giovedì 23 aprile 2020

PATRIZIA STEFANELLI: "EPISTOLA IN TEMPI DI MAGRA"


Epistola in tempi di magra. 22/04/2020

Patrizia Stefanelli,
collaboratrice di Lèucade

Carissimo Nazario, maestro mio,
gira e rigira si finisce a parlare delle stesse cose, da sempre. Spesso queste cose le diciamo a una pagina bianca che è una preziosa amica e ci accontenta, non reclama. A me dà sempre ragione. Non so a te, ma a me piace, e mi compiace. Quando poi a questa pagina confido una poesia, beh, sa essere generosa, e, un po’ ruffiana, la trattiene. Non va bene, le dico, tanto per contraddire l’amica. Vado in cucina a fare la solita frittata di cipolle, strapazzata, (io non la frittata) e poi torno. “Dimmi la verità” le chiedo e lei non cede. Resta lì a fissarmi integra e muta e allora le tolgo parole. La riduco all’osso affinché mostri il suo carattere schivo. Io sono fuori adesso, in uno straniamento epico, e come un personaggio brechtiano esco dalla poesia. Tolgo me stessa da quel personaggio, appena abbozzato ormai, ridotto all’essenza, al suggerimento, e pronto alla critica del lettore. L’abolizione dell’immedesimazione totale, pare trasmigrare la mia sensibilità a più alte visioni d’insieme. Pare.
Le parole non fanno poesia, mi dico, e la comunicazione non è lo scopo della poesia. Per far questo bastano diari, saggi e articoli giornalistici.
La poesia si fa; come? Attraverso il risuonatore. E cos’è il risuonatore? È il lettore che interpreta i segni come fossero una partitura. Non parole ma segni, in grado di essere risuonati, e dunque attivati. A perfette descrizioni linguistiche o ad altisonanti fonemi difficili e complicati, astrusamente accostati, è perfino preferibile il dindòn dan bum sonàm bitùm bidòn. Tranquillo, non l’ha scritto nessuno, era tanto per dire che il suono, la metrica e il ritmo possono evocare immagini anche di più delle precise parole.
Credo nella poesia in quanto etica di relazioni. Non il poeta e il lettore ma l’opera quale frutto della relazione tra i due.  Quasi viene meno l’egotico pensiero di voler comunicare i propri sentimenti a favore dell’idea di raccogliere quelli altrui. Tra la fonesi e il discorso poetico c’è la noesi propria alla poesia. La poesia esercita il suo potere testuale attraverso la sovrapposizione di ogni atto intuitivo.
L’atto intuitivo del poeta accoglie il segno che risuona nel lettore il quale lo attiva producendo l’atto poetico. In questo sta il “fare” e la potenza divina della creazione poetica che nasce dalla conoscenza intima, primordiale, antecedente a ogni ragionamento ma pur sempre consapevole delle qualità necessarie al suo realizzarsi.
Purtroppo, devo dire che quest’epoca non ci sta regalando tanta buona poesia. Il novecento è sembrato a molti lo sdoganamento del verso a favore di una prosa (a volte poetica) da spezzarsi e mandare a capo ogni tanto. Le traduzioni dei testi poetici stranieri hanno condotto a erronee interpretazioni semantiche riportando prose che poco mantengono l’alta musicalità dei versi originali. Tra l’altro, occorre tenere conto delle diverse culture, del significante che cambia significato e dell’epoca della traduzione che potrebbe proporre versioni sempre diverse.
Editori, trasmissioni radiofoniche e giornali, molto spesso, danno spazio a pensieri in prosa definendoli poesie. A volte i pensieri sono perfino illogici, ma non nel senso bello di una logica dell’illogico (leggermente complicato, lo so) che secondo Asimov è il prodotto della creatività, ma nel senso che qualcuno pare ami scomporre frasi, eliminarne alcune, passare attraverso un citazionismo colto (o coltivato) approdando al nulla. Qualche poetosofo, a tal proposito, potrebbe dire che il nulla sarebbe il massimo. Chissà.

 […](da Di Verticalità ed altre cose I)

Il mastro muratore osserva il filo
a piombo sopra il muro;
lo guardo – il tempo scorre –
ascolta la durezza di una pietra,
la forma che lo porta a convenire:
– Signora, non pensare,
mi pagherai alla fine. Io valgo al metro.
Tu scrivi e non pensare,
la logica non ha per te l'uguale
là dove la misura sua è perfetta.

Lo sa il maestro tuo che la poesia
è come questo filo: a piombo cade.
***

Di verticalità e di altre cose II
(II mastro muratore e la mezza cucchiara)

Il filo a piombo stava ancora teso
da sopra il muro verso il nuovo piano;
adesso si trattava di un bel vaso,
un grande vaso, che non c’era invero.

