Marian
Ross – Controvento - Rodaviva Edizioni
Recensione di Franco Donatini
Controvento è un romanzo che potremmo definire
storico per la presenza e l’interazione con la storia dei fatti narrati e allo
stesso un avvincente racconto d’amore. Le autrici si celano dietro lo
pseudonimo Marian Ross che deriva dalla combinazione dei loro nomi. Un modo
elegante di stigmatizzare il ruolo tipico dello scrittore che nel romanzo
storico è quello di assumere un atteggiamento discreto e non invasivo nella
accurata narrazione dei fatti. Una scelta, già adottata nel libro serial,
L’amica geniale, che ha avuto di recente notorietà e successo di pubblico, in
cui l’autore o l’autrice, che non abbiamo il piacere di conoscere, si cela
sotto il nome d’arte Elena Ferrante.
C’è una ragione in questo, che non è quella di
ingannare il lettore, ma bensì, di ribadire un ruolo quasi defilato del
narratore e di accentuare quello della storia che fa da contesto alla vicenda. Detto
questo, i personaggi assumono nel corso del testo una personalità sempre più
definita e pregnante che si svincola progressivamente dal contesto storico, per
assumere caratteri di comportamento, talora in contrasto con la realtà che li
circonda, in una sorta di percorso controvento, evocato dal titolo del romanzo.
La loro caratterizzazione si esplica mediante
sequenze riflessive, ma è soprattutto attraverso le lettere che si realizza un
approfondimento delle dinamiche interiori che determinano gli snodi più
significativi della trama. Un escamotage efficacie, che consente di rapportare
il contesto storico alla interiorizzazione fatta dai personaggi, dando al
romanzo un connotato epistolare.
La forte focalizzazione sui personaggi non esclude
tuttavia l’intervento dello scrittore, che di tanto in tanto ne commenta la
psicologia e ne anticipa l’evoluzione in maniera seppur sfumata.
La vicenda si svolge su un arco temporale di
quasi mezzo secolo, tre generazioni di una famiglia dalla seconda guerra
mondiale agli anni ‘80 del secolo scorso, in un contesto spaziale che si
estende dall’Italia, all’Europa e all’Argentina. I capostipiti della famiglia,
Andrea e Magda, ambedue di religione ebraica, si spostano da Milano in
Argentina per le opportunità di successo economico che offre questo paese, una
scelta che molti Italiani hanno fatto in questo periodo. Il successo sperato
arride alla famiglia, ma i rapporti al loro interno si complicano e si
articolano in una serie di scontri generazionali con i figli e i nipoti. Il
successo economico si scontra con gli ideali di giustizia sociale dei giovani e
si assiste a un progressivo sgretolamento dell’unità della famiglia.
La nipote Stella assume man mano il ruolo di
protagonista del romanzo, interpretando con il comportamento il contesto storico
in cui vive. Sono gli anni settanta durante i quali la rivoluzione del ’68 si
evolve verso forme più estreme di lotta, in cui lei, tornata in Italia, si
trova coinvolta. La prospettiva politica della seconda metà degli anni settanta
è profondamente diversa dalla visione di modernizzazione sociale, politica e
culturale del ’68, che ho vissuto e partecipato direttamente. Il movimento del
’77 teorizza non il rinnovamento ma l’abbattimento del sistema, il rifiuto del
lavoro, introducendo termini come esproprio e spesa proletaria attraverso
assalti ai supermercati e bollando come nemici da eliminare la sinistra
democratica e il sindacato. Come scrisse a suo tempo il Time il ’77 è stato il
rasoio che ha separato per sempre il passato dal presente. Una fase storica
irreversibile, che si avverte profondamente nella narrazione e della quale
Stella è il riflesso e allo stesso tempo la vittima. Diviene compagna di un
giovane estremista, abbandona la religione ebraica e sceglie l’ateismo. Il
riflusso degli anni ’80, consentirà a Stella di evolversi, maturare una nuova
visione della vita e trovare alla fine la sua strada. L’amore è l’elemento
determinante di questa trasformazione, che consentirà, in maniera seppur
parziale, il recupero del rapporto con la famiglia.
Nel romanzo si avverte l’approccio di
ispirazione manzoniana, per cui la storia determina in maniera essenziale le
vicende personali, e anche la convinta consapevolezza che per la ricostruzione
del processo storico non si possa che partire dalla vita delle persone comuni,
che è di fatto il perno su cui si basa il romanzo storico.
La storia è protagonista, ma allo tempo le
categorie universali, che sono l’amore, la famiglia, l’amicizia, la fede
religiosa, sono gli elementi che muovono e danno significato alla vicenda umana
nella sua complessità ed eterogeneità.
Insomma un’interazione, o più precisamente
un’identificazione tra storia e umanità che caratterizza questo romanzo
rendendolo contemporaneamente interessante, commovente e soprattutto
intrigante.
Questo romanzo è una vera sorpresa. L'intreccio è avvincente e lo spazio dedicato alle vicende storiche non rimpicciolisce i protagonisti, anzi ne fa risaltare la personalità e l'originalità. Si alternano parti in cui l'ambiente è descritto con pennellate vivaci, e parti in cui tutto è sfumato e avvolto dal silenzio. I personaggi sono indimenticabili, persino quelli secondari, come la vecchia "nodriza" india o l'avvocato geniale e generoso. La narrazione cattura sin dall'inizio: l'ho letto tutto d'un fiato!
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