giovedì 2 aprile 2020

M. PIETRO MONTACCHIESI: "SU CARMEN MOSCARIELLO"

Mauro Pietro Paolo Montacchiesi  su CARMEN MOSCARIELLO


Questo breve essay su Carmen Moscariello, tantissimo è già stato scritto su di lei e sulle sue opere, non entra nel merito della sua biografia né in quello della sua vastissima produzione artistica. Si limita ad alcune soggettive riflessioni dell’autore compendiate in “Carmen Donna” e in “Carmen in Letteratura”.
(L’autore)
Carmen Donna


Carmen ha un’icastica personalità, cospicuamente proclive verso la vita associativa, sempre orientata verso armoniche, universali simmetrie. Carmen è la vita che ab aeterno si rinnova, è il rizoma che ciclicamente penetra nella madre terra per nutrire, arricchire l’albero della vita, per germinare, ogni volta, neonate gemme a primavera. E Carmen, osmoticamente, è un unicum con l’albero della vita, mantenendo sempre i piedi ben piantati per terra. Per quanto governata dalle sensazioni, Carmen permane una donna pragmatica. E’ un’edificatrice diligente, alacre e costante, che mai abiura le sfide, pur di attingere i target che si era preposta. Carmen è una donna passionale, dagli aneliti pulsanti, incoercibili. E’ affabile, calorosa, cordiale, affidabile e leale. E’ una donna che preferisce la sicurezza all’insicurezza. Di prassi prende tempo nell’intraprende e realizzare molte cose, ma ciò esclusivamente a vantaggio dell’estetica e dell’accuratezza. Il suo cuore pulsa nel pathos del futuro. Elargisce la sua fiducia e l'amicizia con oculata moderazione, ma quando lo fa, si concede totalmente alla persone in cui ripone la sua fiducia. Carmen è amore, equilibrio, bellezza femminile, estetica ars inveniendi, perseveranza, conoscenza ad limina della gnosi, misericordia e armonia. Carmen, nella sua magnitudine spirituale, vive in simbiosi con il panismo, in un sentimento di gioiosa comunione con la natura, con l’osservanza delle tradizioni, con il senso di giustizia. Carmen vive gli umani sentimenti come l’ambrosia della vita e, per questo, la turris eburnea non trova struttura nel suo dna. Carmen, vibrante di sensualità e di gioia di vivere, si contraddistingue per una prorompente femminilità, per il culto del bello. E’ dotata di un’infinità di predisposizioni artistiche, ma, per quanto dinamica e poliedrica ella sia, non le può umanamente intraprendere tutte. In molti, d’émblée, hanno avuto la fallace sensazione di un’entità frale, tout court ricredendosi, tout court realizzando di trovarsi al cospetto di una donna sostanzialmente tetragona, nel cui cuore, tra l’altro, l’Amore e l’Amicizia sono due cardini monolitici e inderogabili.
Nella sua prima fase esistenziale, verosimilmente, Carmen, a cagione della forma mentis, delle tradizioni culturali del microcosmo di origine, si è dovuta preoccupare (chissà inconsapevolmente) di esaudire le istanze altrui, piuttosto che affermare sé stessa, la propria personalità. Pur di non disilludere le aspettative dell’ambiente circostante, ha dovuto negligere, postergare i propri aneliti, le proprie aspirazioni, i propri ideali. In itinere vitae, crescendo, maturando, Carmen ha prima cautamente poi repentinamente virato, ha optato per le proprie convinzioni, per le proprie idee, per le proprie posizioni, fino a diventarne strenua paladina, fino a diventare, deflegmata dalle scorie del microcosmo (soggettività condizionata), indiscussa leader nel macrocosmo (universalità incondizionata). Il faro che ha illuminato e che continua ad illuminare questo iter vitae, si chiama indipendenza sociale, psicologica, spirituale, sociale e culturale.

