martedì 23 dicembre 2014

N. PARDINI: LETTURA DI "TRE SILLOGI DI L. MARTINIELLO"








Luisa Martiniello: La rondine sul filo
Editrice Ferraro. Napoli. 1998. Pg. 88
Luisa Martiniello: La casa del sole
Editrice Ferraro. Napoli. 2003. Pg. 144
Luisa Martiniello: Il verso della vita
Editrice Ferraro. Napoli. 2009. Pg. 88



Grande sorpresa questa mattina (13/12): tre sillogi di Luisa Martiniello editate per i tipi di Ferraro Editrice, Napoli. Libri ben fatti, di elegante presenza, per copertina, carta, impaginazione, composizione. Ed è importante il primo impatto con un testo. Fa da prodromico invito a sfogliarne le pagine, a individuarne i lemmi, le costruzioni verbali, i guizzi emotivi; a farci immergere, alfine, con grande partecipazione, nella totalità dei ritmi per assaporarne la caratura estetica e non solo. E mi piace iniziare da una citazione testuale per evidenziarne un aspetto non secondario nel percorso poematico: “convivio di morte/ oggi a mensa si brinda di egoismi,/ ancora protervi sparvieri/ di stragi ecologiche…" (Vento e fuoco). Una poesia d’impegno, un rancore, un risentimento di forte acrimonia per uno stato di cose; ma anche un procedere con animo e cuore rivolti ad una Bellezza di cui l’uomo dovrebbe essere cosciente; dovrebbe tener conto per la sua stessa sopravvivenza;  una Bellezza che viene sempre più martoriata da una società senza scrupoli, né principi etici. Dove Eolo e Vulcano sogghignano e giocano ai dadi una tunica di sabbia giallastra probabile cadavere del creato.  E quello che da subito salta agli occhi è lo spirito di una Poetessa disposta a creare dicotomie, contrasti fra ciò che è male e ciò che è bene, fra ciò che è buono e ciò che è cattivo, dacché è proprio dallo scandalo delle contraddizioni che nasce l’input di una satira mordace e generosa di memoria pariniana. Per questo si ricorre ad un panismo di grande urgenza emotiva, di sensibile resa visiva. Ad una natura rievocata nella sua purezza con immagini eternamente eterne nella loro palingenetica rinascita; a una natura riportata a vita da un sentire, che, non di rado, si fa malinconia; gioco di tempi in cui a dominare il tutto c’era proprio essa, la madre più antica, coi suoi interventi ora zeppi di pulcritudini ora di malanni, perché, appunto, col suo insegnamento potesse incidere sulla vicenda degli uomini; li potesse preparare agli eventi; potesse loro trasmettere la preziosità dell’oro dell’alba, dell’aria linda, del profumo di terra, della clessidra dei tramonti, e della genuinità dei suoi frutti; ma anche quella delle piogge, delle gelate come avversità naturali che temprano animo e carattere. Eppure l’arrivismo, la speculazione, il sopravvento della materia sullo spirito, l’omologazione stessa, e l’azzeramento di una vicinanza stretta fra gli uomini, hanno creato un falso progresso. Privo di quel sacrosanto principio galileiano secondo cui “E’ tale solo e soltanto se va a vantaggio dell’umanità”. E’ qui che i due poli sprizzano diatribe di grande resa narratologica. Da un lato una pittura di virgiliana memoria, dove albe, rondini, passeri in minuetti di danze, e nidi ancora tiepidi,  esaltano un quadro di cromie e sonorità di effetto georgico che potrebbe porsi come momento incipitario con valore eponimo:  “Sotto il doppiomento della grondaia/ sostano le rondini sul filo/ nella linea marcata di scrittura/ - neretto in pagina del cielo -. Le rondini sul filo, il titolo della silloge. E Disegno di facciata quello della poesia iniziale. Dall’altro lato  Affluenti vesuviani, dove “I vicoli come braccia morte/ confluiscono in piazza/  come soldati a fazzoletti./ Qui si fugge ai primi dondolii/ come passeri dai fili tesi/ sul seminato”; o Fiaba domestica, dove “Rivendico cuore di nonne/ che celebra la poesia delle culle. /…/ Il nostro batte/ nella borsa della spesa/ nell’angolo di scaffali a scrivanie/ nelle penose ore d’ufficio/…/ spesso destinate al ripasso dei conti”; o Parsimonia, dove “Signore,/ chi ignora la carità/ come un cane respinge la frusta del rimorso,/ sprofonda la testa  nella ciotola,/ distoglie lo sguardo dalla febbre altrui,/ non riconosce diritti di gola”; o Alieni, dove “Nessuna donna si riconosce/ nel nome di diritto: “mamma”;  o Il mago della pioggia, dove “Nel seno il vomito del progresso/ raccoglie detriti a reliquia. / Sulle sponde confuse/ cartelli di veleno segnalano/ tracce topografiche.”. Lo spartito è complesso, come è complesso l’animo della Poetessa: la summa di un’intera vita con tutti gli abbrivi di polisemica significanza: la memoria, l’inquietudine del vivere, la speranza, l’illusione, la delusione, la tristezza, diluiti in pièces i cui versi si donano con euritmica sonorità alla cristallizzazione degli stati emotivi. Una ricerca attenta e meditata dell’architettura verbale; dell’impiego di nèssi  iperbolici che vanno oltre l’uso della tradizionale stesura  morfosintattica, dacché la parola è un limite, nella sua entità, nei confronti delle espansioni creative; dacché l’animo tende a ben oltre i significati, in cerca di significanti che lo conducano alla Poesia, a quella parte di noi che più si avvicina all’irraggiungibile. E il tutto in un realismo lirico di grande configurazione ontologica; di arrivanti latebre di intensità epigrammatica che volgono non di rado in parènesi di polimorfica metaforicità:

