martedì 24 marzo 2015

N. PARDINI: LETTURA DI "CENTO EMOZIONI" DI F. VETRANO


Franco Vetrano: Cento emozioni. Dibuono Edizioni. Villa d’Agri. 2015. Pg. 114



Nelle vene scorre lenta la vita,
i ricordi si perdono nel buio.
Ciò che era, è ormai gelido vento,
dolore e speranza una sola cosa.
Di tante domande è piena la  mente
le risposte non le darà il  domani.


Questa poesia incipitaria dà il senso della poetica di Franco Vetrano. Un andare lento e apodittico che riflette sul nostro vivere ed esser-ci. Sulla  nostra casuale e imperscrutabile vicenda umana; sul nostro patema esistenziale mutuato da tutto ciò che riguarda il mondo che ci circonda; dalla sua inafferrabile realtà. E dalla realtà alla verità il cammino è lungo e inarrivabile.  Sì, ci sono i sogni in cui spesso ci rifugiamo, le memorie, che possono lenire la nostra inquietudine con il ritorno ad antiche primavere e a giardini in fiore, vestiti di pace di un bimbo fra le braccia materne:

Sogni di un bimbo, vestiti di pace,
sicuro fra le braccia materne.
Sogni cullati delle onde del mare
sognano anch’essi, un giorno, di sognare (Sogni).

 Ma persino le memorie non hanno sufficiente consistenza per il Poeta. Il tempo tutto quanto si porta via con il suo cammino inesorabile. Da là potrebbero nascere delle speranze per un futuro nuovo, diverso, più vicino al nostro esistere, più appagante, a dare frutti succosi ad una vita tormentata da numerose insoluzioni. Ma il dolore e la speranza non sono che un’unica cosa per il Poeta, dacché tante le domande senza risposte. Tanti i perché sul presente, sul passato, e sul futuro; sulle presenze di cui continuamente i giorni ci privano. Ma persino il domani non sarà disponibile a farsi riconoscere e a farci riconoscere in questo tentativo di agguantare la coda dell’ignoto. E il tutto in versi  brevi, incisivi, conclusivi, che, inanellati in un linguismo semplice, sanno andare incontro alle esigenze del sentire. A farsi approdo ad un porto zeppo di mareggiate e di venti che confondono i pensieri. Ma è nella terra nativa, nella donna amata, nel sorriso della madre che il Poeta trova conforto e rifugio; e lo fa donando l’animo ad una poesia liricamente coinvolgente per il suo fluire armonico e contaminante:

Le chiome delle querce,
dei faggi e degli ulivi,
sono quelle della donna
che sorride e si specchia
nelle acque dell’Agri,
e attende il suo uomo.
Ti amo, donna e madre mia,
ti amo sacra terra mia
e non c’è gioia più grande
non c’è dolore maggiore
dell’esserti figlio (Terra mia).

Una simbiotica fusione fra natura e vita; fra piante e amore; fra chiome e fronde. La natura si umanizza, si fa madre, donna amata, per concretizzare gli abbrivi emotivi dell’Autore. Di un uomo in cerca di se stesso, della sua anima, scavando dentro il cuore:

A mani nude, con affanno,
scavando dentro il cuore
per ritrovare l’anima (A piedi nudi).

Un percorso tormentato, altalenante, dove gioia, dolore, illusioni, delusioni, fughe e ritorni, determinano l’essenza vitale di una storia. Di un Poeta alla ricerca di un traguardo lontano; di orizzonti imperscrutabili per lo sguardo di un essere mortale, cosciente della caducità del tempo e dello spazio:

I sogni sono barche fragili,
infrante sugli scogli delle onde.
Nudo e senza forza qui resto (L’armadio delle stagioni).

