lunedì 13 aprile 2020

PIER PAOLO DINELLI: "TI CONOSCO MASCHERINA"


Ti conosco mascherina

Camaiore 12 aprile 2020                                

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In tempo di coronavirus abbiamo di certo imparato cosa siano le mascherine e quanti tipi ne esistano in commercio. La parola è ovviamente il diminutivo di maschera la cui etimologia però è incerta.  Forse la parola deriva da masca termine di origine preindoeuropea, usato nel nord ovest di Italia, fra Piemonte e Liguria, per indicare qualcosa di oscuro e tenebroso come la fuliggine, le tenebre, gli spiriti della notte e le streghe. Certamente l‘uso della maschera è antico come l’uomo: infatti le prime maschere risalgono a circa 9000 anni fa e sono di pietra. Nelle società tribali indossare la maschera poteva avere scopi rituali, magici: ad esempio permetteva allo stregone o allo sciamano di trasformarsi nell’essere o la divinità effigiata. Oppure bellici, come quello di spaventare il nemico. Nell’ antica Grecia le maschere erano legate alle rappresentazioni teatrali. Fu propri Tespi, l’inventore della tragedia che, intorno al 530 a.C., cominciò a far usare agli attori maschere di sughero e poi di legno. Queste  maschere avevano i tratti del volto molto accentuati: piangenti nei drammi e sorridenti nelle commedie, esprimendo così il carattere di un personaggio e al contempo nascondendo l’individualità dell’attore. Inoltre esse fungevano da megafono  permettendo di amplificare la voce. Nella antica Roma con imago invece si definivano le maschere mortuarie, cioè le effige dei defunti. Chi entrava nell’atrio di una domus si imbatteva infatti nel luogo più intimo e sacro della casa, dove venivano venerati i Lari e i Penati, cioè le divinità protettrici della casa e della famiglia. Qui erano anche custodite le immagini in cera degli antenati, testimonianza per le famiglie patrizie, della nobiltà e antichità del lignaggio. A questo punto ci appare già evidente la duplice funzione della maschera: da un lato essa rappresentava l’ immagine, il ritratto di un individuo, dall’altro la sua contraffazione, la sua dissimulazione. Questa contrapposta finalità, svelare oppure occultare, è evidente dalla duplice etimologia della parola: in latino maschera significa persona, mentre in arabo il termine maskharah vuol dire caricatura, beffa. Come si ha nella Commedia dell’ Arte dove i personaggi sono appunto delle maschere: cioè tipi drammatici, con particolari costumi ed accenti,  dotati di un precisa connotazione psicologica. Ogni maschera ad esempio ha un repertorio di battute che la caratterizzano; ad esempio, tipiche del dottor Balanzone sono le tiritere, interminabili sproloqui senza senso, mentre il Capitano Spaventa si esibisce nelle smargiassate, sparando grosse bugie sulle sue avventure. Ogni maschera, poi, svolge un ruolo: ad esempio, Pantalone è il vecchio brontolone, Arlecchino il servo furbo, Balanzone il noioso e saccente pedante, Colombina la servetta scaltra e allegra. Da qui l’uso metaforico della parola maschera che può indicare ipocrisia se si rifacciamo alla loro capacità di nascondere o di fingere: peraltro in greco l' hypocrités è l'attore. Ad esempio la maschera di amicizia indossata da chi invece ci vuole ingannare, oppure la maschera di dolore mostrata da chi invece gioisce. Oppure può indicare un particolare ed autentico stato d’animo o sentimento, come la  maschera di orrore che ci si dipinge in volto davanti ad un evento terribile, o quella di letizia per una bella notizia. Una parola quindi che ci mette davanti al vero e al falso del nostro volto, insieme. E forse questa ultima considerazione ci permette una piccola riflessione sulla nostre mascherine, tanto indispensabili e ricercate al tempo del coronavirus. Come tutti sappiamo la mascherina in questione è un semplice dispositivo di tela o di altro materiale, talora dotato di rinforzo o valvola, da mettere davanti alla bocca e al naso per proteggere dalla polvere, dallo smog, o, come avviene ai nostri giorni, da  possibili infezioni virali. La mascherina ci protegge e ci nasconde, ci tutela ricordandoci altresì i nostri limiti e le nostre restrizioni. Solo con loro ci è permesso di uscire e, conformante alle necessità consentite, circolare. Le mascherine sono il simbolo dei medici e dei sanitari, eroi in prima linea in questa guerra contro la pandemia, ma sono anche il segno di una paura e di una oscura inquietudine sul nostro futuro e sulle sorti del nostro sistema sociale ed economico. Dietro le mascherine quindi non si nascondono solo i nostri volti, ma, in maniera più profonda, si celano i dubbi e le incertezze legate alla giustezza e alla correttezza del nostro sistema di vita, al rapporto che abbiamo con il pianeta e la natura e alla sostenibilità delle nostre politiche di sviluppo e crescita. Come ogni maschera inevitabilmente, anch’esse rivelano l’ossessione di scoprire cosa c’è dietro. Come si è visto è la natura stessa dell’oggetto ed il motivo per cui è nato, a generare questo interrogativo. Ciò che nasconde spinge anche a cercare la rivelazione, il vero. In questo caso forse la verità sul destino stesso dell’uomo.    

Pier Paolo Dinelli
 

1 commento:

  1. Molto interessante. Un excursus veramente esplicativo sull'uso e sul significato della maschera nei vari ambiti e tempi.Con essa intendiamo anche proteggerci ingannando la morte. Non ci infetterà col suo virale fiato e non ci riconoscerà. Magari.

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