sabato 1 agosto 2015

MARIA GRAZIA FERRARIS: "SEBASTIANO VASSALLI. IN MEMORIA."


Maria Grazia Ferraris collaboratrice di Lèucade


Sebastiano Vassalli. In memoria.

Ci ha lasciati un grande scrittore, Sebastiano Vassalli, recente candidato italiano al premio Nobel e prossimo premio Campiello alla carriera.
Sebastiano Vassalli
Era celebre per il romanzo 'La chimera', il suo capolavoro, ambientato nella pianura novarese, dove ha vissuto fin dai primi anni di età, del quale, rispondendo alle disquisizioni critiche sul romanzo storico,  polemicamente diceva:
“ All'autore come me interessano le storie umane, le vicende umane, la storia degli individui.
Come vicende potrebbero essere molto poco interessanti. Le belle storie sono rare, ma quando si incontra una bella storia, quando si ha a che fare con una vicenda umana che è in grado di trasmetterci qualcosa di più, di nuovo, qualcosa che noi non avevamo compreso fino a quel momento, perché non conoscevamo certe sfaccettature proprie di quella determinata vicenda, che solo essa può farmi conoscere; ebbene allora io, scrittore, la vado a prendere là dov'è collocata temporalmente, e ne traggo un libro. Se è collocata duemila anni fa la vado a prendere lì, dicendo a me stesso: "chi se ne importa". Se è posta trent'anni fa, la prenderò lì. ..”
 La sua caratteristica temperamentale è stata l’ombrosità, la cupezza solitaria . Come se un'infelicità di fondo, dichiarata,  avesse prodotto una relazione con il mondo fatta di sospetto  e di pessimismo... “Il mio granello di felicità-quel granello di felicità che ogni uomo porta con sè nel mondo al momento di nascere- era sepolto in questa pianura dove vivo, tra il Ticino e la Sesia. Ancora non l'ho trovato, ma continuo a cercarlo" (S.V, in Terra e acque). Pochi sanno del suo inizio poetico. Non è un caso che tra gli amori giovanili di Vassalli ci sia Dino Campana, che considerava suo padre spirituale. ("io poeta notturno [Campana] interrogandomi a lungo sopra i destini dell'ARTE..."). Il suo esordio è stato infatti poetico.
Nato come scrittore ai tempi del Gruppo 63, in mezzo a tanti giovani autori, a speranze del mondo letterario in parte scomparse nello spazio di pochi anni, Vassalli è cresciuto lentamente per suo conto, pensando, soffrendo, rifiutando, polemizzando chiedendosi il senso della scrittura e della poesia.

“ Dietro questa pagina il vuoto delle cose
La superficie della parola ormai non ricopre più nulla
Una voragine separa le cose dai termini che le designano

Questa pagina è un immenso sudario
Sotto questa pagina non c’è né ambiguità né storia
Soltanto cieca violenza e astrazioni innominabili
Di queste larve di parole brulica il vuoto e di incognite

Un mare di esistenze soffocate sotto il bianco della pagina
Miraggi di immagini riflesse echi lontani di voci Il bianco della pagina non basta a nascondere nulla. La parola si dilata si stende a riavvolgere il mondo. Il bianco della pagina è un cielo percorso da un brivido. Come una filigrana recante l’effigie di Washington. Di simili larve di parole brulica il vuoto e di incognite. Miraggi di cose di vite vissute nel segno del dollaro
Una pagina che si dilata si tende a riavvolgere il mondo.
( La poesia oggi, quaderni Ant. Ed, NO, 1971- Dietro la pagina, in Le parole e le storie in S.V.- Microprovincia, n°49, 2011)
E la poesia , abbandonata, gli ha pur assediato il cuore, come appare chiaro in Amore Lontano:.
“ L’unico miracolo che si compie dai tempi di Omero e da prima ancora, e che non può essere dimenticato o messo in dubbio perché chiunque può farlo rivivere con la lettura, è quello delle parole che trattengono la vita. È la poesia….La poesia è vita che rimane impigliata in una trama di parole. Vita che vive al di fuori di un corpo e quindi anche al di fuori del tempo. Vita che si paga con la vita: le storie che ho raccontato in questo libro stanno a dimostrarlo.
 …La poesia è ciò che sopravvive, nel presente, della parola in cui parlano i testi antichi, che <viene prima di tutto e che dà vita a tutto>. È l’unico miracolo possibile e reale, in un mondo dominato dal frastuono e dall’insensatezza. È la voce di Dio.
…Io dico.< Quando vedo l’allodola battere/ di gioia le ali contro il sole> (Bernart de Ventadorn).
E in qualunque epoca io viva e in qualunque stagione, intorno a me si accende la primavera: con gli uccelli, che ritornano dai paesi lontani e con la sua luce.
…Io dico.< Il tacito infinito andar del tempo> (Leopardi) .e, dovunque io mi trovi, vedo l’universo con le sue galassie, e percepisco il silenzio degli spazi infiniti come una sensazione fisica. Mi sembra che tutto scivoli via, e di scivolare via insieme al tutto” (Amore lontano,2005).
Una meta sognata, interiore, alla quale  sentiva forse di non poter facilmente approdare:
 “ La materia prima con cui si scrive nel libro non è l’inchiostro ma il tempo stesso della vita: ci sono carte che nessuno può truccare e anche l’imbecillità e l’ignoranza pagano il dazio.
… Io, facitore di stolti libercoli, ho appreso questo… ed anche a irridere il Libro e a giocarci- cosa che ora faccio anche male, cioè in maniera troppo tragica: ma in futuro si tratterà veramente di divertimento e di gioia.”( 1972- lettera a G. Davico Bonino). Il momento di punta  in cui ha tradotto il suo disagio non solo linguistico è stato forse con Millennio che muore, del 1972, ma ha nondimeno mantenuto in tutta la sua produzione narrativa con grande consapevolezza  il suo pessimismo gnoseologico e formale, quasi sperimentasse la mimesi della morte: dell’autore, della letteratura, del mondo.

“io giocoliere presentatore stenografo di questo libro
che muore celebratore di questo millennio
che anch’esso muore. IO consapevole della mia morte
mi piego sulle ginocchia accosto l’orecchio per terra
…ascolto il pulsare del libro, il battito lento,immutabile “ ( Millennio che muore)

Maria Grazia Ferraris



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