mercoledì 29 ottobre 2014

N. PARDINI: "E SORTONO LIEVI I PROFUMI"














E sortono lievi i profumi nel giorno
che esplode le gemme. Le ho viste improvvise; 
sui cespugli le penombre vesperali
mi appaiono digià chiari segnali 
di un’ora che volge alla fine. 
I gridi che schiusero l’alba si sono 
zittiti d’incanto. 
















Mi resta soltanto la sera chiazzata da fughe di voli
e le gemme che tingono il rosso 
di bianca innocenza.
Ma lo stormo di passo nel blu 
annuncia la notte. La gioia del meriggio 
si strugge nel suono di un passo:
il solo rumore che resta.
I profumi che sciorano nelle sere di aprile 
non sono che immagini svelte di vita: 
apparire frizzante di foglie 
azzurrarsi odorato di cielo


marcire autunnale di spoglie.

14 commenti:

  1. un profumo di terra fertile che si spande dal bosco sul sentiero che accarezza la campagna
    Una poesia che suona lieta tra le foglie sospinte ed ancor sospese nel tardar la lor caduta
    Francesco

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  2. Impressioni in fuga come i profumi lievi che sortono improvvisi dalle penombre vesperali….in un’ora che volge alla fine…, il passo che si perde, la vita in fuga, e il suo misterioso silenzioso riproporsi, sempre diverso nella sua ciclica ripetitività. Realismo permeato di serena struggente magìa, diffuso e delicato amor vitae.
    Che splendide, malinconiche immagini! portano in loro il fascino alto della grande poesia di sapore virgiliano e pascoliano
    M.Grazia Ferraris

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  3. Miracolo l'apparire e lo sparire della vita. Dura un attimo il fresco e lieve splendore mattutino delle gemme. Poi il grido dell'alba muore nel silenzio meditativo della sera. Sono "immagini svelte di vita" che portano il suono melodioso e misterioso dell'Essere, lo struggimento del suo perenne uscire da sé per rientrare dentro se stesso. Versi straordinari per immagini lievi e potenza di pensiero.
    Franco Campegiani

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  4. Dopo un incipit trionfante e quasi vitalistico, che ha come efficacissima punta il "giorno / che esplode le gemme", il tono si fa pensoso e mesto (" le penombre vesperali / mi appaiono digià chiari segnali /di un’ora che volge alla fine"). E infatti una rapida ricognizione lessicale ci apre un territorio verbale che, pur rigoglioso e sapido di vita ("profumi, giorno, esplode le gemme, alba, fughe di voli, rosso, bianca innocenza, gioia, meriggio, vita, " ecc.), lascia, in opposizione, spazio e carica allusiva a una terminologia che ossimoricamente definirei di serena inquietudine (penombre vesperali, fine, sera, notte, si strugge, marcire autunnale di spoglie"). La precarietà luminosa del giorno riesce quasi a confondere la severa necessità delle tenebre notturne, il barbaglio dei colori vividi della vita sembra annullare la triste atmosfera della morte. Insomma, in questa lirica, vita e morte sono in dialettico, serrato, policromo confronto, del quale alcuni passaggi ( “ Mi resta soltanto la sera ...”, “Ma lo stormo di passo nel blu / annuncia la notte”) anticipano e il verso finale ( “marcire autunnale di spoglie”) sancisce a chi - inevitabilmente - andrà la vittoria finale.
    Pasquale Balestriere