Sulle corde della speranza
         mi aggrappo all’arcobaleno
         che ogni sera ci unisce
         guancia contro guancia,
         occhi negli occhi,
         alito nell’alito
sul muro del tempo,
fingendo morsi dolci al tuo e mio mento.

Avremo, figlio,
         un nido tutto nostro
         per il prossimo inverno.
         Vivo di sole (Sul filo del telefono),

e in cui un canto d’amore e di lontananza raggiunge cifre di tale intensità lirica da sottrarre la bellezza agli annichilenti artigli del tempo.
“La poesia è connaturata all’umanità: il vero poeta assimila e trasfigura, lo scriba si limita a copiare”, affermava Eliot. Ed è quello che fa la Nostra con la sua visione dell’Arte; per cui la Poesia è sentimento, rielaborazione, realtà tuffata nell’anima e di essa nutrita, è fuga dell’essere verso una natura disponibile ad accompagnarlo negli ambiti più segreti; ed è ritorno; ritorno all’esistere a che l’anima stessa lo possa trasferire sul foglio intinto dei suoi abbrivi vitali; o di una memoria, anche, che, mai fanciulla, si sporca d’esperienza:

ora che rughe profonde
segnano il corso del pensiero
rammento chi giace
                            sotto
                            le pietre
 - tappeto di frutti immaturi
   sulla guancia della terra –

(…)

Ma non c’è candore
                            nella mente
                            nella morte
                            nell’inverno.
La memoria, mai fanciulla,
si sporca d’esperienza (Ricordi adulti),

dove vita e morte, memoria e realtà si compenetrano in una dialettica che tanto sa d’inquietudine esistenziale.
Un memoriale, che, sempre presente, viene accolto da versi di urgente duttilità e di euritmica fattura, anche nella silloge, Il verso della vita, dove malinconie, senso di appartenenza, meditazioni, forza attrattiva delle proprie radici, pensieri sull’essere e l’esistere, e sulle aporie del mondo, si alternano con naturalezza ora col repêchage di lontane emozioni:

