lunedì 1 dicembre 2014

VALERIA SEROFILLI SU "PUNTO DI FUGA" DI MARCO MAGGI

Nota di lettura di Valeria Serofilli a “Punto di fuga” (puntoacapo Editrice 2014) di Marco Maggi


Il Punto di fuga, a cui fa riferimento il titolo della recente pubblicazione di Maggi, è un punto ottico, un orientamento prospettico, una serie di coordinate visive. Ma è anche e forse soprattutto, un modo di guardare il mondo, un atteggiamento mentale.
Maggi utilizza un linguaggio ricco di vocaboli ariosi, di impronta classica. Già questo è un modo per porsi a distanza, per uscire dalle traiettorie dirette ed immediate. Non per fuggire, però. O, almeno, non solo. L'autore pare volersi decentrare per guardare meglio, o per osservare in modo più accurato, meno convulso. A questo scopo i ritmi e le cadenze classiche a cui si è fatto cenno risultano adeguati e funzionali.
L’autore osserva soprattutto un'addolorata malinconia. Ma con un atteggiamento mai lacerato e contrito, bensì con una schietta volontà di documentazione. Come un medico che osserva un sintomo, senza garantire panacee ma senza arrendersi a sentenze definitive e letali.
La speranza tuttavia, in modo adeguato e coerente, non è mai predicata o dimostrata in modo diretto. È un'immagine descritta in modo quasi documentario, un fotogramma colto mentre si entra in un locale affollato o mentre si fugge via dal medesimo ambiente, dando un'ultima occhiata panoramica. Come nella poesia dedicata al “Fast food”, nel cui finale la speranza, amara ma tenace, è forse il barbone che entra per rubare un po' di caldo e di coca cola:
                                                                 (…)
Ognuno biascica per proprio conto,
i bimbi ed i grandi,
(…)
Si è tutti più soli
anche se in tanti:
lo sa bene quel barbone,
vicino alla porta,
entrato a carpirne un po’ di caldo
ed un sorso di coca.

È una poesia, quella di questo libro, basata su ambivalenze e consapevolezze di contrasti.
Emblematica in quest'ottica è la poesia “Sguardi” di pagina 20. Vorremmo fermare le tracce dei nostri sguardi, arrestarle, imprimerle su un foglio. Ma non riconosciamo il nostro pensiero. "Ed è questa l'evasione/ dalla nostra condanna", conclude Maggi.

“Ci osserviamo tra noi
e gli sguardi lasciano tracce
come impronte digitali
sullo specchio dei nostri volti.
Vorremmo arrestarli,
trattenerli sul tampone d’inchiostro,
per imprimerli su un foglio
ma non riconosciamo il pensiero
Ed è questa l’evasione
dalla nostra condanna.”

Una poesia aspra, quella racchiusa in questo libro, sincera, aliena a facili compromessi. Indaga sul rapporto tra verità e menzogna, senso e assenza di senso. Tramite la ricerca di un punto di fuga che è allo stesso tempo mirato alla difesa delle parti sensibili del corpo e della mente, e, sul fronte opposto, allo studio attento, presente, oggettivo, del materiale umano, i dati esistenti, la realtà,  con la poesia come sfondo, come meta.
                                                                                                 Valeria Serofilli



Marco G. Maggi è nato il 16 Novembre 1968 a Tortona, ma vive da sempre nel paese di Castelnuovo Scrivia, in provincia di Alessandria. Ha iniziato a scrivere precocemente abbandonando poi la letteratura per dedicarsi completamente alla sua attività lavorativa. Dalla primavera 2013 ha ricominciato a seguire con passione la poesia. Suoi testi sono state pubblicate in varie antologie di concorsi letterari. Tra i riconoscimenti più significativi è stato tra i vincitori  del “I premio nazionale letteratura italiana LCE” 2013 della  Laura Capone Ed. con la poesia “Panni stesi”; ha ricevuto la segnalazione del Premio “Hombres Itinerante IX Edizione” e la menzione d’onore per il Premio “Val di Magra Roberto Micheloni XXVII Edizione”.
Scrive sul sito letterario dell’ Associazione culturale "La Recherche" di Roma.



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