Carmen in Letteratura

“La santa voglia d’esto archimandrita” (Par. XI, 99). Archimandrita, ovvero grande pastore di anime, è il titolo che Dante attribuisce a San Francesco. E archimandrita, ovvero grande pastora di anime, allegoricamente, è il titolo attribuibile a Carmen Moscariello, in virtù del suo elato magistero, del suo mirandoliano scibile …

< de omni re scibili et quibusdam aliis>
<di tutto lo sibile e di qualcos’altro ancora>
“Un passaggio delle Novecento tesi difese dall'umanista Giovanni Pico della Mirandola a Roma nel 1486”

… che lei ha, che lei continua, indefessamente e con filantropico amore, a propalare “urbi et orbi”! E dall’oblio non possono non riaffiorare i “philosophe”, gli Intellettuali Illuministi i quali, a differenza di quelli organici (ciambellani lacchè) all’Ancien Régime (depositari esclusivisti di una cultura reazionaria), si assursero al ruolo, alla funzione di maître-à-penser (questo sintagma, nondimeno, verrà coniato molto più tardi), nonché di diffusori universali di un’inusitata cultura laica da superstizioni e da pregiudizi. Anima sostanziata di inconcussa ortodossia estetica, anima permeata di sublime aretè (latina virtus, valore spirituale e bravura morale), la sua. Anima che intelligentemente, sensibilmente reifica il proprio valore spirituale, la propria bravura morale ed i propri émpiti traducendoli, veicolandoli in afflati lirici, come pure in forme letterarie emancipate da qualsiasi regola metrica o ritmica, in virtuosismi letterari trasposti in recitazione scenica, in ecdòtica, ovvero in filologia testuale strumentale, finalizzata alla ricerca, funzionale all’interpretazione di fatti o personaggi, in virtù, talora, rapsodicamente, dell’esame di testi e documenti o su notizie storiche. Cum hoc vel post hoc, ergo propter hoc (lat. «con questo o dopo di questo, dunque a causa di questo»), in senso etimologico, verosimilmente la sua cospicua, poliedrica, “policroma” produzione letteraria non cessa di estollersi a dharma, a legge morale, dei diritti e dei doveri sociali. Tutti i prefati elementi conferiscono al complesso e composito tòpos letterario di Carmen Moscariello la lineare potenza, metafisica, per avventurarsi nella catabasi della sua anima, laddove deflagra tutto il suo pathos, laddove perpetua riluce ogni sua palingenesi, ogni sua morte-rinascita, resa cogente dall’istanza ineluttabile di universalizzarsi alla realtà in divenire: πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός/panta rhei os potamòs/tradotto in tutto scorre come un fiume, parafrasando Eraclito. E’ d’uopo libare la letteratura di Carmen Moscariello centrifugando ogni sintesi (pars costruens: contingente, relativo), per contro centripetando arguta analisi (pars destruens: metafisica, assoluto), onde poter ben comprendere e metabolizzare ogni singolo afflato lirico, ogni singola pericope prosastica. Soltanto così, almeno a tratti, si potrà intravvedere la specularità del proprio IO, ovvero l’opportunità di un’autoanalisi da tempo improcastinabile, ma sempre supinamente preterìta. L’opportunità di una rinascita, di una ripartenza: Post nubila Phœbus/dopo la pioggia il sole. La Musa si emulsiona con la sua stessa letteratura, rendendola, rendendosi, icona di soggettiva dignità filosofica. Ma, del resto, non potrebbe essere altrimenti, contemplando la relatività del postulato di qualsiasi verità. La Letteratura di Carmen Moscariello, in ogni sua più immanente piega, declina qualsiasi cristallizzato cliché estetico, abiura qualsiasi fossilizzata ortodossia accademia e fluisce emancipata da coercizioni formali verso fastigi dialettici latori di universale, elativa, a tratti gnostica, divinamente rivelata, conoscenza. Il topos letterario di Carmen Moscariello, ovvero un topos letterario tangibilmente pregnante, riverberante di totalizzanti aneliti di trascendenza.
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