giovedì 4 novembre 2021

ANTONIO CATALFAMO: "PASOLINI, UN GRANDE INTELLETTUALE LUCIDO E DISARMATO"

Pasolini, un grande intellettuale lucido e disarmato

Un saggio di Antonio Catalfamo ricostruisce l’opera complessiva dello Scrittore senza pregiudizi, mostrandone doti profetiche e limiti

 

Fino ad oggi molti hanno affrontato Pasolini senza riuscire a liberarsi dal desiderio di esprimere giudizi spesso frutto di convinzioni aprioristiche. Antonio Catalfamo, invece, procede analiticamente ad un esame obiettivo delle opere dello Scrittore fuori da ogni schema preconcetto, con l’unico intento di comprenderne il valore e di collocarne le opere all’interno del tempo in cui sono maturate, facendo risaltare, in tal modo, tutti gli aspetti di una personalità complessa, senza tacerne le più intime contraddizioni.

Inizialmente, lo Studioso dà un rilevante spazio al periodo giovanile vissuto da Pasolini in Friuli, ricco di esperienze umane e di prove letterarie, che influenzeranno tutta la sua attività intellettuale, evidenziando una «Corrispondenza biunivoca» uomo-territorio, visto l’attivo interesse alla cultura e al dialetto delle classi subalterne friulane. Rifacendosi a questo patrimonio culturale, Pasolini usa il dialetto nelle sue prime raccolte poetiche, arricchendole con la componente razionale e storica. Il dolore “«esistenziale»” individuale, che vi emerge, si trasforma in protesta sociale con la denuncia dello sfruttamento dei contadini poveri. Non mancano contraddizioni in questa poesia, che però, a livello storico-sociale, trova continuità ne Il sogno di una cosa, il suo primo romanzo, in cui fa risaltare la delusione per un dopoguerra diverso da come l’avevano immaginato i combattenti per la liberazione dal nazi-fascismo. Già ora, nelle opere in poesia e in prosa – nota Catalfamo – il “pedagogismo erotico” caratterizza nell’insieme “l’universo umano e letterario” di Pasolini.

Il trasferimento a Roma nel 1949 lo porta a mitizzare il mondo del sottoproletariato delle borgate, chiuso e impenetrabile a quello esterno, un “«torbido inferno»”, con caratteristiche “«secolari»”, astoriche. Il primo frutto di questo incontro è Ragazzi di vita, in cui è presente un linguaggio “artificioso”, spesso poco comprensibile, che rappresenta passo indietro rispetto a Il sogno di una cosa. In Una vita violenta, invece, emergono delle novità: il recupero della “dimensione storica”, che mette in rilievo l’evoluzione del sottoproletariato grazie all’azione del P.C.I., il ridimensionamento dell’irrazionale ed un linguaggio meno “«bercio»”.

Analizzando Le ceneri di Gramsci, Catalfamo si sofferma sul rapporto dello Scrittore col Politico sardo, il cui dramma gli permette di riflettere su di sé. Pasolini,“prigioniero della «storia»”, dà vita a una “poesia di idee”, ma è incapace di proporre alternative che gli permettano “di uscire dall’isolamento dell’uomo dall’uomo”. La sua crisi, perciò, non è solo privata, ma di “un’intera generazione”. Certo, la lettura di Gramsci è per lui “benefica”, ma la convinzione che il mondo contadino sia immune dall’“«omologazione»” alla cultura borghese pone Pasolini in contrasto con la linea politica del P.C.I. Invece, l’idea del carattere classista della lingua lo mette “sulla scia di Gramsci”, col cui pensiero, però, ha un “rapporto contraddittorio”. Nell’insieme, però, quella del Pensatore sardo è stata una “lezione inascoltata” – come recita il sottotitolo –, in quanto Pasolini, non ha considerato il popolo “come soggetto di trasformazione sociale, di cambiamento radicale della società in senso egualitario”, ma, pur condannando il presente, non ha creduto in un futuro diverso, da realizzare con “la lotta politica organizzata”. La “vera filosofia poetica” porta Pasolini porta ad una “soluzione esclusivamente letteraria alla crisi”, non a quella politica perseguita da Gramsci, del quale, però, eredita la “visione «nazional-popolare» della realtà italiana”, denunciando – suo grande merito – il «genocidio» “delle classi subalterne e della loro autonomia culturale” senza trovare soluzioni politico-ideologiche. I molti nemici incontrati, fra cui la Chiesa cattolica, condannata duramente nella raccolta La religione del mio tempo, ne hanno determinato la morte, che, da “buon decadente”, lo Scrittore ha cercato, vivendo “in funzione di essa”. Catalfamo, mostra come le successive raccolte poetiche testimoniano una svolta, per la prevalenza di “componenti irrazionalistiche”, di estetismo e della “progressiva sostituzione della poesia alla realtà”, ma anche l’approfondimento inerente la propria diversità e lo scontro fra il pubblico e il privato, che vi prevale.

