mercoledì 17 novembre 2021

CLAUDIO FIORENTINI: "“LA POETICA DI FRANCESCO (MARIA) MECAROLO (1944 - 2020)”

 

Claudio Fiorentini,
collaboratore di Lèucade

I suoi primi anni come poeta lo vedono attivo a Roma insieme a tanti altri che, come lui, davano vita alla scena culturale della città che negli anni sessanta e settanta offriva una vivacità oggi impensabile: cabaret, poesia performativa, dibattito e ricerca di nuove forme di espressione erano l’ordine del giorno delle serate romane, serate da cui scelse di allontanarsi per ritirarsi, subito dopo la pubblicazione del suo primo libro, a vita privata e dedicare tutto il suo tempo allo studio, alla ricerca e alla poesia sperimentale. Risulta difficile pensare che una personalità così esplosiva potesse fare una scelta di tale portata, ma il cammino che aveva intrapreso richiedeva la più totale dedizione e, come lui amava dire, “La poesia è una scelta di vita”, e un invito a

Dimenticare quella stanza

nell’infinita raucedine

della mia penna,

tracciando nuovi gradini.

Correre a stampare furiosi amuleti,

personaggi di un solitario.

E quella zingara

a tagliar le mie lune

a lavar le mie ossa.

 

Francesco (Maria) Mecarolo ha pubblicato 5 libri: “E di altri noi (1984), Ossario indelebile (1986), Autogamia (1992), Σιοπε’ (Silenzio) (2007) e Olofanti testimoni (2010). Le sue composizioni non sono scritte nell’immediatezza, frutto di un’ispirazione momentanea, o forse lo sono, ma l’idea di scrivere “di getto” spesso si discosta dalle esigenze della ricerca del mistero, ricerca che costituisce il pilastro della poetica di Mecarolo, ben descritta in “Il mio male”:

E rilevare l’isterico orrore

dell’unico mortale

nella locanda del Messia,

quando le lacrime dello scandalo

coprirono la miseria

con il sapore d’illusione

arrivando a non aver più nulla,

per poi finire a ricopiar me stesso.

 

La sua poetica, rappresentata in maniera evolutiva in questa antologia, ci mostra un cammino interiore in cui si cerca l’origine del mistero, l’origine del sé, e di conseguenza l’allontanamento da ogni tipo di maschera, slegando il significato dal significante in quanto quest’ultimo è limitato dal contesto storico sociale, quindi non libero da condizionamenti.

 

 Per quei pellegrinaggi macilenti

deposto despota annoiato sveste

cutanee donne e i teschi

e di geodeta il gergo

non più esca intellettiva

o compassi rurali o contorte

ipotenuse canute ma negligenti

i giorni codardi spegneranno

chierici chiusi nell’asilo

perché di morte si dovrà parlare.

 

Per dirla con l’autore “Il sostrato di esperienza umana circa gli archetipi, dissacrato talvolta in reliquia storica, potrebbe indurre a concepire, propriamente nel singolo individuo, una sorta di ‘carriera linguistica’ quasi come semplice frutto di contraddizioni, se non antitesi, invero argomento unificante del genere umano”. Quindi l’educazione linguistica trasforma la parola in qualcosa di personale, la collega a significati privati e l’allontana dal suo ruolo primordiale, che sarebbe quello di collegare a un evento un ente fatto di respiro e di suoni che possa rappresentare quell’evento e non altri.

Ribellarsi da questa educazione linguistica implica, però, liberarsi anche da ogni tipo di condizionamento sociale, per questo la scelta poetica deve essere portata fino in fondo, fino ad accettare che poesia e persona si fondano in un unico stile di vita. Questo spiega il “meta-simbolismo”, movimento poetico fondato da Mecarolo, in cui la qualità contenutistica del messaggio, non dovendo più essere relegata a rappresentazioni rispondenti a esigenze culturali, può trascendere la forma e trasformarsi in inedita sintesi linguistica, frutto di ricerche fonetiche e semiotiche, da cui scaturisce una parola non più sporca di parola.

 Reintegro nel fasto anticamente plumbeo

verso il sottile d’iperbole equilatera

in su lo spiazzo e l’aria

posando oggetto in alto gli astri andasse

un duplice d’assise negabile

il nero amanuense o qualità parziali

in fondo era un racconto

diretto alla coscienza.

 

Possiamo parlare, quindi, di ricerca dell’archetipo attraverso una sperimentazione poetica che invece di proporre simboli o parole, propone versi scolpiti nella roccia del suono e quindi, come dice Natale Antonio Rossi nel suo saggio “La poesia ‘francescana’ di Mecarolo”, “Non sono versi ameni, non è poesia di lettura, piuttosto di interpretazione in recitazione, meglio in drammatizzazione, da leggere in inspirazione.”

 Da cuore a onore il Municipio/fasti e nefasti

contesti contestati di recente organici

il Mentre astuto nel rompersi di sintesi

a leciti colmandosi fino al nove

geloso un dio nel gerlo quando

per denominare al Monte alcuni…

più tardi poi ci fu propizio il giorno


Si tratta, tuttavia, di versi ben strutturati che si sviluppano in una metrica definita, che fanno uso di termini arcaici, oppure di termini costruiti per il verso stesso, e che si susseguono in un alternarsi di corsivi atti a distinguere ricercate cacofonie o a incorniciare versi o termini fuori contesto: nulla lasciato al caso. E quindi, l’assenza quasi totale di punteggiatura e il verso polisemico e policromatico che cambia significato a seconda dell’intonazione o delle spaziature date dall’interpretazione, la poesia diventa una sorta di Mantra da pronunciare mille e più volte fino a trovare l’intonazione giusta, dove la dualità luce-buio, terra-cielo, realtà-ideale, demonio-Dio, accarezza liturgie laiche che avvicinano al canto dell’anima, portando alla luce la spiritualità originaria delle parole e trasformando la via poetica in preghiera libera d’inganni.

Il preciso sdoppiato alla grondaia

d’intesa non ancora ammiccare

per dire ammaculata un trono

predire il fato e andare

 

E infatti, come ben dice Francesco Boriani nella presentazione di Autogamia, “…è in un insieme a-spazio/a-temporale che si ripropone incessantemente il simbolo come portato, ed è nello stesso insieme che la sua comprensione viene riproposta in termini spirituali”.

 

Claudio Fiorentini

Nessun commento:

Posta un commento