Francesco
De Caria legge la silloge
“Il Viandante
dei sogni”di Lino D’Amico
Edizioni
Tripla E - marzo 2020
La nuova silloge di poesie di Lino D’Amico presenta
evidenti, ci pare, novità editoriali significative. Già la copertina –
solitamente illustrata con suggestivi paesaggi - è divenuta più esplicita: si dichiara
apertamente e senza metafore il
nòcciolo, l’essenza della meditazione
dell’autore.
L’esistenza è considerata dalla prospettiva
dell’uomo che ne ha attraversato buona
parte e quindi ha contezza dei suoi aspetti
per averla vissuta e non si pone en ancien philosophe che astrattamente
la considera, quasi come esercizio letterario e di speculazione.
Insomma la materia dei suoi versi è esperienziale
più che speculativa.
E il problema di fondo è quello di sempre, presente
nell’ A.T. come in Omero e nella
letteratura classica, dal Qoelet e dalle lamentazioni di Giobbe alla lirica
greca e latina, in Seneca come in Sahakespeare, in Leopardi; e poi nel
Novecento, che sostanzialmente ha accantonato la dimensione trascendente e,
nella seconda parte, anche quella idealistica sensu lato,
abbarbicandosi ad un esasperato immanentismo e materialismo, che non
possono che concludere che la vita è
assurda scontrandosi nell’assurdo della morte: e tornano alla mente le ultime
parole del credo di Jago, nella “traduzione” di Arrigo Boito: è vecchia fola il ciel….
Non è questa la risposta del D’Amico, ma resta il tarlo del dubbio e soprattutto il
rimpianto per solari visioni dell’infanzia e della giovinezza.
E il tutto è oggettivato in suggestive immagini e
in struggenti ricordi/sogni, che evocano
un’età fulgida, solare, abbeverata di
momenti pervasi da un abbagliante sole.
Ma ora è l’età della disillusione: e compaiono
fiori gualciti e nubi che attraversano e velano il cielo sereno,
implacabilmente sereno diremmo, che non consola nella contemplazione, bensì
inquieta nell’accostare ad ogni momento
l’eterno e l’infinito cui l’Uomo aspira alla finitudine che ogni giorno
che tramonta rammemora implacabilmente.
Si aggiunge un elemento in questa silloge, ci pare,
un altro passo verso una maturità di sguardo che sa andar oltre l’amarezza di
altre raccolte di versi: c’è intanto una dolcezza di fondo che supera lo
sconforto del considerare il nulla al di là di un cammino irto di rovi.
Davvero Lino D’Amico ha attinto una inedita saggezza.
Francesco De Caria Torino
– 11 Marzo 2020
Una lettura forbitissima quella del Professor Francesco De Caria de "Il viandante dei sogni" del mio amico Lino D'Amico. Ha sottolineato l'aspetto particolare della copertina, ha condotto un'esegesi approfondita del testo, soffermandosi sulla saudade, che caratterizza i versi dell'Autore e su quella dolcezza 'che supera lo sconforto'... Complimenti vivissimi al recensore e a Lino per la sua creatura.
RispondiEliminaMaria Rizzi
RICEVO E PUBBLICO
RispondiEliminaGentilissimo Prof. De Caria –Desidero esprimere il mio profondo ringraziamento per il tempo, l’attenzione e la pazienza concessa questa mia ultima silloge di poesie. Il Suo approfondito e gratificante commento e stato motivo di orgoglio e mi ha emozionato, e non poco.
Con l’analisi critica ha rilevato nello scorrere dei versi i significati metaforici delle mie emozioni dei ricordi, malinconie e rimpianti celati nei reconditi anfratti del mio sentire.
A te Nazario, nocchiero e mentore irrinunciabile, ancora e sempre
la mia stima incondizionata per i tuoi suggerimenti che rendono efficace il viaggio nella fantastica avventura della mia poetica.
Parallelamente, il mio ringraziamento per aver concesso spazio all’esegesi del Prof. De Caria, docente di letteratura italiana, che tiene conferenze a tema presso l’Università della Terza Età del mio comune di residenza.
Infine a te Maria, un abbraccio di cuore per l’amicizia di cui mi fai dono incondizionato con lo spontaneo e generoso altruismo che ti è congeniale e, in particolare, per le considerazioni con cui hai condiviso l’analisi critica del mio docente.
Lino D’Amico 11 Marzo 2020