Un’approfondita analisi Catalfamo riserva alla produzione cinematografica di Pasolini, che ritiene autonoma rispetto alla narrativa e ai romanzi romani, ma che aiuta a seguire l’evoluzione della sua ideologia. Dai film iniziali, esploranti la periferia romana, a quelli proiettati nel passato e agli ultimi ambientati nel corrotto mondo borghese, Pasolini si è progressivamente allontanato dalla speranza del cambiamento, assistendo, con un sempre più assoluto senso di impotenza, alla distruzione sociale e umana, a cui corrisponde quella sua personale, “nonché la morte della «poesia» e dell’arte”. La sua esistenza ormai diventa impossibile in una società fortemente odiata, che lui non è più in grado di combattere neppure “sul piano artistico e letterario”.

Una condanna senza appello della realtà italiana degli Anni Sessanta e Settanta emerge dagli scritti pubblicati su giornali e riviste. Pasolini diviene “intellettuale di punta della cultura italiana”: i suoi articoli sono recepiti in larghi strati sociali e danno fastidio al potere, mentre il P.C.I. diviene punto di riferimento per molti cittadini, anche non comunisti. Egli dà vita “a un nuovo giornalismo polemico”, progressivo e innovatore, pur coi limiti della sua visione idealistica, senza sbocchi concreti. Nonostante ciò, le classi dominanti temono la diffusione del suo pensiero critico. Con la “tesi del «genocidio» della cultura delle classi subalterne” da parte di quelle dominanti (1974), Pasolini riprende il giovanile ruolo “«pedagogico»”, fornendo esempi – TV, pubblicità – di ciò che condiziona il modo di pensare, di parlare e di agire delle masse, sottomessa alla logica del consumo, con cui il sistema capitalista impedisce il loro progresso culturale. Solo il P.C.I. può  essere la guida alla lotta per fare coincidere «sviluppo» e «progresso». Pasolini evidenzia che è in atto un programma «neo-reazionario» multinazionale e non più nazionale come quello fascista. La logica consumistica “«edonistica»”, secondo lui ha inciso anche nelle battaglie civili, come nel caso delle leggi sul divorzio e sull’aborto, per il quale è contrario . Facendosi prendere dalla sua “«visione apocalittica»”, definisce più pericoloso del“«vecchio»”, passeggero e imposto dalla dittatura, il“«nuovo»” fascismo del consumismo, perché incide in profondità soprattutto sull’animo dei giovani anche se antifascisti, a causa di un Potere che li omologa al modello americano.

Pur accusato da vari intellettuali di sinistra, fino alla sua morte Pasolini considera il P.C.I. l’unica alternativa al sistema capitalista. Quando, infine, arriva a richiedere un “«processo penale»” alla D.C, gli “scritti corsari” non solo assumono un carattere profetico alla luce di quanto avvenuto in Italia negli Anni Novanta con Tangentopoli, ma, forse, sono anche la causa anche del suo assassinio.

Attraverso l’esame puntiglioso e rigoroso dell’opera poetica, narrativa, cinematografica e giornalistica di Pasolini, Catalfamo, quindi, traccia un itinerario che va dal radicamento nella realtà politica, sociale e culturale del Friuli del secondo dopoguerra al nichilismo maturato al cospetto della realtà italiana degli Anni Settanta, che lo Scrittore contesta duramente, senza sapervi opporre, però, un’alternativa operativa.

In un tempo di conclamata crisi della saggistica, il libro di Catalfamo mostra quanto sia necessario oggi in Italia uno studio serio e appassionato, poggiante su una grande chiarezza espositiva, in grado di restituirci obiettivamente l’opera e l’ideologia di chi ha saputo porsi contro il sistema e il qualunquismo, pagando, infine, di persona. Grazie a Catalfamo, si può parlare, perciò, di un  Pasolini finalmente restituito nella sua integrità artistico-culturale.

Angelo Piemontese

 

 

Antonio Catalfamo  Pasolini «eretico solitario» e la lezione inascoltata di Gramsci, Solfanelli, 2021

Nessun commento:

Posta un commento