Dalla vecchia camicia
di cotone
striscioline di pezza
tagliavi e annodavi 
ai ciuffi dei miei capelli
perché una bambola coi ricci
comparissi la mattina (Nonna);

ora con la coscienza della precarietà del tempo e del luogo che induce la Nostra ad un redde rationem di somme e sottrazioni:

Ora che siamo agli anta
ci guardiamo dall’orlo
del precipizio.
(…)
Facciamo somme e sottrazioni
ma i conti non tornano.
Troppo abbiamo dato, poco ricevuto,
tanto sofferto, poco goduto (Ora che siamo agli anta).

Una malinconia che s’insinua nel sottofondo dell’opera facendosi terriccio fertile per la crescita di fiori di poesia in cui Luisa grida ai quattro venti l’amore totale, plurale per la sua terra. Per le salde radici ad un suolo, che inducono, anche, a interrogativi, inquietudini, e questioni vicissitudinali sui perché dell’esistere; dove versi brevi, liberi e apodittici, testimoniano una urgente necessità di confessione:

Per quanto
ancora
avrò il piacere
di guardarti
con occhi innamorati
dall’alto
della  mia bassezza
(…)
Mi palpiti dentro
sei nei miei pensieri
Rifammi erba
tra i tuoi capezzoli di sasso
refrigerio di fresca linfa (Per quanto).

Palpiti umani, che richiamano alla nostra condizione di fragilità e che ci impongono riflessioni di memoria pascaliana, per cui l’uomo “C’est un milieu entre rien e tout”. Quel tutto che la Poetessa sa trovare ne La casa del sole, in un ricordo che si fa realtà, tanto è forte in Lei; un ricordo di cui va in cerca come riposo edenico, e come amore oblativo, perché è là che corre, è là che la sua anima vola per ripescare volti, abitudini e presenze incancellabili; sapori di vita; attaccamenti che traducono le malinconie in immagini ritrovate:

La casa del vento narra
di mia madre al telaio
del pettirosso saltellante.

         Un corredo di preghiere
         accompagna i ricami
        
         l’appuntamento d’ottobre
         trasmigra dalla frasca
         al dono delle molliche.
         (…)
La casa del sole tramanda
la pazienza sulle carte
il pane
garantito
         dal latino e greco
         di mio padre professore (Storie di speranza).     

Ed è così che mi piace chiudere: con questa citazione ultimativa. Dacché un critico non è mai distaccato dal testo. Fa di un verso una sua vicissitudine; lo tuffa nel suo animo e, emozionato, lo ri-dà alla pagina contaminato della sua sostanza.

Nazario Pardini






2 commenti:

  1. Non conosco, mio malgrado, i testi di cui magistralmente ci parla il Prof. Pardini. Conosco l'autrice, figlia degnissima del grande Pasquale Martiniello, che con immensa passione prosegue l'opera paterna di promozione culturale improntata alla conoscenza e all'amore per il territorio, per le radici. Civiltà è mettere radici. Quanto si sbaglia a credere che questo sia un discorso da nostalgici, da reazionari, un discorso da passatisti!. Niente di più falso. Peculiarità delle radici è di rinnovarsi in continuazione, mentre chi le recide va incontro a morte sicura, non ha scampo. Dalle poesie e dal commento che qui leggo comprendo la matrice civile da cui l'autrice è animata, l'esortazione ai sani principi etici, il senso di appartenenza alla grande Madre che ci ospita e ci nutre, da noi ripagata purtroppo con un egoismo che non ha uguali.
    Franco Campegiani

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  2. Luisa Martiniello
    Il verso della vita

