domenica 2 febbraio 2020

CINZIA BALDAZZI LEGGE: "L'ACQUASANTIERA DI NUNZIO INDUSTRIA"

Cinzia Baldazzi,
collaboratrice di Lèucade


Cinzia Baldazzi legge “L’acquasantiera” di Nunzio Industria


Nunzio Industria
L’acquasantiera

Nunzio Industria


Sulla spiaggia m’assolo
e un rombo scuote il cielo
dal suo letto. Una nuvola,
svegliandosi, spegne la luna.
Onde gelide m’increspano
il pensiero - strido smarrito.
Vento m’ingolfa oltre la rada
arruffandomi le ali,
l’anima un monologo
di paure: in balia dei flutti
navigo l’ignoto del mio tempo
breve. Gallerie di sogni
varcano due Colonne
e un mito affiora nella rete;
sinfonia m’abbraccia
struggendomi l’afflato.
Culla la mia veglia
una ninna nanna - liquido canto.
Ora un potente faro
straccia il panno nero,
lo zefiro riaccende le mie vene.
L’onda m’infrange
sfiorandomi un profumo
di perle iridescenti,
l’acquasantiera della Terra
mi benedice
e io mi sento di nuovo in pace.
Quieta, eleva la marea
spingendomi alla riva,
io un delfino e canto - del mare.
  
Nunzio Industria (Napoli, 1960), dopo «oltre mezzo secolo di letture, a matrice tecnico-scientifica nella prima parte e umanistica nella successiva», esordisce nella scrittura nell’estate 2014 con poesie haiku. A seguire, versi sciolti e prose di genere fiabesco e aforistico. Approfondito è l’interesse per la grafica e la fotografia, con studi mirati soprattutto alla composizione. Nel maggio 2015 pubblica la silloge Lumi di-Versi (La Lettera Scarlatta Edizioni). Negli anni successivi partecipa a premi letterari conseguendo innumerevoli riconoscimenti. Con il brano L’Acquasantiera ha conseguito il primo posto nel concorso “I colori delle parole” (Roma, ottobre 2019).
  
La poesia umanista di Nunzio Industria
Note critiche su L’acquasantiera

di Cinzia Baldazzi


Un profondo valore epico omerico, moltiplicato e diversificato da un cenno simbolico cristiano - L’acquasantiera del titolo - emerge dai versi di Nunzio Industria, provvisti di straordinaria ricerca del senso dell’armonia; il tutto gestito da un livello fantastico poetico che filosoficamente potrebbe tradursi nel ribadire la coincidenza del conoscere con l’individuare il motivo delle cose:

Sulla spiaggia m’assolo
e un rombo scuote il cielo
dal suo letto. Una nuvola,
svegliandosi, spegne la luna.
Onde gelide m’increspano
il pensiero - strido smarrito.

Di natura, infatti, liberamente omerica sono la percezione dell’intero e l’esigenza dell’uomo di trovarsi in questa pienezza, unico spazio del significato di sé e delle cose:

Ora un potente faro
straccia il panno nero,
lo zefiro riaccende le mie vene.

Si viaggia dalla terra al cielo, così come, sulla scia di una via utopica, nello scudo di Achille dell’VIII Libro dell’Iliade riaffiora l’energico quid di una poetica dove «vi fece la terra, il cielo e il mare, / l’infaticabile sole e la luna piena, / e tutti quanti i segni che incoronano il cielo». E prendono vita suggestioni dantesche tra «gallerie di sogni», varcando «due Colonne»: ora, «un mito affiora nella rete», e Ulisse, nel suo ”folle volo” ai confini del mondo, ha i versi di Nunzio Industria:

in balia dei flutti
navigo l’ignoto del mio tempo
breve.

Infine risuona, attualizzata, l’eco del pensiero di Talete di Mileto, fautore della cosalità umana o ultraterrena quali derivazioni multiple dell’elemento “acqua” in quanto principio di vita nonché causa del tutto, forza vitale, quindi anima o materia vivente. Da parte sua, Industria scrive:

Culla la mia veglia
una ninna nanna - liquido canto.

