lunedì 24 agosto 2015

MARIA RIZZI: "CAPRONI E IL RUMORE DELLE PAROLE"



Maria Rizzi collaboratrice di Lèucade

DA: GIORGIO CAPRONI: "RICORDO"": 

Caproni é un poeta di immagini luminose, visibili. Di dipinti. Eppure, pur avendo esordito nel 1932, dovette attendere due decenni prima che la sua poesia ricevesse il riconoscimento che gli era mancato. Fu grazie a Pier Paolo Pasolini che Caproni venne risarcito di una certa disattenzione critica. Nel 1952 vinse il Viareggio con la raccolta 'Stanze della funicolare'. Forse l'artista livornese scontava la scarsa propensione a schierarsi in cordata con le correnti dominanti in quegli anni, in primis con gli ermetici.
In un'intervista bellissima asserì che "L’ importante è risparmiare al massimo il rumore delle parole, stringendo in una battuta il senso profondo del far poesia". Credo che l'espressione 'il rumore delle parole' rappresenti il miglior riassunto del senso artistico di quest'uomo, che si mantenne solitario e poco amante della gloria, anche quando il successo gli venne riconosciuto. Egli distillava la linfa autentica della poesia. Non era un erudito, né uno sperimentatore. Cercava 'se stesso e, attraverso se stesso il prossimo' e non era interessato al narcisismo dominante. 
Se nascessero molti Poeti come lui... avremmo il senso della cultura e non la cultura del non senso... 

Maria Rizzi 

1 commento:

  1. Rumore è una parola resa onomatopeica da quel prefisso etimologico "ru", aspro e fastidioso. E lo sapeva bene il Nostro Poeta che aveva studiato violino e composizione musicale presso l'Istituto musicale Giuseppe Verdi, in Salita Santa Caterina (ottenne anche una medaglia d'oro per il solfeggio), dove si diplomò nel 1925, quanto in musica il "rumore" (alla lettera: fuori dal suono) sia intollerabile e inosopportabile. Proprio studiando composizione, Caproni racconta di avere scritto per la prima volta dei versi: "Da ragazzo studiavo armonia musicale, tentavo di comporre dei corali a quattro voci. Normalmente al tenore si affidano dei versi, che io attingevo dai classici più musicabili e piani, come Poliziano, Tasso o Rinuccini, finché un giorno mi accorsi che il mio maestro - questi versi - non li leggeva nemmeno. Da allora mi feci vincere dalla pigrizia e cominciai a scriverne di miei. È così che ho iniziato; poi il musicista è caduto ed è rimasto il paroliere, ma non è un caso che tutto questo sia accaduto a Genova, città di continua musicalità per il suo vento. Andavo al ponte dell'Alba, dove alla ringhiera ci sono dei dischi che fischiano una musica straordinariamente moderna. I miei versi sono nati in simbiosi con il vento".
    Più tardi, nel 1982, ebbe a dire, ancora nominando il rumore: “Non lo sopporto più il rumore della storia”. E cosa dovremmo dire noi, oggi, che il rumore del modo mediatico ci assorda? Che la politica si svolge tutta in fracasso di insulti e di sotterfugi? Che ci piovono addosso le note stridule e stridenti delle brutture del mondo? Nel tempo del rumore/fragore, dell'esibizione, dell'ostentazione di successo e della comunicazione forzata, dell'evanescenza della realta', "... almeno, ci fosse/dietro i vetri, il mare..." (da Albaro)!

    ALBARO
    di Giorgio Caproni

    Se al crepuscolo, almeno, ci fosse,
    dietro i vetri, il mare…
    Amore…
    Tremore in trasparenza…
    Se almeno
    questo fosse il rumore
    del mare…
    Non
    lo sopporto più il rumore
    della storia…
    Vento
    afono…
    Glissando…
    Sparire
    come il giorno che muore
    dietro i vetri…
    Il mare…
    Il mare in luogo della storia…
    Oh, amore.

    E ringraziando Maria per l'input a questa piccola riflessione, m'inchino al poeta e gli porgo un mio misero omaggio:

    QUANDO LE PAROLE NON SERVONO
    (inedito di Lorena Turri)

    Non dire nulla.
    Il silenzio è un mare nella bonaccia
    che nave riconduce in porto
    e con pacate onde
    culla la stiva delle parole.

    Sarà possibile udire
    il sommesso sciabordio del cuore.

    Ascolta...

    ESSENZIALMENTE, LA POESIA
    (da: "Leggi una donna"di Lorena Turri - Kairòs ed. - 2015)

    Mi piace, se tutto tace,
    quel silenzio che dà pace
    come un bacio a labbra schiuse
    tra una rima e un’assonanza.

    La parola che non strilla
    non è becera e non lacera
    e mi piace,
    definire in questa requie
    tutta l’estasi d’amore
    e trovare in quiete cose
    quella giusta ispirazione
    a far sì che nel silente
    s’apra un cantico d’essenza.

    (la sostanza di una poesia è una folata di silenzio)


    Lorena Turri

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