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  5. Grande evocazione dei messaggi della natura che tutto voglion dire senza nulla dire, perché la natura è così, c'è ma non sa di esserci, vive ma non se ne cura più di tanto. E tutto ciò che in natura ha inizio, ha anche una fine, che però fine non è, semmai è continua trasformazione che perpetua la vita.
    Cogliendo questa fugacità l'attimo si fa breve, quindi "le ho viste improvvise" è quasi una gioiosa sorpresa, scoperta dello stupore infantile che ancora vive nel poeta. Ma l’ottimismo iniziale si scioglie nei segnali "di un'ora che volge alla fine", quindi dallo stupore ritrovato si torna al peso degli arti che, inevitabili, sono lì ad esprimersi nei nervi tesi, nelle pulsazioni e nel dolore che a volte ci ricorda quanto sia breve e bello vivere. L'ineluttabile "sera chiazzata di fughe" è ciò che rimane al contemplarsi nello specchio dell'autunno, che in uno "stormo di passo nel blu / annuncia la notte" e ci fa credere che il suono di un passo sia "il solo rumore che resta", che i profumi "non sono che immagini svelte di vita", ma non è così, perché torna l’inizio, c’è pur sempre il primordiale stupore perché le gemme "le ho viste improvvise".
    Alla fine le immagini son svelte, tutto appare fugace, effimero, eppur meraviglioso come l'apparire "frizzante di foglie", che frizza senza avvedersene, che è lì per noi, puntuale all'appuntamento con il nostro prendere coscienza che la vita s'accende di colore nell'autunno, e anche quel marcire di foglie ci appare quale luce del sogno che per un attimo tinge la vita di dolorosa meraviglia.
    Claudio Fiorentini

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  6. Tra un “sortire” di “lievi i profumi nel giorno/ che esplode le gemme” e un “marcire autunnale di spoglie”
    la vita passa come un breve documentario sulla natura, in questa lirica densa di immagini, profumi, colori e dalla carica semantica potente e ossimorica. Sembra di vederle, come sullo scorrere veloce di una pellicola, quelle gemme che il giorno esplode “improvvise” ma “digià” le “penombre vesperali” sui cespugli annunciano “chiari segnali di un’ora che volge alla fine”. Tutto è fugace, breve, veloce; anche quei gridi d’alba si zittiscono come d’incanto. L’attimo sorgivo che grida alla vita tace repentino lasciando, nelle sere arrossate, chiazze di “bianca innocenza”, la meraviglia della purezza del segreto vitae.
    Ed è subito sera, potremmo dire, con l’annuncio della notte di “uno stormo di passo”. Della giovinezza resta soltanto il suono di un passo, o meglio un rumore e non già più un grido.
    Lo scorrere vitale è svelto e si liquefa rapidamente (concetto avvalorato dalla felice scelta del verbo “sciorare”): profumi e colori primaverili nel loro frizzare di foglie scorrono subitanee verso quel “marcire autunnale di spoglie”.
    Un documentario lirico di grande spessore poetico e esegetico, questo dono del professor Pardini. Grazie.
    Lorena Turri

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  7. Sullo scoglio di Lèucade un altro superbo canto di Nazario Pardini. Per la precisione un altro canto alla vita, che inizia dall'esplosione delle "gemme" del giorno (bello quell'uso transitivo di "esplode") fino ai "chiari segnali / di un'ora che volge alla fine", per accorciare, con i tempi della lettura, i tempi della durée réelle dei tempi della vita. Di una vita che inizia con i "gridi dell'alba" e che presto, d'improvviso, si spegne. Pardini ogni tanto ci richiama alla coscienza della caducità del nostro tempo, e questa volta lo fa con l'immagine veloce di uno "stormo di passo di blu" (di carducciana memoria) che annunzia la fine del giorno, ammonendoci della brevità della vita. Dopo le "esplosioni" del giorno, dai profumi della primavera "di odorato di cielo" al " marcire autunnale di spoglie". E' la storia della umana esistenza che si srotola con la lettura di "E sortono lievi i profumi" che ci avvolge, appunto, "nell'odorato di cielo", un po' per ripagarci del debito leopardiano che la natura, pur bella e seducente, ha nei confronti dell'uomo
    Umberto Cerio

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  8. L'alba e il tramonto, la primavera e l'autunno vivono scambievolmente gli stessi profumi in questi versi.
    E' questa - a mio avviso - la capacità, non ordinaria, che ha la lirica di Nazario Pardini. Il poeta riesce a fondere suoni e silenzi, luci e penombre in un unicum che risponde alla completezza ed alla semplice complessità della vita.
    "Apparire", "Azzurrarsi" e "Marcire" sono azioni che esprimono momenti di una sola stagione: un tempo creato per dare dei contorni alle malinconie ma anche alle speranze dell'uomo.

