martedì 1 giugno 2021

GUIDO MIANO PUBBLICA: "CHIAMATI A DIO" DI DON ALESSANDRO BUCCELLATO

 





Don Alessandro Buccellato

CHIAMATI A DIO

Gudo Miano Editore, 2021

 

CHIAMATI A DIO, UN VIAGGIO DI ESTREMA SPIRITUALITÀ

DOVE TUTTO CONCORRE ALL’ELEVAZIONE

 

Recensione di Nazario Pardini

 

 

“Perché la poesia? Non è forse, oggi, nel nostro mondo super tecnologico, un po’ anacronistica? La poesia sembra un po’ fuori moda! Quello della poesia è certamente un linguaggio non di immediata comprensione, ma volutamente è così: la poesia ti permette di immaginare e di applicare le parole che leggi al tuo mondo. Diventano parole e concetti, input emotivi a tua misura e non solo a misura dell’autore. Così la poesia va oltre la dimensione del reale, per immergersi nell’allegoria, nell’iperbole e in parole che dilatano la realtà a tua misura. La poesia è cibo per il Mistero e per l’Invisibile, ecco perché il linguaggio poetico si adatta perfettamente a descrivere i movimenti dell’anima, soprattutto quando questa si relaziona con il Divino…”. Iniziare da questa pericope tratta dalla prefazione dell’autore significa penetrare da subito nella profondità del canto di Buccellato. Un canto mistico, metafisico, di escatologica sinfonia, dove Don Alessandro si eleva alle soglie del Cielo. È là che può accecarsi della luce del Signore. E la poesia lo aiuta in questo slancio empatico. Poesia come sentimento, abbrivo, meditazione, amore, iperbole; poesia come profondità di intenti, di passioni con cui l’autore si dona al Signore. È con questa arte che si possono raggiungere le sommità dell’azzurro, il miracolo della fecondità della poesia. Quella poesia che - come afferma Don Alessandro - è fatta di alti sentimenti, di ricerca spirituale, di trasfusione dell’animo in parole dilatate, capaci di reificare tanta potenza spirituale. Per questo si ricorre a metafore, metonimie, a azzardi di memoria figurativa, per potenziare la parola, per ampliarla con sinestetici allunghi e renderla così capace di contenere tanta elevazione.

A te, / sorella mia, che vivi nel cuore / nel mio come in quello di Dio, / A te, / che ne hai fatto un’unica cosa / un’umile dimora per te e per me / confusi e mescolati / A te, / che mi hai insegnato a non contare il tempo / a bere il momento / di questo profondo incontro, // Io canto, / con le parole, / un grande inno di lode: / l’esperienza della tua e della mia vita / in Dio Infinita!”. In questo inno sta tutto il sentimento del poeta, la sua infinita glorificazione di ciò che lo rende felice, dacché è nel Signore che il poeta si perde, si annulla trasferendo in alto tutte le sottrazioni della terra. Sta in questa fusione la felicità del canto, la bellezza e l’armonia di un uomo che volge tutto se stesso alla gloria dei Cieli.

Inconoscibile Dio: “Inconoscibile e Beatissimo Dio, / sorpresa d’amore e abisso di dolcezza, / a Te appartiene la mia esistenza / e Ti vedo in moltissimi segni. / Beato chi contempla la Tua Maestà / e mai la comprende. / Beato chi conosce il proprio limite / e mai se ne vergogna. / Mai, Signore, io possa saziarmi di Te, / quando mai accadesse / sarebbe grande la mia rovina.”, il Signore è sorpresa di amore e di abisso di dolcezza. Beato chi conosce i propri limiti, poiché riconoscere la nostra pochezza terrena significa esaltare la grandezza del Signore. Un canto infinito, plurale, totale che vive di piena dedizione, di esaltante fusione dell’io con la luce dell’Alto. E qui la luce è folgorante, accecante, immensa e tanto forte da creare una scala che coi suoi gradini porta l’uomo negli abissi spirituali: Maria di Fatima: “Mi perdo nel desiderio / di contemplare il Tuo volto, / Madre! / Il mio cuore si spezza / nel desiderarti / e mi prende un’intima nostalgia, / struggente. / La mia anima cerca, / brama di tornare a casa. / Madre dolcissima, / ogni attimo, ogni lacrima, / momenti eterni / che già appagano/la mia malinconia.”.

Il tempo passato sulla terra non è altro che un trasferimento lontano dalla casa di Dio, per questo il poeta brama di tornare alla sua casa, per respirarne i profumi di pace, serenità, e di fede. Questi i presupposti che dànno vita alla storia, ad una storia che brilla di luce riflessa. A questo punto credo che sia appropriato chiudere la mia esegesi ricorrendo alla chiusura di un mio poemetto spirituale dedicato alla Luce del Cielo: “…E tutto fu sereno, / e tutto illuminato dalla luce del cielo. / Vinsero i giorni universali, / non fu più notte, / non fu più tempo, / non fu più fine, / né principio, / fu la gloria che espanse il suo potere / danzando attorno ai volti delle lapidi; / canzoni risuonarono / sconosciute al cuore dei terrestri. / Fu gioia. / Fu luce attorno, accecante, / nelle case, sul mare, e per le vie. / Fu luce nelle anime, / che vollero l’amore, / dimentiche di guerre e di terrore. / Tutto fu largo, immenso, / persino il mare apparve un lago magro / di fronte all’estensione dei pianeti, / che assieme alle stelle luminose / si unirono in un vortice di luce / per elevarsi al Cielo. / Vinse l’amore, e nella notte /si accese la lampada divina, / grande, enorme / più che d’agosto la calura estiva. / Più che di giorno la gloria del Signore.”.

Il poeta abbraccia tutta la natura (vento, acqua, colori…) per trasferirla con sé in alto verso l’universo e chiude con un inno al silenzio, momento di preghiera e di raccoglimento: Parla il silenzio: “Taci, / parla il silenzio / nel buio luminoso della vecchia chiesa. / Senti l’odore dei sassi, / pietre squadrate e pregne di eternità. / La voce del canto di millenni irrompe / in melodie antiche. / Regna il silenzio nel buio / solitudine apparente della mistica Sua Presenza” e Don Alessandro Buccellato è nel silenzio che trova la via dell’ascesi, la strada del ritorno…

Nazario Pardini  

 

 

 

Don Alessandro Buccellato, Chiamati a Dio, pref. Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 80, isbn 978-88-31497-33-6, mianoposta@gmail.com.

 

1 commento:

  1. Ho gustato questa lettura sobria bevendo da questo incontro, come dice nei suoi versi Don Alessandro. Proprio ieri dicevo a un amico che anche secondo me la poesia è preghiera. Forse non rappresenta ciò che è esattamente il nostro animo, ma l'aspirazione all’armonia. In parole povere a ritrovare l'assetto verticale col divino. Chi prega più di un peccatore che anela alla redenzione? Grazie.

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