lunedì 16 marzo 2020

M. GRAZIA FERRARIS LEGGE: "SCIE" DI T. CEVESE, GUIDO MIANO EDITORE


Recensione-SCIE- di T. Cevese,  ed. Miano. 


La copertina di Scie di Tommaso Cevese  allude ad un luogo preciso- la gola di Stanghe in val Racines-. La foto (dell’Autore) ci immerge  in un vertiginoso sguardo in profondità: l’acqua si insinua tra altissime pareti di roccia e precipita fragorosamente a valle formando numerose cascate. È una foto che riconduce  a colori- il bianco abbagliante- e suoni- il fragore impetuoso e naturale  delle acque spumeggianti-, che si integrano e ci conducono alla poesia che apre il volume (che unisce in modo originale immagini e poesie), Bianco profilo, dove l’autore attraverso la visione del bizzarro profilo montuoso scorge immagini antropomorfe, messaggi lontani, celesti, rombi, frastuoni  misteriosi che alludono a storie mitiche lontane e la luce, sempre diversa e impietosa si offre a promesse immortali. È il primo messaggio che  l’autore ci porge e che definisce la sua personalità artistica: le immagini fotografiche, messe in relazione con i testi, sono quasi un'eco, un commento, una risonanza del suo dire poetico, una sua dilatazione ad altri campi, visivi, musicali, filosofici, estetici; sia la  poesia che l’immagine, sono voci che ci parlano dal profondo, “scie d’emozioni” che si fanno ascoltare per sé e per la riflessione che il poeta-fotografo- filosofo ci propone nella sua sintetica unione…
Suggeriscono uno sprofondamento: “ Come l’acqua dei fiumi/ a tratti scompare e si cela/ nella carsica cavità oscura/ a tratti risale, riappare e si svela/ così all’incerta memoria/ affioran frammenti/ del mosaico che narra/ di un uomo la storia”( Filo della vita), ma anche un desiderio di elevazione, tensione poetica verso l’infinito, giacché l’ elaborazione artistica e  poetica lo portano all’indefinito, all’alto.  Basta osservare il proseguo delle foto, in cui l’Autore dà il meglio di sé, in particolare i tramonti ( sui monti Torero, sul monte Cimone, le nebbie sull’altipiano di Tonezza e alle pendici del monte Spitz), i loro giochi misteriosi in contra’ Lain: fotografie di grande valenza poetica dove i colori mutati- rossi, grigi e blu- si estendono in verticale pullulante ascesa, o lo scatto che cattura particolari che emergono dalla nebbia  ti portano verso il mistero (“ silenzi sospesi ed immensi. / respiran contrade raccolte/ la pace di un mondo lontano. /..i suoni ovattati a fatica/  ascolta chi lascia le tracce/ su coltri di candido bianco…..un mare di nuvole basse/ e sale sui fianchi dei monti/ la sera, nei cieli dipinti/ e accesi di gialli e di rossi” ).(Intimità di contrade).
La fotografia artistica, come la poesia, sono per  T. Cevese  la comunicazione del suo vissuto interiore, che irrompe  soggettivamente, aprendo il suo occhio particolare, svelando la sua sensibilità, la sua cultura, la sua creatività, il suo io nella manifestazione dei fenomeni molteplici del mondo. Racconta infatti la vita, quella che ha vissuto, reale, quella che ha sognato e forse non è stata, uno sguardo volto a catturare e a raccontare il tempo, per fermare l 'attimo nel regno del quotidiano e della sua intimità, in una simbiotica fusione di armoniche misure, in modo che nel silenzio si apra un canto di essenza. (“ Stagioni di vita/ ove cerchi invano/ di posare la memoria/   sfuggono evanescenti/ come lucciole la notte. ( Tu misuri il tempo).. .svanirà il tempo/  che scorre disuguale/  nei curvi spazi dei pianeti/ col possibile contrarsi di galassie e universi (Il tempo)…  la vita d’ogni uomo/ è parabola che ascende/ nei gradi di coscienza/ e all’ Uno che si svela” (Eternità). 
Il quotidiano rassicurante permette di riflettere sulla  vita, che il poeta traduce in immagini icastiche, in momenti di pensiero e riflessione, accompagnate da impulsi  di stupore, di gioia e di malinconia: incalzano memorie, affetti, realtà contingente, voli onirici, insieme a momenti di ripiegamenti esistenziali, di ricerca del passato, delle radici, degli affetti familiari, e principalmente della spiritualità, della condivisione di dolore cristiano: “ Verrà un giorno e non sarà giorno/ un tempo e non sarà tempo/ una luce e non sarà luce…(Petalo di giglio) … e di me, di noi che sarà/… guarderò dall’altro mondo/ il volto dei miei cari/  avrò ricordo del  terreno?” (Tu misuri il tempo).
T. Cevese crede nella parola poetica:  “Ascolta le parole/ che serbano il segreto/ leggere come fole/ fluiscono nel greto/ percorso dalla vita…” ( Ascolta). Usa versi brevi, sempre controllati, semplici e classici,  sceglie con cura le parole, descrive sensazioni, emozioni, creando  ritmo e melodia, ed usando un linguaggio che si appella prevalentemente ai sensi: vedere, udire, odorare, toccare. Ci offre  liriche di delicata bellezza, che toccano il cuore del lettore.
Con consapevolezza e sicurezza del suo procedere  artistico nell’esergo del suo testo infatti dice: 
“ Immagini e parole nell’unica mia voce. Io sono quel che ho scritto con penna e con la luce per vostro e mio diletto”.

Maria Grazia Ferraris
Marzo 2020


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