martedì 25 agosto 2015

CLAUDIO FIORENTINI: "IL MERCATO DELL'EDITORIA"




Claudio Fiorentini collaboratore di Lèucade

A volte tentare di conoscere il mercato aiuta a capire perché si fanno certe scelte, e in questo caso mi riallaccio all'articolo, da me recentemente pubblicato qui e in altri blog, relativo al dibattito che ha invaso le pagine culturali dei nostri giornali,e partito dalla notizia della chiusura de "lo specchio", la collana di poesia di Mondadori. Per farla breve, oggi mi sono deciso a fare i conti della serva, analizzando alcuni dati numerici - tutti reperibili in rete - che fotografano il mercato dell'editoria. Molto utile mi è stato anche leggere il rapporto della AIE, molto ben fatto e istruttivo. Infine ho fatto anche due calcoli, ottenendo dei risultati che confermano quanto da me concluso nell'articolo. Insomma, questo dibattito è partito da un pretesto, come la chiusura della collana Mondadori, e si è poi incanalato verso argomentazioni non sempre condivisibili, nascondendo quello che secondo me è un inganno.
Dopo questa ricerca mi sento di dire: non è vero che i libri non si vendono più, semmai è vero che il mercato segue altre dinamiche!
Mi spiego: l'ebook oggi rappresenta, in termini monetari e non di numero di copie, più dell'8% del fatturato totale, e questa percentuale è in aumento. Ma un libro elettronico costa poco, a volte pochissimo e, a parità di numero di copie vendute rispetto al cartaceo, rappresenta una riduzione enorme del fatturato e mette in crisi anche buona parte della catena di distribuzione. Inoltre, è interessante notare che il mercato dell'usato ufficiale ha avuto dal 2010 al 2013 un incremento di circa l'80%. Anche questo, ovviamente, toglie mercato al libro nuovo.
Infine, fenomeni come il book crossing, così come la possibilità di scaricare un libro in PDF direttamente da alcuni siti specializzati (cito il pregevolissimo caso de "La Recherche"), riducono ulteriormente le potenzialità di vendita per i grandi editori. Il mercato è in crisi, ma anche perché i libri costano troppo e se il lettore fa di tutto per risparmiare ha le sue sante ragioni, e va a finire che alimenta un altro mercato che non porta grandi benefici agli editori principali, ma che è comunque un mercato in grande fermento. Non vi riporto la mia analisi numerica per non annoiarvi, il fatto è che due tre calcoli bastano per stimare che il numero totale di libri venduti (usati, nuovi, elettronici...) non sembrerebbe essere cambiato in modo significativo, ma a fonte di un incremento dell'usato e dell'ebook, è chiaro che i benefici che l'editore fa con i libri cartacei, si sono ridotti in modo allarmante. Mettiamoci anche il book crossing, e la questione si complica ancora di più. A questo punto la mia conclusione è che gli articoli scritti da illustri giornalisti non centrano il problema. Il numero di lettori probabilmente resta pressoché invariato, ma i supporti elettronici e le iniziative editoriali e sociali che riducono i costi per il lettore stanno avendo molto successo. I grandi attori dell'editoria, per far fronte alla riduzione del fatturato, scelgono semplicemente di tagliare le collane meno redditizie, cosa normale per un imprenditore. Punto e basta. Insomma, è una pura e semplice questione di soldi e dire che "lo specchio" chiude perché non c'è materia o perché non ci sono lettori è a parer mio una boutade. 


Claudio Fiorentini





Vorrei concludere con una riflessione: da una parte c'è sovra produzione da parte dei piccoli editori che pubblicano di tutto in barba alla qualità, poi il fenomeno dell'auto-pubblicazione è in crescita, da un'altra parte i grandi editori sono in crisi perché stentano ad adattarsi al mercato, le librerie chiudono, i distributori faticano a sostenere editori piccoli di qualità, le edicole sono diventate grandi empori dove si vendono più libri che in libreria anche a fronte di una scelta limitata, gli ebook non si sa come si svilupperanno, poi il book crossing, l'usato, le biblioteche di quartiere, le bancarelle dei rigattieri... infine è grasso che cola se un titolo valido vende cinquecento copie.... insomma, è un bel pastrocchio. In tutto questo ci siamo noi, scrittori, che non sappiamo più come muoverci, e i lettori che, come noi, sono stati traditi da un sistema logoro. Con queste premesse la cosa da fare sarebbe smettere di pubblicare. Ma chi tra di noi ci riuscirebbe? Oppure unirsi in un unico movimento che possa far da filtro, filtrandoci anche tra di noi, e tentare di promuovere noi stessi le opere di qualità. Ma da soli, non si può fare, no, perché da soli non si filtra se stessi. Uniti forse... e più voci siamo, più si rischia di far rumore.

Claudio Fiorentini 




2 commenti:

  1. Vorrei concludere con una riflessione: da una parte c'è sovra produzione da parte dei piccoli editori che pubblicano di tutto in barba alla qualità, poi il fenomeno dell'auto-pubblicazione è in crescita, da un'altra parte i grandi editori sono in crisi perché stentano ad adattarsi al mercato, le librerie chiudono, i distributori faticano a sostenere editori piccoli di qualità, le edicole sono diventate grandi empori dove si vendono più libri che in libreria anche a fronte di una scelta limitata, gli ebook non si sa come si svilupperanno, poi il book crossing, l'usato, le biblioteche di quartiere, le bancarelle dei rigattieri... infine è grasso che cola se un titolo valido vende cinquecento copie.... insomma, è un bel pastrocchio. In tutto questo ci siamo noi, scrittori, che non sappiamo più come muoverci, e i lettori che, come noi, sono stati traditi da un sistema logoro. Con queste premesse la cosa da fare sarebbe smettere di pubblicare. Ma chi tra di noi ci riuscirebbe? Oppure unirsi in un unico movimento che possa far da filtro, filtrandoci anche tra di noi, e tentare di promuovere noi stessi le opere di qualità. Ma da soli, non si può fare, no, perché da soli non si filtra se stessi. Uniti forse... e più voci siamo, più si rischia di far rumore.
    Claudio Fiorentini

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  2. Una domanda sorge spontanea (così diceva Lubrano): chi controllerebbe in tal caso i controllori? Possiamo esser certi che una struttura siffatta sarebbe pulita, inattaccabile e soprattutto fuori da ogni compromesso? E quali sarebbero i criteri "oggettivi" - condivisi da tutti, ovviamente - con cui lavorare? Francamente, io non me la sento di dividere il mondo in buoni (noi) e cattivi (loro) e temo che un'operazione siffatta finisca per ingigantire, anziché dissolvere, la confusione. Ritengo molto utile, invece, e assolutamente condivisibile l'invito a "pubblicare meno e pubblicare meglio", utilizzando le strutture che abbiamo intorno (anche se bacate, ma non si può fare d'ogni erba un fascio), perché questo è un invito ad esercitare l'autocritica e l'autodisciplina. E non escludo neppure il ricorso alla "serrata", ovvero alla decisione di non più pubblicare, se proprio dovesse occorrere, in attesa di tempi migliori. Attesa non passiva, ovviamente, ma piena di iniziative tese a promuovere, per quel che si può, non istituzioni o strutture, bensì un miglioramento, alla radice, della coscienza e dell'animo umano.
    Franco Campegiani

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