venerdì 12 novembre 2021

MARCO DEI FERRARI: "UMANIZZAZIONE DEL COMUNICARE"

Marco dei Ferrari,
collaboratore di Lèucade

 

"UMANIZZAZIONE" del "COMUNICARE"

(1° parte)

La comunicazione è l'essenza di ogni comportamento (individuale/collettivo), ma è necessario che gli strumenti del comunicare (le parole su tutto) si rapportino nelle modalità più compatibili all'efficacia del risultato. 

In questo contesto, grande importanza hanno le "cose" prodotte, indotte o di base, che assumono una propria configurazione attiva di partecipazione non riscontrata esplicitamente.

L'efficacia del "comunicare" dipende poi dal significato che si attribuisce: Watzlawick la vede così: "Il significato della comunicazione sta nel responso che se ne ottiene e non nelle intenzioni".

La trasmissione di un messaggio da una persona (o cosa) all'altra costituisce la logica interiorità dell'umanizzazione e ne denota la realizzabilità responsabile.

La verifica sta peraltro nelle modalità più opportune di impatto (vedi abbigliamento, postura, gesti, eccetera) che coinvolgono anche la spiritualità del linguaggio applicato agli oggetti (anche silenziosi) di qualsiasi espressione prodotta/produttiva.

La comunicazione oggettuale (silenziosa) trova conferma nella teoria dello psicologo americano Mehrabian che così si esprime: "I nostri messaggi silenziosi possono contraddire o rinforzare quello che diciamo a parole. In entrambi i casi, nella comunicazione essi sono più potenti delle parole che pronunciamo nel Regno delle sensazioni, quando le nostre parole contraddicono i messaggi silenziosi contenuti nelle nostre espressioni del viso, nelle posture che assumiamo, le persone non si fidano di ciò che stiamo dicendo: fanno affidamento quasi completamente su quello che facciamo".

Esiste inoltre un linguaggio segreto del "corpo" molto importante per comprenderci meglio, per relazionarci con le persone di abituale frequentazione ed aiutarci a capire le risposte di ricezione.

Intendendo il "corpo" quale oggetto vivente organico che si umanizza nello sviluppo del "soffio" iniziale (spiritualizzazione) possiamo recepire il pensiero di Paulo Coelho: "Possiamo avere tutti i mezzi di comunicazione del mondo, ma niente, assolutamente niente, sostituisce lo sguardo dell'essere umano".

Ritmo, tono, volume della voce, sono co-essenziali strumenti di attivazione linguistica che favorisce l'attenzione dei ricettori e delle risposte conseguenti.

La qualità dell'organismo corporeo comprende pertanto tutte le modulazioni e variazioni possibili di contatto linguistico (parole) e ne umanizza il contenuto.

G. B. Shaw si esprime in questo pensiero: "Col tono giusto si può dire tutto, col tono sbagliato nulla. L'unica difficoltà consiste nel trovare il tono".

Non si deve dimenticare che le componenti del linguaggio verbale (paraverbali) possono modificare la comprensione di un messaggio sino snaturare ogni significato: tono della voce; ritmo; volume; timbro; pause e silenzi sono parametri variabili che incidono sulle emozionalità suscitate nell'interlocutore e si traducono nell'importanza di ciò che arriva al destinatario.

L'importanza delle parole si misura altresì nel riferimento all'umanizzazione emozionale (una singola parola può cambiare l'intensità di un messaggio) e dal potere di forgiare il nostro destino.

Creare delle immagini mentali; rievocare particolari emozioni a guidare le nostre azioni sono fonti di spiritualità verbale che Freud interpreta quale magìa: "Le parole erano originariamente incantesimi, e la parola ha conservato ancora oggi molto del suo antico potere magico. Con le parole un uomo può rendere felice un altro o spingerlo alla disperazione, con le parole l'insegnante trasmette il suo sapere agli studenti... Le parole suscitano affetti e sono il mezzo generale con cui gli uomini si influenzano reciprocamente".

Il potere magico delle parole assume fondamentale valenza nell'individuare l'esistenza oggettuale, nel valorizzarne la capacità influenzante di presenza, nel trasformarne l'apparente immobilità in essenza vivente di spiritualità connessa o compressa o circoscritta per stato di necessità convivenziale.

Il potere mitico delle presenze multiformali si trasferisce anche nelle magìe linguistiche delle interconnessioni pubbliche e private dove "Le parole possono accendere fuochi nelle menti degli uomini. Le parole possono far uscire lacrime dai cuori più duri" (P. Rothfuss).

