mercoledì 14 ottobre 2020

ALESSANDRO MANZONI: "ADDIO AI MONTI"

«Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si maraviglia d’essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso. Quanto più si avanza nel piano, il suo occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell’ampiezza uniforme; l’aria gli par gravosa e morta; s’inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose; le case aggiunte a case, le strade che sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro; e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto, al campicello del suo paese, alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso, da gran tempo, e che comprerà, tornando ricco a’ suoi monti. Ma chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva composti in essi tutti i disegni dell’avvenire, e n’è sbalzato lontano, da una forza perversa! Chi, staccato a un tempo dalle più care abitudini, e disturbato nelle più care speranze, lascia que’ monti, per avviarsi in traccia di sconosciuti che non ha mai desiderato di conoscere, e non può con l’immaginazione arrivare a un momento stabilito per il ritorno! Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s’imparò a distinguere dal rumore de’ passi comuni il rumore d’un passo aspettato con un misterioso timore. Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove l’animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov’era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l’amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande.»

1 commento:




  1. L'addio ai monti, che troviamo al termine dell'ottavo capitolo dei "Promessi Sposi" di Alessandro Manzoni, è da sempre considerato l'estratto più poetico del romanzo. Rileggendolo ho preso coscienza dell'intensità emotiva di questo passo nel quale l'Autore diviene regista del momento storico. Il commosso canto interiore dell'anima di Lucia, al quale Manzoni dà voce ricorrendo al discorso indiretto, è introdotto da una sequenza descrittiva nella quale il paesaggio diviene protagonista assoluto del racconto. L'attenzione di noi lettori si sposta, infatti, sullo splendido notturno che la luna crea proiettandosi nel lago immobile e silenzioso. Al di là dei gusti personali, non si può negare l'altissima forza espressiva di questo estratto della nostra letteratura. E la fuga dei tre, affidata alle riflessioni di Lucia, che diviene in questa fase la depositaria del romanzo, potrebbe essere il simbolo di tante forme di immigrazione. Offre senz'altro lo spunto per riflettere sul dolore dell'abbandono dei luoghi amati, delle proprie radici. L'addio ai monti cessa di essere narrazione in prosa, in quanto ha i ritmi e la musicalità della poesia pura. Ringrazio Nazario per queste perle che consentono di rivivere momenti altissimi della nostra storia letteraria e lo abbraccio!

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