giovedì 13 agosto 2015

UMBERTO SABA: "LA MALINCONIA"

La Malinconia

Malinconia
la vita mia
struggi terribilmente;
e non v'è al mondo, non c'è al mondo niente
che mi divaghi.

Niente, o una sola
casa. Figliola,
quella per me saresti.
S'apre una porta; in tue succinte vesti
entri, e mi smaghi.

Piccola tanto,
fugace incanto
di primavera. I biondi
riccioli molti nel berretto ascondi,
altri ne ostenti.

Ma giovinezza,
torbida ebbrezza,
passa, passa l'amore.
Restan sì tristi nel dolente cuore,
presentimenti.

Malinconia,
la vita mia
amò lieta una cosa,
sempre: la Morte. Or quasi è dolorosa,
ch'altro non spero.

Quando non s'ama
più, non si chiama
lei la liberatrice;
e nel dolore non fa più felice
il suo pensiero.

Io non sapevo
questo; ora bevo
l'ultimo sorso amaro
dell'esperienza. Oh quanto è mai più caro
il pensier della morte,

al giovanetto,
che a un primo affetto
cangia colore e trema.
Non ama il vecchio la tomba: suprema
crudeltà della sorte.



1 commento:

  1. Considerazioni in libertà:l’ambiguità della festa.
    La malinconia, un albero frondoso che succhia linfa vitale, ma a volte dà frutti deliziosi: opere, poesie e perfino trattati sulla malinconia medesima. Questo è il caso della poesia di U. Saba, ma anche di Baudelaire che in Tenebre si sente come un pittore condannato a dipingere nelle tenebre o a mangiarsi il cuore, di Rimbaud che diceva “je est un autre”, io è un altro. L’io è un altro, perché ho malinconicamente bisogno di un’immagine che mi venga confermata. L’altro mi guarda da dove io non posso vedermi e può quindi garantire della mia esistenza e anche della mia amabilità….
    Una volta era considerata peccato, l’accidia: un torpore, un'assenza d'iniziativa, una disperazione totale, senza scampo, acuita dalla solitudine, che produce «afonia spirituale», quella che Marsilio Ficino indicava come perdita eccessiva dello spirito sottile, la voce dell'anima che non parla più.
    Il rimedio classico era attivarsi, viaggiare. Kant ritiene che il nostalgico non desidera in realtà i luoghi della giovinezza, ma lo stato della giovinezza, la propria infanzia legata a un mondo anteriore. Søren Kierkegaard la descrive nel Diario come un Giano bifronte, che con un volto ride e con l'altro piange, unendo il comico e il tragico. La malinconia è una vedovanza, ma può essere anche un vuotarsi per ricevere la visita divina, è dolorosa e tocca le radici del nostro essere. Appartiene a un ordine di natura spirituale, un'oppressione dello spirito, un peso che grava e ci schiaccia mentre i nostri sensi e impulsi si paralizzano. Ma il cuore della malinconia è Eros, il desiderio d'amore e di bellezza.. L'uomo è un confine e sperimenta il mistero di una vita di confine, vive nella terra mediana dell'inquietudine. La malinconia è occhi pensanti. “Io non sapevo/questo; ora bevo/ l'ultimo sorso amaro/ dell'esperienza.
    Rivedo le strade metafisiche di De Chirico,la Melencolia ritratta da Dürer: la collisione dolorosa di passato e futuro, mistero, nostalgia per ciò che si perde e angoscia per ciò che finirà. Il malinconico non vive solo di presente e di realtà, ha la tentazione dello sguardo che va oltre il visibile.

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