IL
VENTO UNA DONNA E IL MARE
(UNA
POESIA E UN RACCONTO)
1
MAESTRALE
Si
adira la sera sotto il Maestrale
E come
forza bruta mi sospinge il vento
Attratto
forse dai colori del foulard
Gaio
scompiglio anima il lungomare…
Sull’onda
che s’impenna
L’abbraccio
del vento
Appassionato
e forte cambia voce
Da
Ponente canta da tenore
E
scherza
I rami
contorce delle Tamerici
Inaridite
dal sole e dal sale
Sparge
e disperde le nubi
Nel
cielo che varia…
Tutto
in lui si annulla
Nell’ora
che passa
2
UNA
GIORNATA
E’
l’alba. La stanza rumorosa e buia. Fuori corre una via a lastre di pietra,
percorsa dai veicoli con rumore assordante.
Le
luci dei lampioni, leggermente colorate, mandano riflessi sul soffitto, dove la
notte annega tutte le sue ore.
Apre
gli occhi, la donna senza età che chiameremo Vera, vede il soffitto alto,
distante, estraneo, sente il letto comodo,
ampio,
disposto nella direzione giusta. In quel letto ha dormito bene, senza sogni,
senza incubi, senza memoria.
E
questo è il punto. Vera ha la sensazione che tutto il luogo abbia un suo potere
speciale, un fascino enigmatico che ancora
non sa
dire, ma che da subito ha colto non solo nella casa, ma nelle strade e tra la
gente.
“Il
fascino del silenzio”, conclude tra sé, felice di aver dato un nome ad una
sensazione che un po’ la turba e un po’ la
incuriosisce.
L’abbracciano come cosa di loro appartenenza i vani della casa, la camera da
letto nel rumore che la anima
giorno
e notte le dà sicurezza, come una presenza amica a farle compagnia. E il
silenzio le parla, a intervalli: - Resta qui –
le
dice.
Vera è
tentata di rispondere, ma non lo fa. Il suo io è ancora in lotta con se stesso,
è l’altro, che ha sempre una risposta
per tutto.
Si
alza. Segue il rito consueto del caffè che consola da ogni vaniloquio. Tre
biscotti, secondo consuetudine, poi ecco il sole
che si
affaccia dal tetto a illuminare il tavolo e le sedie del giardino.
Un
angolo di pace, pensa, e non si accorge che la sua è una risposta al silenzio.
La
pianta del ginepro cresciuta alta per cercare il cielo, i gerani giganti, ora
senza fiori ma verdissimi e folti, di origine
selvatica,
il basilico lì, in attesa di essere colto…: è uno spicchio di terra amica. Vera
la sente, quella amicizia naturale; la
sua
mente riposa. Finalmente la donna non pensa ad altro che a se stessa. Si veste
con cura, ma senza affettazione; sa
che il
portoncino verde del giardino ha una piccola chiave che chiude tutto e da tutti
isola, ma è facile uscire sulla strada…
E
subito i colori pastello della facciata delle case sono lì, a guardia di quel
lenzuolo azzurro che si apre in fondo alla discesa.
Mare,
barche, velieri, traghetti: traghetti? Vera sussulta. Le è parso di vedere
laggiù, sul molo, una improbabile figura
avvolta
in un lembo di cielo, che vola e va…
Ha
un’intuizione, una fantasia che subito scompare, come quella visione.
Intanto
una piacevole smemoratezza l’accompagna verso il lungomare. C’è ancora aria di
vacanza, tutti i negozi aperti con
gli
articoli esposto fuori, sui marciapiedi, belle ragazze in pantaloncini e t-shirt
calate sulla spalla, gommoni in attesa di
gitanti
per le isole dell’arcipelago, due pescherecci cabinati, allegramente azzurri…
Sole,
sole e mare.
Vera
tutto guarda, e vive. Senza un pensiero.
Nemmeno si accorge che per la prima volta il suo eterno referente l’ha
lasciata.
Non lo pensa, dunque non c’è.
