martedì 24 marzo 2020

ROSSELLA CERNIGLIA LEGGE: "NATURA MEDICATRIX" DI GIOVANNI SCRIBANO



Giovanni Scribano
NATURA MEDICATRIX 

Recensione di Rossella Cerniglia

 
Sembrerebbe - quella presente nell’ultima opera di Scribano, dal titolo Natura Medicatrix - una poesia di paesaggi, una carrellata di visioni assai spesso calde e gioiose. E la forma di questa “gioia”, di questa aperta estatica visione, potrebbe essere quella di un animo che possiede equilibrio e un armonioso senso della bellezza. E per molti versi è così. E in tal senso, la forma che dà vita a questa visione, non può che essere quella che i canoni dell’arte classica, fin dall’antichità greca e latina, hanno privilegiato. È normale tutto ciò: a visione non può che corrispondere la particolare forma di essa. E il poeta è colui che dà essenziale forma alla sua visione interiore.
Nel nostro autore si tratta spesso - come avevo precedentemente rilevato - di una visione vagheggiata e romanticamente lontana. Una visione intessuta di  nostalgie remote che affiorano dal passato insieme ai ricordi e si aprono a realtà impalpabili e misteriose, ad una dimensione altra, di spazi interminati, come è, ad esempio, nel nostro Leopardi. D’altronde, reminiscenze e assonanze leopardiane troviamo in diversi suoi testi. Nei versi della poesia Natura Medicatrix - che riporta l’omonimo titolo della silloge - “La primavera è nell’aria” riecheggia, ad esempio, i leopardiani versi di Il passero solitario: “Primavera dintorno / brilla nell’aria...”.  Si tratta di suggestioni penetrate nel tessuto dell’anima, circolanti in essa come il respiro e l’aria circolano nei nostri polmoni e nel nostro sangue. Si tratta di moti e consonanze del sentire che hanno radici in noi, uniche, eppure universali.
Ma conviene ancora appuntare lo sguardo, come già nella lettura della raccolta Memoria e luce (2017) - dove vari testi confluiscono da altre sillogi - e di quella di Ad ogni nuovo giorno (2019) - su certe angolature, su certi scorci di questa visione, che non occupano mai interamente la scena, ma sembrano mostrarsi di sfuggita, obliquamente, dentro un paesaggio solare e pregno di serenità. Si tratta di scarti che spostano l’attenzione su altri piani o su particolari note o aspetti di realtà. Così, nello stesso testo - quello appena citato - l’idillio creato dalla viva e gioiosa partecipazione all’elemento naturale è bruscamente interrotto dal verso che lo chiude: “A sera m’attendono a cena gli amici” con un rapido passaggio, un’inversione di marcia che riporta l’incanto dell’idillio sulla rotta del quotidiano. Uno scadimento della prospettiva alta e inebriata e, certo, un ritorno ad una realtà che non traduce pienamente l’anelito del poeta.
Uno “scarto” presente e visibile  nei versi di quasi tutti i componimenti di questa raccolta, dove a tratti filtrano le ombre, simili a nuvole che appaiono e scompaiono nel cielo, offuscando i raggi del sole: si tratta spesso di pochi versi che segnano uno iato, accennando a turbamenti, alle distonie che si innervano  in certi sguardi e in certi pensieri che soppesano il mondo. Ne cito alcuni: da Idillio “...in alto volano misteriose / le creature dell’ombra...”; da Persi in viaggio tra mare e terra “…Mi confondono i brividi / dell’assenza”; e ancora, stesso testo: “tra sabbia e mare / qualcosa di sottile / ci sfiora” e ancora da Notturno: “...la luna malinconica e gialla/ raccoglie anime ombrose/ e impalpabili aliti/ gocce di nero/ ticchettano i pensieri...”.
Tali scantonamenti dalla visione gioiosa e solare della realtà innestano, a volte, descrizioni di natura impressionistica e colme di sinestetiche allusività come in Parole incantate: “..Una freccia di luce/ gela la strada./ È l’ora del niente e del tutto,/ di vite infinite disperse, spuntate./ I fiori piegati sugli esili steli ondeggiano, vibrano,/ come sfere infinite/ trasmettono/  suoni e segreti/ messaggi e misteri./ Suoni e voci transitano,/ si effondono, vibrano,/ folleggiano nel verde./ Poi scocca l’ora e stanca/ risuona la carne./In un angolo rintoccano petali di viole, una luce/ alita la nebbia e si spande/ velo silenzioso e sottile...”.
E’ ben visibile come il paesaggio abbia una sua particolare aura di intoccabilità: ci appare aeriforme e come soffuso di una nebbia gentile, volatile e dispersa e impalpabile, che è una connotazione dell’anima; a volte una sorta di stanchezza o monotonia lo pervade, in una forma inerme, arresa, ma dove fortuitamente irrompe un raggio di sole o altro elemento che torna a restituirla al suo pur esile equilibrio, alla sua gioia e vitalità, e ad una sempre rinascente speranza.  E così, Giovanni Scribano ci racconta la vita: impareggiabile bellezza, sentimento panico dove immanente viaggia l’Eterno che ne attraversa ogni forma. Riflessioni, dubbi, timori, che sostanziano un’inquietudine esistenziale ricorrente e una mai acquietata sofferenza della finitudine, e al contempo, una tensione e una speranza di sconfinamento verso un Oltre che è unanime anelito degli esseri tutti di questa terra.

Rossella Cerniglia


Giovanni Scribano. NATURA MEDICATRIX
Guido Miano Editore, 2019
mianoposta@gmail.com


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