Perché, dunque, coltivare nell’animo un monologo di paure, cercare di evitare la «balìa dei flutti» navigando «l’ignoto dei mio tempo / breve»? Se volessimo fare a meno dello strumento ontologico e della chiave sentimentale della poesia, saremmo comunque costretti a vivere in qualche modo risolvendo empasses e controversie: della vita, della fine estrema, del vero-falso, del dovere, della felicità, del destino. Dovremmo in ogni caso affrontarle, superarle praticamente con decisioni acquisite, atti compiuti, opinioni, credenze che la norma diffusa, l’esperienza e magari i casi dell’esistenza suggeriscono di tanto in tanto.
Allora, cosa varrebbe rinunciare allo strumento della mediazione poetica? A chiunque è consentito distrarsi da simili problemi, benché persino nelle più insignificanti occupazioni o vicende essi siano talvolta presenti e, di frequente, procedano con le loro domande inquietanti, le quali non permettono di essere ignorate:
                    
Vento m’ingolfa oltre la rada
arruffandomi le ali,
l’anima un monologo
di paure.

Si potrebbe, ad esempio, riporre un ideale privilegiato nel denaro e nel benessere, ma dinanzi alla morte, o al nostro dolore privato, o di una persona amata, siamo costretti a riconoscere come qualcosa sfugga. Che cosa? La risposta appare complessa, ma una poetica vicina all’uomo come quella di Nunzio Industria può risiedere accanto a noi più di quanto potremmo esserlo al massimo della volontà, poiché un simile genere di ποίησις si intreccia con angosce e impegni quotidiani.
Non esisterebbero intelaiature logico-intuitive e formali della ποιητική τέχνη (peraltro raffinatissime ne L’acquasantiera) se prima non sussistesse il dilemma di ciò che siamo o dobbiamo essere, l’interrogativo sulla nostra sorte nel mondo tra la collettività: il tutto, per il nostro autore, in attesa di una sorta di benedizione che significhi per il destinatario del messaggio chiarire se stesso allo scopo di scrutare a occhi aperti il proprio fato. Così, verso la conclusione, leggiamo:

L’onda m’infrange
sfiorandomi un profumo
di perle iridescenti,
l’acquasantiera della Terra
mi benedice
e io mi sento di nuovo in pace.

Ma dove? Come? In una distesa d’acqua affine a quella di cui parlava Talete, principio liquido di un senso globale, identificata con il divino:

Quieta, eleva la marea
spingendomi alla riva,
io un delfino e canto - del mare.

L’oggetto della quiete è uno strumento, un ideale, un obiettivo al quale non ricorriamo per bisogno esteriore o per esclusiva, personale necessità: al contrario, l’uomo per primo è intento ad analizzarlo discernendo in esso un’area chiarificatrice, liberatrice dal buio inibitorio. Nella poetica profondamente umanista di Nunzio Industria, tale entità assume lo status di un dovere per l’individuo: incarna l’obbligo di considerare a occhi aperti la propria natura, a condizione di non vivere da animali, soggetti agli impulsi del momento e agli eventi del caso.
Ammoniva l’Ulisse dantesco - il quale aveva osato superare le Colonne d’Ercole, giungendo in vista della montagna del Paradiso Terrestre - nel Canto XXVI dell’Inferno: «fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir virtute e canoscenza».

Cinzia Baldazzi 






14 commenti:

  1. Ad una prima lettura della lirica si percepisce un sottile filo che avvicina l'autore ai grandi classici . Molte immagini richiamano alcuni passi dell' Iliade.Con l' attenta analisi ,la dottoressa Cinzia Baldazzi fa emergere una profonda somiglianza e la stessa poetica tra l'autore i classici a cui si ispira.U n parallelismo attento e di grande effetto.

