venerdì 19 novembre 2021

ERNESTO PEREZ ZUNIGA: "SETTE CAMMINI PER BEATRICE"




Sette cammini per Breatrice, Ernesto Pérez Zuñiga, a cura di Edoardo Franchi (Ensemble editore, 2021)

 

Quando nella prima metà del 1800 Daguerre inventa il dagherrotipo si sconvolge il mondo dell’arte in quanto i pittori non hanno più bisogno di rappresentare la realtà posto che un processo chimico lo fa già bene di suo. È in quel momento che l’arte informale, sebbene in qualche modo fosse già stata preannunciata nel passato, inizia a svilupparsi nella deformazione della realtà che rappresenta e nell’esplorazione di altri cammini espressivi.

Nella poesia succede qualcosa di simile quando arriva l’alfabetizzazione di massa, cioè, nel momento in cui la maggior parte della gente è in grado di leggere, non è più necessario rinchiudere la poesia in un codice compositivo che ne faciliti la memorizzazione. Nella tradizione orale era necessario usare rima e metro affinché il concetto espresso potesse essere memorizzato anche da chi, ed era la quasi totalità delle persone, non sapeva leggere. Un esempio molto interessante è il Corano, i cui versetti sono tutti scritti in metrica. Allora la forma era necessaria, suono e ritmo erano un tutt’uno con il significato che veniva contenuto e trasmesso nella musicalità che lo conteneva.

Altrettanto si poteva dire del simbolo, che conteneva significati molto più grandi, in qualche modo occulti e intimi, e che sgorgavano improvvisi alla visione di quel simbolo che li riassumeva.

Oggi, però, non è più così e la poesia può prendersi molte libertà, può volare in alto e sprofondare nel fango, può ottenere ciò che prima era impossibile e può anche diventare un insieme di parole banale e inutile, tutto questo perché è diventata popolare, si è inserita nella popolazione come mai avrebbe potuto farlo nei secoli passati, grazie all’alfabetizzazione di massa, che rappresenta quello che il dagherrotipo è stato per la pittura: la possibilità di uscire da una gabbia! Nasce quindi il “verso libero”.

Ma attenzione, il verso libero è assai difficile da usare, la libertà del verso non è l’anarchia delle parole, produrre spazzatura con la libertà compositiva è assai facile e saper riconoscere la spazzatura dalla poesia, oltre ad essere opera da titani, è la prima responsabilità dello stesso scrittore.

Questa premessa è necessaria per entrare nella poetica di Ernesto Pérez Zuñiga: la sua opera si caratterizza per quella libertà compositiva estrema dove tutto è consentito aldilà delle apparenze, tranne l’uso erroneo degli strumenti principe della poesia: la parola, il silenzio e il ritmo.

La poesia spagnola ha sofferto di una forte dipendenza dalla tradizione e così, come il ferro battuto delle ringhiere dei balconi coloniali, si è arricciata in adorni assai musicali ma non sempre efficaci, e il simbolo è stato preda della musicalità, non viceversa. Oggi molte nuove voci si sono ribellate a questa tradizione, producendo versi e poesie di grandissimo valore che si avvicinano di più alla musica contemporanea di Schoenberg, Berg e Berio che alle canzoni popolari dei tempi passati.

Per quanto riguarda la poetica di Ernesto Pérez Zuñiga, si direbbe che la componente principale sia nelle immagini, al punto che potremmo definirlo fotografo o pittore, ma sarebbe riduttivo. Vero che alcuni versi dell’autore si potrebbero riassumere in un quadro di Hopper, ma è anche vero che il poeta mette in opera un’autentica rilavorazione del simbolo:

Lì in paradiso

ti perderò.

Guardo i giardini,

roseti di stelle,

ti perderò.

I due presi per mano

durante il deserto,

città luminosa,

neon in festa,

ti perderò.

 

Quindi, immagini come “roseti di stelle” e “i due presi per mano”, acquisiscono il significato di un simbolo (symbolum – contenitore/riassunto di qualcosa), di ciò che prima faceva cadere la gente in ginocchio e che oggi, riattualizzato, riassume il sentire contemporaneo e lo contiene per intero. Attualizzare il simbolo proponendo immagini del quotidiano, questo è uno dei valori dell’opera di Pérez Zuñiga.

Mi abbracciava il suo odore di arance, vestito con la sua rossa vestaglietta cinese, e la sua mano perfetta nella delizia dello spazio nel suo tempo. Lo spazio nel suo tempo. E qui solo una pioggia di grandine.

La profondità del verso che trova, come racconta Del Valle Inclán nei suoi esercizi spirituali, la sacralità nei gesti quotidiani, è una delle chiavi di lettura della raccolta. Certo, si può parlare di Dante e del suo percorso, come giustamente spiega il curatore Edoardo Franchi, ma occorre attualizzare la lettura dei simboli, immergersi nello Spazio contemporaneo e godere delle immagini che sono accessibili a tutti, per trovare in esse qual qualcosa di più. Insomma, Dante e Beatrice sono delle guide, ma lo spazio viene riempito dalle immagini.

I gatti cercano nella sabbia vicino

alla barca arenata.

Guarda il passeggio della mia infanzia

a dicembre.

Dolgono le luci sopra

la notte d’acqua

e mi guardo crescere

 

la profondità dei versi di Pérez Zuñiga si scopre col tempo, occorre leggerlo varie volte, soffermarsi su ogni parola e trasformarla in immagine nella nostra mente per riuscire ad entrare nell’essenza della sua poetica. Personalmente, essendo stato il su primo traduttore in italiano (L’altro lato, Emersioni, 2019), ho avuto il privilegio di affogare nei suoi versi privandomi della guida razionale. Ebbene, le immagini hanno preso il sopravvento e la poesia ha fatto il suo lavoro. Il poeta, quindi, non è solo uno scrittore, ma un mistico che cerca, attraverso i suoi esercizi linguistici e spirituali, un cammino verso la trascendenza.

Esco da questa città per cercare

Il tunnel che va verso il bosco.

Esco da questa città dove abitano

I miei spiriti,

i morti che ho via via accumulato,

e gli altri che sin da bambino

mi sorvegliano

 

e i libri alati della vita:

il vento scandisce

e girava le pagine,

e facevano l’alba.

 

Nulla è effimero, tutto lascia una traccia, anche il suono dei passi, un colpo di tosse, uno schiocco di dita… ogni suono scompare lasciando traccia di sé. Ogni immagine si trasforma col suono che l’accompagna in quell’istante e non in altri. Per questo ogni attimo è unico e irripetibile. In conclusione, citando il curatore e traduttore, “il merito dell’autore è quello di riuscire a riscaldare la propria creazione letteraria alle fiamme vive della Commedia, attualizzandone e rielaborandone il mondo simbolico in chiave personale e contemporanea…”. E questa è la chiave: attualizzare e rielaborare il mondo simbolico, traducendo l’istante in un insieme di immagini, suoni, odori, lamenti e brusii, che accendono in noi l’esperienza.

Per questo io invoco i poteri più vecchi e addormentati

Nella pietra

Nell’erba

Negli occhi della volpe

Dotto carapace della tartaruga e tana di drago

Inseguiti rifugi di lupo

 

Invoco vecchi poteri addormentati

una notte senza te

 

Claudio Fiorentini

 

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