Col mastro mio provavo a rimestare
del più e del meno in una cardarella
e intanto che il progetto lui creava
io rimestavo con maggiore lena.

Qualcuno, che passava,
scrollava la sua testa e sorrideva –
guardando tra le fronde di una quercia
un po’ sparuta
e vecchia di tanti anni –
vedendolo così senza l’oggetto
a ragionare con le mani in aria.

E noi si rimestava…
– È scritto? tutto è scritto,
da sempre contemplato nelle cose?
– Se solo sposti il vaso – rispondeva –
l’ombra sua cambia e si rinnova il piano.

– Se voglio l’ombra proprio lì nel mezzo,
girare intorno al vaso fermo al piano,
lo lascio in bella mostra
di sotto il solleone.
– Ma il tempo cambia, vedi?
 C’è già una nube che ricopre il prato
e il leccio che sta in mezzo perde l’ombra.
A quel che di più grande viene al mondo
e che tu vedi in alto divenire
lascia i tuoi occhi,
richiama a te quei fiati
fuggiti alla campagna
come randagi senza altro padrone.

Non so perché girai col verso opposto
quel più e quel meno mentre il mastro mio
ancora disegnava curve in aria.

13 commenti:

  1. Una magnifica lezione di Poesia, ovvero di questa parola magica, che deriva dal latino pŏēsis, che è dal greco ποίησις, derivato di ποιέω «fare, produrre.Una lezione, Amica mia, di raro interesse, ricca di verità che molti di noi ignorano. La vera poesia non può prescindere dalla conoscenza. Si crea, come fai spesso tu in modo magistrale,anche senza aderire ai dettami classici,ma le basi sono determinanti e 'sdoganarsi' per sperimentalismi azzardati rende il lirismo un semplice andare a capo. Quanto hai ragione! E l'idea dello scrivere per lasciar fruire mi ha mandata con il pensiero a Pablo Neruda, uno dei miei autori preferiti, che asseriva proprio che le poesie, una volta composte, appartengono a chi le legge, cessano di essere proprietà assoluta dell'artista. Nel leggerti, Patrizia, ho pensato ancora a lui e alla lirica "La Poesia", che inizia con i versi:
    "Accadde in quell'età... La poesia
    venne a cercarmi. Non so da dove
    sia uscita, da inverno o fiume".
    Il tuo lirismo mi affascina profondamente, non ne ho mai fatto segreto e ogni volta il cuore lo conferma. In questo doppio dono si cela, neanche tanto, il mistero del fare poesia.
    "Lo sa il maestro tuo che la poesia
    è come questo filo: a piombo cade".
    Sembra più tecnico il tuo dire, ma a leggerlo più volte preme sulle costole, sulle fibre, su ogni organo. Induce a riflettere e allarga gli orizzonti. Tutti i versi raccontano la meravigliosa metafora del tuo comporre e sono imbevuti del tuo originale e inconfondibile incanto, ma a essi si accompagna l'aspetto dolcemente didattico. Ci trasmetti quanto la musicalità si affidi a intensi tessuti di armonie foniche, semantiche, ritmico -sintattiche. Sono fiera di esserti Amica, Pat e la famosa 'chiave' la possiedi solo tu. Oggi lo so con certezza. Ti abbraccio forte... tra noi è possibile...

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    1. Maria carissima buongiorno, e sì non è da ieri che mi comprendi profondamente e non solo. Hai saputo integrare con la tua ampia cultura i miei pensieri intorno a ciò di cui da sempre si va eleborando.Grazie! Vedi che sei tu "la chiave"? Ti abbraccio.

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  2. RICEVO E PUBBLICO
    Cara Patrizia, amica mia, non ti farò uno di quei commenti caramellosi, tutti uguali che sembrano fatti con lo stampino del batik, attingendo i termini “ad hoc” da internet. A me non piace apparire ma condividere.
    Perché apprezzo moltissimo questi tuoi testi? Perché sono diversi dagli altri, da quelli cioè che circolano normalmente anche su questo blog. C'è un poeta stranoto, che vince centinaia di premi e che fa poesie bellissime di cui però non si ricorda neanche una parola e che vertono tutte sul tempo che fu. E allora viva il Carducci con “T'amo pio bove” o meglio “Il bove”, il Giusti con Sant'Ambrogio, Sailer con la “Vispa Teresa”, testi assolutamente non copiabili e che ci hanno accompagnato per tutta la vita.
    E basta con fiori, nuvole, gabbiani, stilemi con cui anch'io, purtroppo, molte volte abbondo e basta anche di tentare di fare poesia storpiando i vocaboli. E infine basta lodare sperticatamente chi non se lo merita affatto per delle poesie costruite sempre con le stesse parole spostate sopra o sotto o di fianco come le tessere di un mosaico perché viene così alimentata una folta schiera di poeti, che poeti non sono e allontanano dalla vera poesia.
    Sono cattiva? Forse. Ma è tempo di fare chiarezza e non di inchinarsi l'un verso l'altro come damerini del settecento.
    A te, Patrizia, ancora complimenti!