    La bella frase idiomatica “il verso della vita” è usata dall’Autrice come titolo del libro non soltanto per dare pregnanza di significato al fluire di eventi che riempiono la sua vita e il suo “cuore di poeta”, quanto per imprimere al titolo stesso una accezione metaforica che rimanda al verso poetico. Perché, in fondo, tutta la nostra vita, è poesia. Ogni componimento contenuto in questo testo si presta ad una doppia lettura: una immediata, l’altra interpretativa. Entrambe, nel loro insieme, rivelano il forte messaggio che l’Autrice vuol trasmettere al lettore. Lo stile asciutto e ricco di significati reconditi aiuta a trovare il doppio binario su cui si snoda tutto il libro, sapientemente disseminato di metafore e rimandi. La totale assenza (o quasi) di punteggiatura è, essa stessa, momento di pausa e di “intra-visione” per l’attento lettore.
    Confucio diceva: “Per il saggio la sostanza è tutto. A cosa servono le rifiniture? Le rifiniture sono sostanza e la sostanza sono le rifiniture”. Dalla lettura degli scritti della Martiniello si evince una forte personalità pratica e concreta che si può definire sicuramente “sostanziale” nel senso dato da Confucio a questo termine. Le tematiche trattate sono vaste e complesse: l’ampio spettro spazia dal sociale all’intimista. Se pure poste in ordine sparso, le poesie della Martiniello danno un quadro chiaro del suo pathos. In nessun caso - sia che si guardi ai versi intimisti, sia che si guardi agli enigmatici frammenti -, l’Autrice cambia registro di stile, donando facilità di lettura.
    Luisa Martiniello difende fortemente gli ideali per i quali i nostri avi hanno combattuto. Sebbene sembri estremizzare, in ultima analisi, l’Autrice difende la vita, la libertà così duramente conquistata. Ella si presenta, dunque, come una donna tutta d’un pezzo, ricca di valori umani. Con la sensibilità propria di chi fa poesia, resta attenta ai fatti di cronaca additando il male che, purtroppo, colpisce soprattutto i giovani di oggi (Ritorna il tempo, p. 47).
    Vi è poi una Martiniello che mette a nudo il suo intimo, i suoi pensieri più nascosti; costei squarcia il velo sulla sua vita di donna e di madre. In alcuni testi poetici sono presenti frammenti della sua personalità, parte degli eventi della sua vita e la schiettezza del vivere quotidiano. L’Autrice non fa mistero di trovarsi a combattere contro le sue stesse paure (Ogni cambio di stagione, p. 36). La poetessa non si risparmia neppure di pensare al momento del proprio trapasso. Immagina quell’istante e ci dona il suo testamento spirituale : l’arte poetica. Solo la Poesia, infatti, oltrepassa la persona, supera il tempo e lo spazio e dona ristoro alle anime in perenne ricerca (Se dovessi, p. 48). All’attento lettore non sfuggirà che “sostanza del discorso” non significa assenza di Dio: una velata ma profonda religiosità, infatti, permea tutta la raccolta. Dai versi traspare la mai assopita ricerca di Dio che passa anche attraverso il significato delle piccole cose (materiali e non). Una ricerca di Dio che è rousseauniana e hobbesoniana insieme : questa, infatti, partendo dallo spirito, si sposta sulla investigazione della materia per scomporla, rimescolarla, riunirla, per poi tornare all’immateriale, arricchita di senso nuovo (In questo tormentato momento, p. 64). La ricerca di Dio si trasforma in acuta sofferenza per approdare, infine, alla riva della preghiera che raggiunge persone vicine o lontane, si immerge in frangenti di dolore geograficamente o temporalmente distanti, ma sempre al centro del pensiero e del cuore della Martiniello. E’ in questo quadro che trova sicuramente collocazione l’inclinazione dell’Autrice a sognare un mondo dove la cultura sia leva per la pace e il riscatto di tutti i popoli (Nel verso, p. 31).
    Giocando, infine, sulla metafora interpretativa suggerita dal titolo della sua raccolta poetica, si potrebbe definire la poetessa Luisa Martiniello come “colei che ha trovato il modo di dare alla vita il suo verso”.
    Filomena FURNO

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