domenica 14 dicembre 2014

N. PARDINI SU "POETA" DI UMBERTO CERIO

Nota critica
a
Umberto Cerio: Poeta

La poesia è corpo, mistero, forza emotiva, guizzo verbale, decantazione, fuga con l’animo zeppo di terra, di vita, di sogno, d’amore e dolore; rievocazione di voci che calde ti ri-chiamano a tempi, a giorni, momenti, a luoghi d’incontri che pesano dentro se fatti ricordi; è nostalgia per cose non dette e non fatte; per cose scadute che ti guardano in faccia e ti chiedon perché del bene e del male, di assenze, e ritorni, di sponde e di spiagge che prima reggevano acque tranquille ed ora si rompono a piene esondanti; ma soprattutto è immagine, repêchage da pozzi colmi di fatti e figure, di idoli e miti, di storie e culture vissute lontano accanto a una donna, ad un cielo al tramonto che dopo un lungo riposo ri-tornano a vita sfumate da un cuore che freme.
Non certo una cruda realtà senza capo né fine. E Cerio, uomo di un vasto sapere, di un animo ampio da tenerlo e covarlo, che per anni ha bevuto alla fonte di miti e poemi, ci dona Poseidoni e Ninfe, Bellerofonti e Chimere, Odissei e Fedre, Medee e Antigoni, vestiti di abiti annosi e sdruciti dal tempo; ma abiti forti, preziosi, che reggono a piogge e bufere; impolpati di amori, e colori che le stagioni si portano dietro per ornare quei miti che sanno di vita. Qui è Cerio. E’ nel canto epico del suo esistere. E’ nella forza lirica del suo canto. E’ nella sonorità eufonica del suo endecasillabo. E’ in queste immagini intrise di dèi che tornano nuovi. Poeticamente generosi. Qui è la Poesia: è in quella piena di affetti che cercano l’ora di dirsi sul foglio. E Cerio la lascia libera la sua anima, a “assaporare l’aria che respira nei tuoi occhi/ e vivere il salpare di velieri/  verso l’ignoto d’albe/ col salmastro dall’onda sollevato/ nel mare del mostro di Poseidone…”; sì, la lascia libera, purché ritorni sapida di “Sole/ quando giunge la notte del naufragio”. 

Nazario Pardini

       
                                                            
Poeta
  
     Poeta è saper leggere i giri                           
della luna, ascoltare                             
il sottile fremito degli astri,               
il viaggio segreto delle comete.               
Senza il timore del loro passaggio.        
                                                                      
     Poeta è assaporare                                 
l’aria che respira nei tuoi occhi                        
e vivere il salpare di velieri                     
verso l’ignoto d’albe                                                  
col salmastro dall’onda sollevato          
nel mare del mostro di Poseidone         
che spaura d’Ippolito i cavalli.                

     Fu lì, fu lì che amai, tra sogno e fuoco,
ed amo ancora Ninfe e Numi avversi,
aggrovigliati nembi e azzurri densi,
l’urlo della bufera,
archi di soli e giri di pianeti
su mari tempestosi o placati
dal sonno di Eolo
in solitaria attesa dell’Aurora.

     Poeta è ascoltare
il sogno doloroso dell’anima
ferita, il tremito dell’erosione
che sfalda certezze della ragione.
E giungere al fondo di ogni fuga.

     E poi cercare il verbo
che urli, che penetri nell’anima
buia, lontano dalle nostre Parche,
che del giorno riaccenda la scintilla,
che plachi degli oceani la rabbia.
Verbo che parole non confonda.

     E’ sapere il fuoco
delle stelle, l’esplodere degli astri,
è sapere la morte di Chimera
col fuso piombo di Bellerofonte,
la furia oscura delle tempeste,
la vanità del cielo e della terra,
l’atroce sgomento degli abissi.

     Il poeta canta Itaca petrosa,
Penelope e la sua trepida attesa
ed il ritorno di Odisseo, lo strano
amore di Stenebea, di Fedra,
la folle gelosia di Medea
e di Antigone il dramma straziante.

     Il poeta ama il vento forte
che dal buio riporta nella luce,
l’ansia segreta della verità.
Libero come il vento
ed il lieve frecciare del ramarro,
la danza aperta delle libellule
sulle anse dei fiumi
e nuvole che vagano nel cuore.

     E canta il volo e il tuffo del gabbiano
e come airone in alto
insegue i sogni nel mattino
se Icaro si sente nell’azzurro
e vive la caduta
con l’urlo disperato dello schianto.

     Ma il poeta è nel Sole
quando giunge la notte del naufragio.  

Umberto Cerio



2 commenti:

  1. So, ormai da tempo, quanto la tua lettura e ancor di più la tua esegesi, siano capaci di cogliere nel segno, nel cuore di un testo e nel cuore del suo autore. So che la tua lettura riguarda anche gli spazi bianchi, tra verso e verso, tra parola e parola, come so che il tuo dire penetra gli spazi e giunge fino al centro più profondo di un testo. Senza pause e senza esitazione, e ogni parola e ogni pensiero che aggiungi è sempre nuovo ma sempre gravido di significati primordiali, che vengono dal tempo dei tempi, dal tempo dei miti, appunto, che sono i tempi delle verità interiore. Questa volte, se possibile, hai passato anche questi segni e sei entrato nel mio animo, catturando i miei pensieri e le parole nascoste, nel segreto di ogni comunicazione, fino alla più vera e profonda commozione. Grazie, Nazario, ed poco dirti questo, ma non ci sono parole.

    Umberto Cerio

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    1. Grazie, amico, per i tuoi loquaci apprezzamenti. Ma ciò che ha suggerito il mio spontaneo "sfogo" critico è la tua maestosa POESIA. Un canto che trascina alla verità degli uomini, alla realtà del mito, rendendole sempre fresche ed attuali.
      Nazario

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