    Sandro Angelucci

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  9. Questa gemma, questo gioiello del prof. Pardini è una profonda metafora sull'uomo e sulla sua precarietà esistenziale. Così come la natura anche l'uomo, che fa parte integrante di essa, vive le sue stagioni della vita al pari di un fiore o di qualcos'altro in natura che nasce, cresce, spende nella maturità per poi declinare lentamente per annullarsi come "spoglia nell'autunnale marcire". Tutto ciò, detto con un linguaggio estremamente lirico e racchiuso in pochi versi che rendono la poesia nitida e variegata nelle sue immagini con un finale mozza fiato. La tonalità musicale, alquanto sobria, pacata denota e/o vuole esprimere l'accettazione cosciente, consapevole del fine al quale tutto è predestinato compreso o forse soprattutto l'uomo essendo il solo essere su questo globo a percepirne quel fine. Il Prof. Pardini ci da una chiara lezione, da par suo, di cosa è e come si fa vera poesia anche in questo inizio del 3° Millennio.
    Pasqualino Cinnirella.

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  10. Ringrazio di cuore tutti gli amici per la loro disponibilità e soprattutto per la maestria esegetica dimostrata nel commentare i miei versi. Non voglio fare distinzioni, anche perché mi trovo di fronte a scritti di tale autoptica valenza da lasciare di stucco. E lasciatemi dire che queste note critiche rasentano la perfezione per intuizioni emotive e soprattutto per perspicua rispondenza filologica. Siete veramente grandi. Ed io sono orgoglioso di avere amicizie tanto importanti e generose.
    Un abbraccio dal vostro perennemente disponibile
    Nazario

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  11. Sono davvero grata al carissimo Nazario per questa perla, che chiude in sé la storia della vita, come hanno scritto i magnifici autori che mi hanno preceduta. E' l'esempio della capacità di concepire versi dominati dalla metafora, priva d'ogni ermetismo, figura retorica d'ampio respiro, capace di esprimere concetti profondi ed esaustivi e al tempo stesso 'elementari', intesi come modi di scrittura, resi trasparenti e accessibili al maggior numero di persone. "I gridi che schiusero l'alba si sono / zittiti d'incanto ".
    Non v'è da indovinare nulla. L'intero svolgersi degli eventi terreni è racchiuso nel canto della natura e in un caleidoscopio stupefacente di immagini ...
    Il canto del Nostro Professore palesa un'esperienza della natura e della vita di carattere estatico e visionario."Ma lo stormo di passo nel blu / annuncia la notte"... E il verseggiare è fluido, modulato, in perfetto equilibrio tra il rigore metrico e le forme espressive più moderne. Una lezione di lirismo di altissimo valore etico!
    Maria Rizzi

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  12. Grazie, Maria,
    della tua assidua presenza; della tua generosa e attenta competenza nel delineare le semplici-complesse metafore della vita.
    Nazario

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  13. Concludo questa dotta critica sulla poesia pardiniana, ponendo in evidenza la sua magica forza maieutica nel saper rappresentare il panismo suggestivo di un virgiliano e bucolico canto:
    "Mi resta soltanto la sera chiazzata da fughe di voli
    e le gemme che tingono il rosso
    di bianca innocenza." Versi come questi restano immortali ad esprimere la rara purezza e il simbolismo autentico che, pur tra il rigore espressivo, si fa strada per stupire anche il più scettico e distratto lettore. Complimenti Nazario davvero la tua scrittura merita elogio...

    Ninnj Di Stefano Busà

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  14. Gentile professore,
    ci ha donato delle immagini molto suggestive a far da metafora ad una lirica incentrata sulla vita e i suoi molteplici sensi in quella luce del cuore che rappresenta la conquista del suo vero essere:
    "...mi appaiono digià chiari
    segnali di un'ora che volge alla fine".
    Molto coinvolgente. Con stima.
    Emma Mazzuca

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