EDDA PELLEGRINICONTE:
LA RISACCA E I GIORNI DELLE NEGAZIONI.
EDIZIONI HELICON. AREZZO. 2018
Edda Pellegrini Conte, collaboratrice di Lèucade |
Scrivere
sulla poesia di Edda Conte è come provare
il piacere di una piuma che ti accarezza, è come avviare uno scambio di
visioni esistenziali che inquieta per i dubbi e le incertezze sul fatto di
esistere. Ho avuto l’onore di leggere gran parte della sua produzione narrativa e poetica, e non è azzardato dire
che i suoi versi respirano aria di campagna e di città, di isola e di marina,
di casa e di speranza; ne respirano i tratti salienti, le cromatiche e simboliche
allusioni, per farne corpo di una
filosofia che tanto parla della vita e delle sue vicissitudini. Il naturismo
psicologico, antropico, fa parte della vitalità espressiva della Nostra. Sembra
che Ella sguinzagli l’anima per i campi, per i boschi, per gli anfratti, le
strade dei vicoli, ne rapisca i profumi, le immagini più care per legarle in iuncturae sinestetico-visive,
in metaforici guizzi semantici, a beneficio di una versificazione reificante incertezze
e abbandoni. Tutto è legato ad un mondo di solitudini e di miraggi; ad una sostanziosa
forza emotiva che ne fa una scrittrice personale e soggettivamente incisiva.
Senz’altro non appartiene alla schiera di scrittori che ha fatto e continua a
fare della riforma prosastica del verso il baluardo della loro scrittura;
piuttosto a quella di poeti che attraverso le memorie e gli impatti emozionali
e reali esemplifica la portata della loro epigrammatica vicenda. I “canti” sono
l’espansione di stati d’animo ora immeditati e estemporanei, ora frutto di una
sedimentazione lunga e travagliata. Per dare l’idea della sua poetica basterebbe
pensare al mare; all’annullamento dell’esistere nella sua infinità: è in quella
estensione che Edda tende a sperdersi; è là che naviga alla ricerca di un porto
a cui approdare, di un’isola su cui trovare una felicità ambita e sognata ma
difficilmente raggiungibile. Si può veramente dire che alla base del suo
progetto c’è questa propulsione, questa spinta, questa tensione all’oltre, al
di là delle magagne della vita mortale. La versificazione è armonica, sempre
pronta ed agile, sempre disponibile a
farsi lucentezza; punto luce da prendere come cuore della sua malinconia. Anche
le tristezze non sono mai invasive, mai eccessive da tramutare il percorso
poematico in decadente saudade. Tutto è duttile ed energico; tutto direzionato
a raffigurare un’anima ricca di input umani; di messaggi che fanno della vita una
poesia, e della poesia la vita. E quello che più coinvolge e che è difficile
riscontrare nella poesia moderna è l’equilibrio, la compattezza, la fusione fra
dire e sentire: un amalgama fra sonorità ed emozioni; un melologo, un’ecfrasi fra
il verbo e il monumento del poièin. E anche quando tenta percorsi innovativi attraverso
stilemi di ricerca; arditi e sofferti propositi di sperimentazione, lascia
sempre una traccia, un sentiero tramite cui ritrovare la sua originale ontologia.
A proposito già ebbi a scrivere sulla silloge intitolata Negazioni: “... Tutto fa parte di un mondo lasciato alla dialettica
delle cose; a geometrie sconnesse in vista di un ordine nel disordine. Edda
Conte è alla ricerca di strade nuove che la possano far uscire illesa da un’isola
che ormai ha dipinta e narrata con bucolici ricami; è così che dagli azzardi ad
orizzonti lontani torna a meditare sul correre del tempo e le tante negazioni.
Lo stile è nuovo e rivoluzionario; abbandona le armonie dalla classica positura
per una geometria sintattica
frammentata, lasciata in sospeso, “disordinata”, dove il metro rispetta
le ambasce, affidandosi ad emistichi che tendono a staccarsi dalla struttura
compositiva per una libertà alla quale l’Autrice aspira nel tentativo di
sottrarsi alle aporie della quotidianità....”. Sì, tutto questo, ma la Conte,
pur nel tentativo di rinnovarsi, lascia
sempre il segno, il copyright del suo DNA: panismo, realismo lirico, euritmica
intrusione formale, simbolismo meditativo, aspirazione all’oltre, creatività e
vita, vita, vita. Questa meravigliosa esperienza umana e disumana che ci prende
e ci lascia, che ci consola e ci sconsola, che ci illude e disillude, che ci
porta con il suo carro di meraviglie a spasso per sentieri ora soleggiati, ora
brumosi, ora tempestosi, ed ora lunghi e senza uscita, a cul-de-sac, per dirci
del mistero che nasconde nelle sue grinfie, e della imperscrutabilità del
prosieguo. Questa è la poetica della Conte; è realistica, immaginifica,
saggiamente esplicativa, romanticamente esplosiva, ma soprattutto umana. Di una
umanità fatta di sogni e di risvegli improvvisi; di grandi abnegazioni che
spesso la vita stessa ci impone durante il suo tragitto. E la poetessa sa tradurre queste sottrazioni
in poemi di alta levatura estetica, affidando all’energia della parola il compito di rappresentarla.
Nazario
Pardini
Ringrazio di cuore il grande amico Nazario Pardini che ancora una volta impreziosisce con le sue parole il mio scritto.
RispondiEliminaChe la sua prefazione sia di buon augurio alla mia poesia !
Edda Conte