“Eros
e la nudità” di Ninnj Di Stefano Busà
Il
tempo dell’eros tra le rose, i rovi e le spine.
Eccomi qui, con l’idea di quanto di più
sublime possa accaderci. Eros mi torna nella sua potenza naturale, figlio del
Caos (tema a me molto caro), dunque dell’Origine. Ed ecco la congiunzione:
dalle infinite possibilità l'idea
della nudità primigenia.
Nasciamo nudi, puri, apriamo gli occhi alla
luce che disvela piano. Sentiamo, intanto, con la nostra pelle, la nostra bocca
che cerca il seno di madre, attraverso i sensi di un corpo che si apre alla
vita. Esposti a ogni possibilità d’amore e morte, nasce, in contatto col mondo
e in asse col divino, il primo rapporto di coppia. Madre e figlio, non più
uniti in un unico corpo, si cercano ancora nella loro unicità.
Nudità è ancora, offrirsi in fenditura,
lasciarsi accarezzare da arie lievissime ed esporsi a facili ferite.
Il senso dell’Eros traborda di vita, del
continuo incontenibile donarsi alla creazione. Il corpo erotico crea, nella sua
interezza di anima e sensi. Arriva dove l’inesprimibile vocazione si abbandona
all’eternità di un attimo. Dice la poetessa Ninnj Di Stefano Busà:
“E possano le voci continuare
a cercarsi, al di là della fusione momentanea
a cercarsi, al di là della fusione momentanea
come la sete l’acqua”
E che cos’è l’acqua se non la fonte della
vita? Dall’acqua sorgiamo alla vita,
l’acqua ci purifica nel battesimo dello spirito e nel corpo ci rinnova. D’acqua
siamo fatti e di sete.
Acqua come l’amore : “ ci scorre tra le pieghe come un istante perfetto”
E la vita va, come il suo tempo che ama raccontare: “ smemorando nell’amore le nostre piccole morti”
Acqua come l’amore : “ ci scorre tra le pieghe come un istante perfetto”
E la vita va, come il suo tempo che ama raccontare: “ smemorando nell’amore le nostre piccole morti”
La
Nostra poetessa ripercorre l’amoroso ardore . Esplode nella sua primavera come
un mantra che feconda con la sua dolcezza, un canto di papaveri.
Sempre, in tutta la silloge, torna l’eternità
di un attimo a ricordarci quanto esso possa essere l’eterno stesso. Metonimia viva di una cellula d’amore,
“orifiamma” che sboccia “dalla grazia
impudica di una rosa”.
La
parola poetica acquista il linguaggio della composizione slegata dalla logica,
necessità per la sua libertà, per le
immagini che, in sacralità di
versi, ci conducono verso nuovi significati.
Patrizia Stefanelli
Chiedo umilmente scusa alla cara Patrizia Stefanelli che mi aveva omaggiata di una tale critica ponderosa di "pensiero" senza ricevere una benché minima nota di ringraziamento. Non l'avevo letta, non ne ero al corrente. Pardon, a volte sfugge la lettura e purtroppo non riprendi più il filo del discorso. Mille impegni mi tengono a volte lontana dal meraviglioso mondo di Pardini, il blog letterario che io adoro, perché è un coacervo di voci tutte insonorizzate e rese materiale prezioso, diagramma di grandi armonie dal direttore d'Orchestra Nazario Pardini, guru delle stupende presenze letterarie di cui si avvale. Ringrazio, vivamente, seppure in ritardo la gentile e attenta Patrizia per l'omaggio critico che ha voluto dedicarmi.
RispondiEliminaNinnj Di Stefano Busà
Carissima Ninnj, sono io a ringraziare te per avermi inviato, a suo tempo, questa tua splendida silloge e di avermi chiesto di commentarla. Queste mie note critiche, bontà tua, sono spontanee e naturali poiché pescano direttamente nel cassetto delle percezioni. E' possibile parlare soltanto di ciò che ci appassiona,che fa vibrare le nostre corde nello spazio della Bellezza e del Mistero. L'unico spazio possibile della poesia, "oltre il reale"
RispondiEliminacapace di rivelare ciò che l'Io imperfetto e limitato dalla ragione, non sa e non può dire. Grazie al Prof. Pardini per averla voluta ospitare nella splendida isola dei sogni.