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  2. La scrittrice e critico letterario Dr.Baldazzi, con acume e animo sensibile, nell'esprimere l'animo del Poeta, evoca a ben, mio dire, pro, versi di epica memoria. Ne nasce un afflato poetico che sorge a ridestare la purezza dell'uomo, fattosi simbosi..Con la natura..Canta una anima in tutto con l'Essenza...

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    1. Grazie, proprio vero. È un tutto concentrato sull'Essenza!

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  3. I richiami alla classicità omerica e dantesca sono evidenti, come da te posto in evidenza. Ma in nuce si possono vedere richiami alla quadripartizione cosmogonica empedoclea della natura. L'acqua è l'elemento dominante della composizione di Industria, ed è il contenitore di tutta la sua poetica. Ma il "vento m’ingolfa oltre la rada arruffandomi le ali, l’anima un monologo di paure: in balia dei flutti navigo l’ignoto del mio tempo breve" è l'aria del respiro della vita. Inoltre "l’acquasantiera della Terra mi benedice e io mi sento di nuovo in pace.", facendo intendere che è sulla terra che i quattro elementi affondano le loro rizomata (radici). Infine Zeus, il dio della luce celeste "un potente faro che straccia il panno nero, lo zefiro riaccende le mie vene" personifica il fuoco, che anima e pervade quella vita che non avrebbe avuto senso senza quel "folle volo". Grazie, Cinzia. Massimo.

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  4. La poesia mi ha fatto subito fare un collegamento a Ulisse. Ciascuno di noi in un certo senso è un "Ulisse" omerico e dantesco. Bella recensione per una stupenda poesia che è stata premiata a ragione in un concorso. Bravi Nunzio Industria e Cinzia Baldazzi!

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    1. Grazie, Rosanna,e sì, sono d'accordo, un input omerico dantesco può sussistere in ogni poeta, in ogni scrittore.

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  5. Un sentito ringraziamento alla dott.ssa Cinzia Baldazzi per l’accurato, meticoloso, puntuale e dotto scandaglio recensivo-esplorativo del mio tentativo espressivo. Una recensione nella quale mi "ritrovo" soprattutto in quell'essudato meno evidente e incosciente, ovvero non soltanto quell’estratto che attinge al substrato di un sacco archetipico espressivo ma anche quello scaturito dalla individualità rielaborativa “nonostante” il nostro essere parte-collettiva e congiuntamente in bilico tra il reale e il visionario. Ringrazio altresì anche i cortesi autori per i focus altrettanto attenti e meritevoli di spunti auto-riflessivi.

    La multiformità, evidente e metaforica nelle strutture che ci consente la "parola", nelle sue infinite combinazioni astrattive, cognitive ed emotive, in particolare in questo ambito sì “effimero” che contraddistingue il dolente tentativo altrimenti detto “poesia”, l’estrazione di un bozzolo, l’esposizione pubblica di un rifugio intimo, ovvero quella singolare forma di follia sì ribollente che esprimiamo attraverso una confessione laica convertita in versi.

    Confessione che restituisce, inutile e banale anche sottolinearlo, una infinità di specchi e “spin” interpretativi. Ma ove altrettanto coglie, un occhio culturalmente curioso, multiplo e speculativo, in questo caso quello del recensore della mia lirica, anche aspetti sì labili che l'autore, nella sua muta disperazione “munchana” non ha saputo – o talora voluto - estrinsecare. Per paura della pochezza dei propri mezzi e lo sconfinamento nello stucchevole o banale. Oppure, all’opposto, per una follia che non ha i mezzi cui dare sfogo, che brucia la propria anima ma non la carta che vorrebbe impressionare.

    Fiamma della quale ha lasciato magari qualche timido indizio, talora come per un gioco altrettanto timido, il più delle volte per la modesta matita a disposizione, talora dalla punta troppo sottile, talora troppo spessa, da cui il risultato risulta un’ombra malferma sulla carta, a fronte delle feroci pennellate confinate nella sospensione sinaptica-emotiva, deprivate di una eruzione interiore che resta oppressa in uno sfinimento speculativo ma non esaustivo, simbioticamente monco.

