soltanto.

La voce di un poeta

È quella del silenzio

Ma questo canto è lotta,

Guerra che si combatte senza tregua

Fino alla resa,

Finché non sgorghi il sangue. 

 

Sandro Angelucci     Maria Rizzi

 

 

 

5 commenti:

  1. Ringrazio infinitamente il nostro Nazario per aver accolto quest'altra proposta. Ho convinto l'amico Sandro a cimentarsi in prosa e si è scoperto che è nato Narratore.L'idea di ispirarci a cantautori - Poeti è di entrambi. Ringrazio anche il mio compagno di viaggio e li abbraccio forte entrambi! Con amici simili si è ricchi!

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  2. Mi associo a Maria ringraziando anch'io Nazario. Mi dissocio - scherzo ovviamente - da lei quando dice che sono nato Narratore: la carissima amica mi onora dicendolo perché a sostenerlo è un'autentica e grande (senza alcuna piaggeria, lo sa), lei, si, Narratrice.
    Un abbraccio calorosissimo ad entrambi,

    Sandro Angelucci

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  3. Plaudo a questa iniziativa. Le qualità prosastiche (tutt'altro che prosaiche) della scrittura di Sandro mi sono note da tempo - come sono note a tanti - ma il tocco di narratore mi è nuovo e mi complimento con Maria per l'intuizione avuta. E' un testo che sprizza poesia da ogni poro: quella poesia che si nutre di silenzi e di spiritualità, di autenticità e di contatti diretti con il Creato, ponendo inesorabilmente l'uomo che di essa si nutre in contrasto con una società edonistica, materialistica, come quella di sempre, ma particolarmente quella in cui oggi viviamo. Nel mio piccolo, e con tutti i miei limiti, sento profondamente fraterno il personaggio di cui qui si parla, ispirato da Bertoli, ed il mio cuore sanguina - non da oggi - insieme al suo.
    Franco Campegiani

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  4. Sono commossa da tanto entusiasmo Franco! Ti sei identificato in modo sanguigno nella figura del Poeta. Il risultato che io e Sandro volevamo sortire era esattamente questo: sentire le anime pulsare all'unisono con la purezza dell'Arte! Grazie infinite e un forte abbraccio!

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  5. Ringrazio sentitamente Franco per aver voluto esprimere il suo parere. L'amico ha colto la critica del sistema edonistico e materialistico che oggi viviamo e che ci rende al contempo soli e massificati, e tutto, sempre, per soddisfare la sete dell'ego e del facile "guadagno".
    Per quanto mi riguarda, la mia presenza sul blog non è assidua e quando trovo qualcosa che mi stimola, non mi esimo dal commentare. Certo, fermo restando che lo scritto m'interessi davvero. Ma è già qualcosa....

    Sandro Angelucci

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