    Carla Baroni

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    1. Carissima Carla, conosco bene la tua Poesia, la tua ironia e la conoscenza dell'Arte poetica. Hai nominato il Giusti con quel capolavoro di poesia! Un grande che al verso accosta ironia e saggezza insieme all'amore per la patria e i fratelli. L'arte cuce i sentimenti a doppio filo e questa poesia sembra scritta per il momento politico e sociale che viviamo. Dovrebbe leggerla Feltri. Ma mi fermo per non infeltrire. Grazie!

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  3. Cosa dice , costei? sarà un po' insoddisfatta dei suoi risultati? Forse invidia quelli altrui? Ci sono tante belle poesie su questo blog, basta saperle leggere, e poi è peccato rifarsi alla natura e alle sue immagini? Ma per piacere...

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    1. Carnèade! Chi era costui? E ritornano i Promessi Sposi nominati dal Giusti, di tal Sandro. La natura, di cui parla Carla Baroni (la legga se può) è quella di cui abusiamo in descrizioni sterili e non quella che sublima nei versi che riescono a evocarla. Molto piacere.

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  4. Dimenticavo il nome:
    franco onesti

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  5. Patrizia è un vulcano di emozioni; è un granitico scoglio di etimi; è una ricchezza vivente di lampi, di sorprese, di innovazioni; e la sua poetica è sana, attaccata e distaccata, ironica e sottile, fattiva e innovatrice; insomma è una grande e generosa alimentatrice di creatività.
    BRAVA!!!
    nazario

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    1. Buongiorno, maestro mio e grazie! La tua chiarezza e la tua stima, che ricambio ampiamente, mi sono sempre di conforto e stimolo. Tu lo sai che non ho niente da vendere e niente da comprare ma solo da imparare. Viva la creatività e se risuona funziona.

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  6. D'accordissimo con Franco, spesso si chiede cosa sia la poesia; la risposta: "dal momento che me lo chiedi non la capirai mai".
    Si fa presto ad atteggiarsi a contestatori senza averne il potere e la sostanza...
    claudia




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  7. Splendida ironia sulla pagina bianca che dà sempre ragione e riesce sempre a compiacerci!
    Bella la tua arte della pulizia, e non solo donnesca, nel “togliere le parole! Fino a ridurle all’osso! E uscire dalla tua scrittura in una sorte di “straniamento epico!” Seria ed impegnativa la meditazione conseguente: “Le parole non fanno poesia, mi dico, e la comunicazione non è lo scopo della poesia. Per far questo bastano diari, saggi e articoli giornalistici. La poesia si fa; come? Attraverso il risuonatore: segni, in grado di essere risuonati. la noesi propria alla poesia. ”
    Hai ragione:“Purtroppo, devo dire che quest’epoca non ci sta regalando tanta buona poesia”…e allora giustamente: “Tu scrivi e non pensare,/la logica non ha per te l'uguale/là dove la misura sua è perfetta.//Lo sa il maestro tuo che la poesia/è come questo filo: a piombo cade.” E fa anche altro, se si sa opportunamente “rimestare”, hai ancora ragione: “Non so perché girai col verso opposto
    quel più e quel meno mentre il mastro mio/ancora disegnava curve in aria.”
    Grande lezione di ars poetica. Studiarla, seriamente, prima di mettere mano all’innocente foglio bianco che mai si ribella!

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    1. Grazie, Maria Grazia, la sua analisi sul mio dettato è perfettamente aderente all'idea che lo muove. Lo studio è necessario tanto quanto restare al proprio stile mettendolo in discussione. Guardarsi dall'esterno con la criticità di un estraneo. C'è chi scrive ed è convinto d'aver scritto capolavori e che le domande sulla poesia siano una sorta di negligente ignoranza. Ogni tempo e ogni teorico che si rispetti si è posto domande sula necessità dell'arte e sulla sua creazione nel periodo in cui vive. Non ci resta altro che rimestare ancora il più e il meno nella cardarella. Grazie. Buona giornata.

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  8. Cari i miei denigratori, benvenuti nel blog. Però imparate a leggere: ho solo ribadito, in maniera meno soft, il pensiero di Patrizia.
    Carla Baroni

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