giovedì 18 dicembre 2014

N. PARDINI SU "SALVATORE QUASIMODO... POESIE GIOVANILI"


Salvatore Quasimodo…
“Ombra e sogno”
Poesie giovanili

Una plaquette, quella che ci troviamo di fronte curata dal Alessandro Quasimodo e da Vittorio Del Piano e editata dalle Edizioni Atelier MediterraneArtePura, Taranto, 2010, che riunisce in tre sezioni (Alucce, Atomi,  Chiaroscuri) le poesie giovanili di Salvatore Quasimodo. Come afferma il figlio Alessandro nella prefazione del testo: “Tra le attività a cui mi sono dedicato negli ultimi anni, una mi regala particolari soddisfazioni: il riordino, l’analisi e (talvolta) la pubblicazione del materiale che riguarda l’intera produzione di mio padre.
Si tratta di poesie inedite, carteggi, saggi o interventi….”.    
Trovarsi di fronte a composizioni di ispirazione giovanile di un tale poeta, intanto, è motivo di forte emozione per uno che biascica poesia da anni. Poi, naturalmente, di urgente sollecitazione razionale ed esegetica a far tesoro dei subbugli emotivi, affiancandoli nello scoprire fino a che punto questo cantore in nuce abbia a che vedere con il poeta delle grandi questioni umane, politiche e sociali, o semplicemente esistenziali degli anni a venire.
Quello, per intenderci, di Acque e terre, dove stilemi e contaminazioni liriche mallarmeane, convivono sia a livello contenutistico che formale con reminescenze leopardiane, pascoliane o dannunziane. E dove un saldo equilibrio creativo fra dire e sentire la fa da  padrone, facendosi esempio esplicito (Vento a Tindari) de ”La poetica della parola” (“e segrete sillabe nutro”) che avvicinerà Quasimodo alla esperienza di un esasperato ermetismo con la ricerca attenta del verbo e dei suoi nessi,  motivo principale della sua poetica e di una  metaforicità voluta e cercata, che non andrà mai a scapito, comunque, di quella liricità pura che lo ispira; anche se questa assillante aspirazione ad andare oltre il termine si affievolirà in Giorno dopo giorno, in cui l’esperienza della guerra sarà motivo valido a fargli rivedere il ripiegamento solipsistico  o il mito di purezza formale che lo aveva antecedentemente caratterizzato (Alle fronde dei salici, Milano agosto 1943).  Ma non è certo questo il luogo adatto per scandagliare tutta  l’evoluzione tematico-formale del Nostro attraverso le sue opere; semmai, è  quello di ricavare l’assioma definitivo della finalità della sua arte: la poesia come espletamento di una missione etico-sociale; l’uomo visto nei suoi attributi spirituali di creatore di civiltà che si evince dal discorso sulla poesia: “Oggi, dopo due guerre, nelle quali l’eroe è diventato un numero sterminato di morti, l’impegno del poeta è ancora più grave, perché deve rifare l’uomo…  questo è il problema capitale, questo l’impegno”.
Insomma, per tornare a noi e all’analisi comparativa di queste prime esperienze giovanili, direi che  ben poco c’è del futuro scrittore. Vi leggerei semmai  un impeto incontrollato ed emotivamente acceso di un giovane Autore che sente l’urgente bisogno di confessare tutto il suo patema giovanile in maniera effusiva; priva del linguismo di quegli argini stilistici a frenarne le esondazioni che caratterizzerà la  poetica de La terra impareggiabile, ad esempio, o La  vita non è sogno, o ancora Il falso e vero verde, che si porteranno dietro l’echeggiare di quell’urlo nero di Giorno dopo giorno. Lo fa senza  condizionamenti alcuni, con versi semplici e liricamente liberi, anche se vi si può riconoscere qualche impennata e qualche guizzo etimo-fonico o iperbolico che sottintendono già quella insoddisfazione per un dire senza pointes cospirative. Ma si dovesse misurare il risultato poetico di queste prime poesie con quello di intonazione epica in endecasillabi di continuata musicalità espressiva; con quello che si fa timbro di un respiro creativo che traduce in immagini di rude vigore biblico gli impulsi dell’humanitas quasimodiana, ben poco vi si troverebbe di comune. Credo, quindi, che  abbiano, senz’altro, un grande valore storico- letterario in quanto documenti per studiosi. E che vadano considerate come opere a sé per quello che valgono e per quello che non. Una cosa è certa: per come io intendo la poesia, queste composizioni hanno un pregio: sanno arrivare con empatia e generosità comunicativa, impiegando analogie, metafore, e accorgimenti panici con tale semplicità verbale da farne apprezzare l’insieme. In qualche piéces anche per l’uso di un endecasillabo che già preannuncia, anche se in maniera piuttosto vaga, la predisposizione del Nostro per questa misura espressiva.      

Nazario Pardini


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