La
giornata scorre da sé, e da sé verrà buio su quello scenario di ogni giorno che
si rinnova, senza che qualcuno si
preoccupi
di organizzarlo. All’improvviso tutta la sua smemoratezza viene meno, una forza
bruta la spinge alle spalle,
passa oltre
strattonando i rami delle tamerici che hanno il tronco contorto da altre
battaglie, si tuffa nel mare con voce
di
sibilo, e crea l’onda…il mare si arriccia, il cielo si oscura, le nubi corrono
all’infinito.
Vera
si avvolge il foulard intorno al collo, un gesto abituale, fatto quasi
meccanicamente, un gesto che nasce da una
riflessione,
che al momento però non arriva. Ora non pensa alle sue limitazioni, il
referente che non manca mai di
ricordarglielo
è assente. Dove si nasconde il grande nemico?
Un
crepuscolo ancora incerto sollecita l’accensione dei lampioni, le finestre
delle abitazioni sono tutte illuminate. Più
avanti
un locale estivo inoltra l’invito a una serata anni settanta.
Si
anima il lungomare prima deserto, si ode un richiamo sgraziato e subito la voce
di una ragazza risponde allo stesso
modo.
L’attenzione
di Vera è improvvisamente desta, si desta il suo senso critico; in
quell’istante le echeggia dentro una
memoria
lontana: musica, parole, risate…eco di gioventù.
Un
impedimento nel passo la costringe a fermarsi. C’è una bitta lì presso, sul
molo, vi si appoggia mentre una folata di
vento
più forte le scioglie il foulard dal collo. Il velo fa resistenza contro il
corpo, ma il vento insiste, lo strappa via e se lo
porta
come un trofeo.
Vera
non fa un movimento, resta come ipnotizzata a fissare i colori del suo foulard
che si confondono nel crepuscolo.
Ora,
quella donna che abbiamo definito “senza età”, ha riconosciuto nell’attimo la
presenza del tempo, tornato alla fine
di una
giornata di libertà.
Edda Conte
Seme mio adorato, dalla tua Sardegna giunge un doppio messaggio di rara luminosità. L'Isola risveglia la tua vena di acquarellista. La poesia, che è affresco, specchio fedele della libertà della natura e dei venti, che regolano i tuoi giorni sardi, ammalia e permette di entrare in altra dimensione. Oserei dire: "La donna e il mare". La fusione della tua anima con "I rami delle tamerici", con le nubi che navigano nel campo del cielo, con gli elementi che danno senso al termine Poesia. E di lirismo è intriso anche l'intero racconto, autobiografico, pervaso di realismo magico, nel quale adotti l'espediente di rendere il foulard velo di Maya.Il maestrale trascinando, come aquilone, la sciarpa di seta, libera l'anima di ogni vincolo, le restituisce il senso di appartenenza, di identità. Due capolavori, mio Lillà lontano fisicamente e sempre più vicino. Due testimonianze di libertà e di sguardo volto al futuro. Vorrei essere lì e tenerti per mano... Ti stringo lo stesso e rendo l'abbraccio circolare per coinvolgere il nostro Nume Tutelare!
RispondiEliminaMio adorato Seme d'Amore, la Sardegna risveglia la tua vena di acquarellista. La poesia che è affresco e specchio fedele della libertà della natura e dei venti, che regolano i giorni sull'Isola, ammalia e permette di entrare in altra dimensione. Oserei dire: "La donna e il mare"... e guarda caso tu hai intitolato la pagina "Il vento, la donna e il mare". Si assorbe la fusione della tua anima di luce con "i rami delle tamerici", con le nubi che navigano nel campo del cielo, con gli elementi che danno senso al termine Poesia. Il racconto, che rappresenta un ideale seguito dei versi, ricorre, ancora una volta, al realismo magico, è autobiografico, e in esso adotti l'espediente di usare il foulard come velo di Maya. Quando la sciarpa 'si scioglie dal collo' e vola come aquilone trovi il senso di appartenenza, l'identità. Vorrei essere lì e tenerti per mano...
RispondiEliminaGrazie di tanto dono, mio Lillà. Non lasciare La Maddalena se fa tanto bene al tuo cuore! Io ti adoro, ti tengo stretta e allargo l'abbraccio al Nume Tutelare che di Isole se ne intende!
