Gian Piero Stefanoni, collaboratore di Lèucade |
Juana Rosa Pita, La grazia nel tempo (edizione bilingue italo-spagnola).
Deslinde Edzioni, Madrid, 2021.
Abbiamo già avuto modo di parlare della
poesia e della figura di Juana Rosa Pita, poetessa, traduttrice, editrice
cubana da tempo residente negli Stati Uniti piacevolmente intrisi di una
scrittura nella grazia di un dialogo tra culture diverse ma quasi
complementari, quasi allo specchio, quella ispanoamericana d'origine e quella
europea (avendo vissuto tra l'altro per alcuni anni anche in Spagna),
l'italiana soprattutto nello sguardo di propulsione della sua arte. Il tutto
entro una fede nella vita da quella apertura di grazia e di tempo, nel tempo
allora a proposito del titolo qui presentato, che le viene da una fede più
alta, da quel Dio d'amore rivelato nel Cristo nel pieno affidamento a quella
partitura a noi sconosciuta ma che il mistero nella sua musica proprio tramite
noi interpreta. Discernimento, ancora, anche come da omonimo testo a pagina
quarantacinque, in un "abbandonarsi a Dio,/alla sua pietà,/per essere
protetti/ dall'arbitrio del mondo" che non va a chiudere ma splendidamente
ad aprire nella intensità di una rivelazione che le viene dall'accompagnamento,
dalla sua pronuncia in una parola sospesa tra gesto ed evocazione, e per questo
libera, e dinamica anche alle intime sconfessioni di se stessa. Di noi stessi
diremmo in quella bellezza che è il vero motore a cui - per cultura abbiamo
detto, e per indole- la poesia della
Pita tende, a cui il suo mondo, nel mondo tende avvertendone tutta la
possibilità di riemersione di ogni vita al suo"nido di luce" nella
preservazione trasfusa in preghiera di una creazione che nel suo divenire
mutante anche di noi abbisogna. Ed allora non a caso da questa soglia, da
questa grazia nel tempo che ci comprehende e salva, il volume va ad aprirsi con
l'omaggio sgomento in tre brani dedicati alla Vergine nel tema principe
dell'Annunciazione risonante da altrettanti capolavori di Leonardo e Antonello
da Messina. "Arca di una nuova alleanza" entro una scrittura netta,
sicura, rispondente come il sì di Maria da cui poi tutto il fiume di rivelazione
va a scoprirsi. Così la Pita, cui tutto ritorna come in una bambina che sa
d'ogni cosa l'eco e il bisogno, saldamente legata al discorso mitico del mondo
pure sa risolversi nell'intimità di una cartografia che nel dialogo tra interiorità
del paesaggio e invito degli spazi finisce col divinarsi nell'intreccio
sapiente dei suoi riferimenti qui nella collimazione del tanka negli ottantuno
movimenti che vanno infine a definire il testo. Il tanka dunque, composizione poetica di origine
giapponese nata il V° secolo d.c., di cinque versi (dai primi tre usati come
poesia a sé tra nascendo tra l'altro l'haiku), come paradigma di una fonologica
rappresentazione e conoscenza del mondo data nella collimazione armonica di un
tempo ancora in origine, e per questo fedele nell'esatta quadratura dei suoi
elementi, delle sue sillabe abilmente riportate dalla Pita al dialogo con la
visione più occidentale, propria delle sue riflessioni, nella riprova di
raffinate per noi allora disposizioni alla terra. "Dono
fragile", il cui dolore, le cui
aspirazioni sono come raccolte in un canto che del cosmo e del piccolo si fa
immenso pensiero, volo come d'uccello a cercare in alto d'ognuno la salvezza, nella
pienezza di un senso che viene dal
romper le uova in alto. "Approfondire/estendendosi al certo/fondo divino:/il sangue
che circola,/sconfinato, d'Iddio", questa dal tanka settantatre l'impronta
di una ricerca a rompere il velo, o per meglio dire quel vizio del moderno a "dire
che niente è reale:/vuota parvenza". Giacché "pur vola la farfalla/e
la vede chi vive" nella lezione di una poesia che come "miglior
balma:/velando armi ed anime,/al drago dà la morte". A partire da questo
allora, da un sapere umilmente iscritto in tutta quella soglia a cui è
chiamato, consigliamo la lettura di versi come angelicamente rivelati da un
sogno:" Mi pronuncio nel cerchio/ di chiunque custodisca".
Molto efficace Gian Piero caro, il tuo affresco dell'Opera di Juana Rosa Pita, che esplica la sua grazia pluriculturale in verticalità. Il misticismo vissuto in senso profondo, autentico sembra il protagonista di questo testo bi-lingue, tant'è che concludi la superba esegesi asserendo: "A partire da questo allora, da un sapere umilmente iscritto in tutta quella soglia a cui è chiamato, consigliamo la lettura di versi come angelicamente rivelati da un sogno". Abbiamo bisogno del coraggio dei sogni, Amico mio, e tu sai porgere quello dell'Autrice con una 'grazia' che si fonde con la sua. Ti ringrazio e ti abbraccio.
RispondiEliminaGrazie amica cara, Maria, un abbraccio a te
RispondiElimina