Un problema importante da superare è anche quello delle parole negative che creano pericolose pause della nostra evoluzione: l'obiettivo è quello di abbandonare ogni negatività (anche nello spirito) per trasformarla in potenzialità positiva (trasformando il vocabolario per "caricare" l'espressività e chiudere con le emozioni negative con la consapevolezza di poterle cambiare).

La potenzialità positiva può manifestarsi sia nella selezione delle parole (l'inconscio risponde solo all'emozione ed è evocato delle parole che pensi), sia nella visualizzazione delle emozioni (le nuove credenze sono pianificate nell'interno mentale, suscitate dalle emozioni delle parole).

Riprogrammarsi è l'incentivo giusto assimilando le espressioni autopotenzianti e creando conseguenti domande potenzianti (es. come posso dare il meglio situazionale? Come posso migliorare me stesso? Cosa fare per essere al mio meglio adesso? Come comunicare al meglio?...)

Le domande servono per spostare l'attenzione, cambiare stati d'animo, accedere alle risorse personali che attengono la spiritualità diffusa nell'Essere.

A Robbins la sintetizza così: "Domande di qualità producono una vita di qualità".

Fondamentale è poi riconoscere il potere che le parole hanno su chi ci circonda, finalizzato a sostituire i concetti depotenzianti con quelli potenzianti.

"Le parole possono provocare malattie, le parole possono uccidere: perciò i medici saggi stanno molto attenti al mondo in cui comunicano con i loro pazienti" (N. Cousin).

L'organismo di un paziente reagisce molto più positivamente se la diagnosi viene comunicata con un linguaggio che eviti la disperazione o depressione.

Il linguaggio trasformazionale è molto utile anche nel migliorare la comunicazione tra genitori e figli.

"Le parole non si limitano a rappresentare la nostra esperienza, ma spesso la incorniciano, la contestualizzano portando in primo piano certi aspetti e lasciandone altri sullo sfondo" (così R. Dilts).

Su questa premessa si vede la differenza che può fare l'uso di "connettivi" come "ma", "e", "anche se", nella comunicazione.

Reincorniciare le situazioni peraltro significa spostare il "focus" delle persone per offrire una nuova visione della realtà motivante e produttivamente umanizzante (v. rapporto artifex-cose).

Spesso il linguaggio che utilizziamo determina il successo nostro e di chi ci circonda (ovvero dell'artifex e della spiritualità oggettivata nel circondo vivente tra persone e cose/prodotte).

E quando si etichetta qualcosa con una parola, si creano corrispondenti emozionalità che attengono la spiritualità attiva del produrre vivente.

Dice D. Coleman: "Il leader fissa lo standard emozionale del gruppo e in tal modo incide sulle performance delle persone".

Prima occorre comunque eliminare i pensieri superflui, ristrutturare le proprie credenze e sviluppare le proprie potenzialità fino a diventare l'esempio vivente di ciò che si crede e si afferma.

Sosteneva Napoleone: "Le battaglie si vincono per un terzo con le armi e per due terzi con il morale delle truppe".

Solo quando si siano ottenuti risultati probanti nel dialettico rapporto artifex-oggettualità, si può condividere la valenza umanizzante/esponenziale con altri, così da rifluenzarne le conseguenti fasi di esperienza concreta.

Fine prima parte.

Marco dei Ferrari

1 commento:

  1. Questa corposa analisi comportamentale prende di mira la comunicazione nei suoi aspetti più sottili e sensibili, molto più che in quelli vistosi e intellettuali. Marco dice che il linguaggio più efficace è quello silenzioso, corporale (abbigliamento, postura, gesti, eccetera), il quale accompagna le parole contraddicendole oppure rafforzandole. Tale linguaggio è più esplicativo dell'altro, perché ciò che veramente conta non è ciò che diciamo, ma ciò che facciamo. Splendido, in proposito, il pensiero di Paulo Coelho, dall'autore riportato: "Possiamo avere tutti i mezzi di comunicazione del mondo, ma niente, assolutamente niente, sostituisce lo sguardo dell'essere umano". Le parole, ovviamente, sono comunque "magiche" ed efficaci, ma l'efficacia di cui qui si parla è quella della coerenza che nasce e che tende al miglioramento dell'essere umano. Da questo punto di vista è fondamentale e indispensabile "diventare l'esempio vivente di ciò che si crede e si afferma".
    Franco Campegiani

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