Tento per la terza volta di postare il commento:
RispondiEliminaMio adorato Seme d'Amore, la Sardegna risveglia la tua vena di acquarellista. Quest'affresco che è specchio fedele della libertà della natura e dei venti, che regolano i giorni sull'Isola, ammalia e permette di entrare in altra dimensione. Oserei dire: "La donna e il mare". E tu hai intitolato la pagina " Il vento una donna e il mare". Si percepisce la fusione della tua anima di luce con "i rami delle tamerici", con le nubi che navigano nel campo del cielo, con gli elementi che danno senso alla vita e al termine Poesia. Il racconto che fa seguito alla lirica è una sorta di continuum. Attingi ancora una volta al realismo magico e, distillando linfa dalla poesia, narri la storia di Edda. Il foulard diviene il velo di Maya. Quando 'il vento insiste e lo strappa via', lasciando che voli come aquilone,ti riappropri della tua essenza, ritrovi l'identità. Vorrei essere lì e tenerti per mano... Non lasciare La Maddalena che è nutrimento per il tuo spirito. Ti stringo e allargo la stretta al Nume Tutelare che di Isole se ne intende molto bene...
Omne trinum...
RispondiEliminaGrazie 'Marghe'! In questo caso tre volte gradito il tuo commento.Ringrazio anche la pazienza e la ormai comprovata gentilezza del Nostro Capitano,inchinandomi altresi alla sua grande costanza .
Un abbraccio di stima e affetto a entrambi ,amici veri e preziosi.
Edda.
Omne trinum...
RispondiEliminaGrazie 'Marghe'! In questo caso tre volte gradito il tuo commento.Ringrazio anche la pazienza e la ormai comprovata gentilezza del Nostro Capitano,inchinandomi altresi alla sua grande costanza .
Un abbraccio di stima e affetto a entrambi ,amici veri e preziosi.
Edda.
Edda Conte in questo dittico lirico-narrativo conferma suo estroso approccio ai misteri della Natura e degli esseri viventi (tutti inclusi) che affrontano il flusso universale e tentano di interpretarlo.
RispondiEliminaDal vento (Maestrale) tratteggiato con modalità non solo linguistica, ma anche direi pittorica alla "giornata" di una donna senza tempo e desiderosa di libertà esistenziale si configura la mosaicità creatrice dell'artista.
Il vento vive e si umanizza, scherza, gioca, visualizza, spinge, scarica, abbraccia, canta...
È un "essere totale" che confonde ogni altra presenza non teme il passare del tempo.
Ma neppure la "giornata" di Vera l'artista teme; si articola anzi provvidenzialmente in piccoli episodi/dettaglio che contorcono sensazioni e stati d'animo sino al lirismo del "fascinoso silenzio", vero amico di sempre e custode di mille umori, pensieri, desideri.
La Natura nella sua bellezza segue il suo corso costante di nascita, sviluppo, morte e le piante (amore assoluto di Edda) si protagonizzano (ginepri, gerani, basilico nel giardino fatato) circondano spazi di emozioni senza memorie (spazi di spicchi di cielo, di lampioni, di pietre, di soffitti e stanze... di fascinosi misteri).
La visione si amplifica coinvolgendo il borgo l'isola tutta, senza mai dimenticare il micro/dettaglio che crea la differenza specialistica compositoria.
Ed ecco i colori dominanti, tra barche, traghetti, negozi aperti in un'intuizione metafisica di smemoratezza imprevista.
Tuttavia l'ineludibilità dello scorrere temporale non demorde: tende alla riflessione meditata per sconfinare nel timore occultato.
È il crepuscolare avvento del fluire dopo una giornata di luce, di allegria comparata (Vera tutto guarda e vive) che l'artista sa interpretare ad alto livello narrativo/lirico.
Quindi un "dittico" unitario e degno della massima attenzione ispiratrice che Edda ricompone cosa per cosa, soggetto per tale, sentimento per passione, stato d'animo per "concessione" lirica al futuribile da scoprirsi in un giorno totalmente breve.
Ringrazio l'amico Marco dei Ferrari per questo bel commento che puntualizza con accuratezza e precisione i miei due scritti.
RispondiEliminaEdda Conte