 Ma anche cosciente di una società in cui bimbi senza forza chiedono aiuto, o migranti alla deriva sfidano la morte, o guerre sanguinarie lasciano madri, sole, in preda al dolore:

Bimbi senza forza, senza sorriso;
senza madre, né padre, senza tutto… (Bimbi)

  …
Ora in questi sacchi neri
udiamo parole a noi nuove
e pianto senza fine (Migrati).

Le madri di Damasco si straziano
strappandosi i capelli dal dolore
per i figli uccisi dal Sarin… (La follia di Damasco).

Una silloge completa, plurale, che tocca ogni ambito del vivere; ogni sentimento dell’essere umano: "La poesia deve camminare nell'oscurità e incontrarsi con il cuore dell'uomo, con gli occhi della donna, con gli sconosciuti della strada, di quelli che a una certa ora del crepuscolo, o in piena notte stellata, hanno bisogno magari di un solo verso...", afferma Neruda.
Ed è quello che fa e sente Vetrano nel suo essere Poeta, nel suo essere partecipe alle vicende dell’uomo:

Sono poeti, che strane creature,
arsi dal fuoco dei mali del mondo
e da tormentosa sete d’amore (Poeti),

nel provare le Cento emozioni che dànno il titolo alla silloge:

Cento poesie
gridate al vento
nelle notti d’estate.
Cento sogni
vissuti nel tempo
di un battito di ciglia.
Cento emozioni,
fiamme dell’anima,
fremiti del cuore.


Nazario Pardini

2 commenti:

  1. Leggo con emozione la lettura critica della mia silloge "Cento emozioni" che il caro prof. Pardini ha da poco qui sopra pubblicato.
    E' un'analisi critica nella quale mi rispecchio in pieno; apprezzo l'accento sul mio linguismo semplice: credo fermamenteche la semplicità è la strada più diretta per arrivare al cuore del prossimo. La citazione dell'immenso Neruda è un regalo splendido!
    Da parte mia non posso aggiungere altro ma ringraziare dal profondo del cuore.

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  2. E io? Quanta emozione provo ritrovando tanti amici recensiti con tale vigore poetico da un Artista della levatura di Nazario? Anche questa Silloge l'ho vista nascere. E mi piace definirmi ancora 'ostetrica dei versi', di quei versi che ho smesso di comporre da tanti anni, ma che hanno lasciato radici profonde nel mio cuore.
    Le liriche di "Cento emozioni" sono sbocciate in pochi minuti dall'anima di vetro soffiato del mio amico 'di troppe stagioni', come amo definire Franco. Egli predilige la notte per comporre. E i silenzi. Come tutti i Poeti. Scrive, poi cesella, da vero pittore di affreschi incantevoli. Versi brevi. Scatti fotografici. A dire il dolore, la nostalgia, la rabbia, la solitudine, la speranza, l'amore... Cento emozioni, come evidenzia il Professor Pardini e come mette in rilievo nell'ottima prefazione il comune amico Vittorio Verducci, per lasciare che dall'albero dell'esistenza si stacchino le foglie dei pensieri e vadano a raccontare alla terra la storia di un uomo nato nel meridione, costretto a partire, a ritornare, ad amare disperatamente le radici e a sentirsi tradito da esse. Franco é uomo di rara profondità e di profonda discrezione. Scrive e vive in punta di piedi, per timore di disturbare. Detesta l'esibizione. E' pudìco e solitario come Spinoso, come la terra sulla quale si adagiano, lente, le emozioni, creando un tappeto di storie intime e universali. Franco é attento al sociale, soffre con i 'migranti', si sente colpevole per 'le madri di Damasco', costrette a veder perpetuare il loro strazio e denuncia la guerra, che ancora ci tiene in ostaggio...
    Sono stata testimone dei 'parti' di questo Poeta dolce e malinconico e ho interiorizzato molti suoi versi. Lo ringrazio su questo 'scoglio' prestigioso per aver concesso alla mia anima di fondersi, a tratti, con la sua, e lo abbraccio insieme al carissimo Nazario...
    Maria Rizzi

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