    In conclusione, come sempre la ri-lettura attraverso l’occhio terzo critico induce una preziosa retro-azione. Una visione ove taluni spunti interpretativi scavalcano lo stesso autore, restituendo un arcobaleno di moventi oggettivi nella sua ri-lettura di un parto quasi sempre prematuro, bisognoso di ulteriore incubazione, naturalmente a prescindere dall’incompiutezza per certi versi – mi si perdoni il gioco di parole – anche “necessaria” di quel nocciolo relativo inscindibilmente soggettivo altrimenti detto “originale”.

    Grazie quindi per un graditissimo “compito a casa” che in questo momento sento ereditare, allo scopo di acquisire una visione “oltre” quell’io-autore, talora offuscato, talora cavernoso e che mi trova carente nel rapporto tra ciò che rendo e ciò che sento, osservo e respiro.
    E che diversamente vorrei riprodurre, o per meglio dire, saper coniare in termini allo stesso tempo meno elusivi e più “esclusivi”.

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  6. .”Non esisterebbero intelaiature logico-intuitive e formali della ποιητική τέχνη (peraltro raffinatissime ne L’acquasantiera) se prima non sussistesse il dilemma di ciò che siamo o dobbiamo essere, l’interrogativo sulla nostra sorte nel mondo tra la collettività: il tutto, per il nostro autore, in attesa di una sorta di benedizione che significhi per il destinatario del messaggio chiarire se stesso allo scopo di scrutare a occhi aperti il proprio fato.”...

    Buongiorno a te ed a tutti Cinzia,
    esordire con un passo della tua analisi alla bellissima ed immedesimante lirica dell’Autore Nunzio Industria vuole esprimere quanto sia alto il connubio critico-recensivo con l’alto valore qualitativo dell’opera.
    Nella lettura de “L’acquasantiera”, il poeta ci spinge ad una forte immedesimazione coinvolgendoci in tutti quegli elementi storico-filosofici-mitico-teologici che risvegliano “gli studi leggiadri e le sudate carte” di Leopardiana memoria (a te tanto cari), invitandoci ad una forte introspezione assieme a lui. In tutto questo, tu diventi essenziale perché attraverso la vastità della tua conoscenza ci prendi per mano e, come Maestro, ci conduci in un percorso tuo e non solo tuo (molte sono le connessioni ai grandi del passato a cui fai riferimento), per affinare la comprensione ed apprezzare la profondità del pensiero di chi scrive, infatti non passano inosservati i tuoi illuminati riferimenti ad Omero, a Dante ed a Talete di Mileto...
    Ti raggiunga tutta la mia stima ed il personale ringraziamento cara Cinzia, così come mi è d’obbligo rinnovare il plauso a Nunzio Industria.

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    1. Grazie, Carmelo, per aver sottolineato l'importanza del "connubio critico-recensivo con l’alto valore qualitativo dell’opera". Si tratta, infatti, di condividere una delle tematiche fondamentali della mia metodologia critica. E, come osservi tu, non solo mia, ma di tanti altri testimoni del passato.
      Grazie ancora, anche da parte dell'autore.

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  7. Al di là dell'ottima poesia di Nunzio Industria, la lettura critica della Dott.ssa Cinzia Baldazzi, appare in tutto il suo splendore. Ci riporta alla mitologia Grecia, in una visione perfettamente in linea con l'Iliade, arricchendo la poesia stessa con erudite citazioni (Ulisse, Talete, Mileto), in simbiosi con l'Opera di Dante, evidenziando pure i Canti. Omero e Dante, mai citati nella lirica, sono i fili conduttori che appaiono prepotentemente in modo subliminale sulla poetica.

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    1. Grazie, Sergio, per aver condiviso i fili conduttori da me rintracciati nella poesia di Nunzio Industria.

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