martedì 24 marzo 2015

MAURIZIO DONTE: "SCENDE LA LUCE E IL GIORNO CORRE A SERA"

Doppia sestina lirica-rara forma lirica di origine danieliana-
(ovvero dal provenzale Arnaut Daniel)

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congedo
AE/CD /FB


Scende la luce e il giorno corre a sera

I

Scende la luce e il giorno corre a sera,
così d'autunno si fan brevi i giorni:
s'avviva il bosco del color di fiamma
e dei ricordi ancor ci parla al cuore.
Lontani tempi tornano nei venti
mentre silenti cadono le foglie.

II

Ad una ad una, scendono le foglie,
quando al tramonto, lenta si fa sera.
E' fredda l'aria, ché la gelan venti,
mentre riconti sulle dita i giorni
venuti meno, dentro al nostro cuore
e ci riscalda ancor la loro fiamma.

III

Ma trema incerta, oramai quella fiamma
e vïen meno nel cader di foglie,
che piano tutto celano nel cuore,
nello svanire della luce a sera.
A mano a mano s'accorciano i giorni
e nella notte si fan gelo i venti.

IV

Sono passati gli anni, altro che venti:
del pensar loro ora vacilla fiamma.
Corrono come una bufera i giorni,
dal viver nostro staccano le foglie
e ci troviamo poi di nuovo a sera,
con quella morte che raggela il cuore.

V

Pensar la morte ci attanaglia il cuore,
non v'è riparo a quei tremendi venti
che fan pensare a quell'estrema sera
che tutto spegne, nell'ultima fiamma:
in un incendio sono arse le foglie
e consumati tutti i nostri giorni.

VI

Veloci son passati i brevi giorni,
han traversato come un lampo il cuore
e in cielo son volate alte le foglie,
in quel correre rapido dei venti
che alimentava l'ardere di fiamma,
ma nulla resta nel venire sera

VII

e d'altra morte mormora la sera,
del venir meno che ha segnato i giorni
ed in un soffio m'ha spento la fiamma
che mi teneva ancora acceso il cuore.
Quante parole viaggiano nei venti,
nello stormire delle aride foglie.

VIII

E posan lente e leggere le foglie,
come pensieri, coprono la sera,
mentre i ricordi migrano nei venti,
volando ancora a quei lontani giorni
in cui di te mi si riempiva il cuore
e li accendevi alla dolce fiamma.

IX

Eri per me la radïosa fiamma:
un fuoco acceso con le rosse foglie
e del tuo amore m'infiammavi il cuore;
ma in quel silenzio sceso nella sera,
te ne sei andata e son fuggiti i giorni
e io nella notte udii ruggire i venti.

X

E gelidi si fan gli oscuri venti
che con impeto m'han spento la fiamma
del dolce amore che accendeva i giorni.
Ora trascino i passi tra le foglie,
lungo il sentiero che conduce a sera
e la speranza viene meno in cuore.

XI

Amara danza che m'uccide il cuore
è quell'amore che ho disperso ai venti,
non resta nulla, quando viene sera,
e infine anche di te si spegne fiamma,
un fuoco breve, acceso con le foglie:
cenere sono ormai gli usati giorni.

XII

Divora il tempo tutti i nostri giorni
e così amor che m'ha ferito al cuore
e arido è il mio sentir come le foglie:
polvere d'ieri persa in mezzo ai venti.
Per sempre spenta la lucente fiamma,
null'altro stringo che aria nella sera.

CONGEDO

E' corsa via la sera con i venti
e ancora cresce la mia fiamma in cuore,
ma come foglie sono i nostri giorni.

5 commenti:

  1. Difficile operazione culturale. Richiama alla mente versi della nostra più significativa tradizione letteraria; dalla scuola toscana al dolcestilnovo, a quella siciliana. Naturalmente al Petrarca che riuniva in sé tutti i tentativi sperimentali antecedenti. E, sinceramente, trovo fluido e ispirato anche il significato. Sapendo che il rischio primo che si corre in questo tipo di composizioni è che la forma prenda il sopravvento sul contenuto, debbo riconoscervi un certo equilibrio, cosa non semplice da raggiungere.

    Prof. Angelo Bozzi

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    1. gentilissimo, professor Bozzi, la ringrazio molto

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    2. Ed in effetti il riferimento, come ben dice, è stato proprio Francesco Petrarca, con la sua opera 332 del Canzoniere, della quale ho seguito lo schema, discostandomene solo per il congedo, che è ripreso dalla prima delle sestine liriche del medesimo autore.

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  2. Mio carissimo Maurizio, vengo a complimentarmi anch'io per questa tua difficile operazione letteraria, che, grazie a vari artisti, in primis Dante, ma soprattutto il Petrarca, ebbe una diffusione impressionante in Italia e in Europa. E poiché parliamo di una forma che cadde in disuso nel Seicento e nel Settecento, occorre coraggio e grande padronanza della vis poetica per riproporla oggi senza darle connotati desueti e per non renderla "grave, e greve, cioè noiosa sì per la lontananza del rimare, come per la continua e sazievole ripetizione delle sei parole ", come asserì Stigliani. Tu riesci a donare alla canzone un tono accorato e dolce, caldo e struggente. La chiusa, ovvero "Il congedo" é lirica in se stessa. Un'autentica perla che scuote le fronde dell'anima e incatena. Ti rivolgo i miei più sentiti complimenti, amico mio... Sai che non sono Poeta, ma il sentire é dono universale.
    Maria Rizzi

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  3. Carissimo Maurizio, questa Poesia è molto bella per genere, metrica, stile e contenuti, un capolavoro tra l'antico e il moderno che riprende una forma poetica molto difficile e in fin dei conti anche rara e, al tempo stesso, una visione tardo-romantica e crepuscolare delle cose e della Vita. Non risulta mai noiosa, e anche con le parole-rime è sempre piacevole alla lettura e alla riflessione. Un capolavoro della Letteratura contemporanea!


    Massimiliano

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