Giovanni
Scribano
NATURA
MEDICATRIX
Recensione di Rossella Cerniglia
Sembrerebbe - quella presente nell’ultima
opera di Scribano, dal titolo Natura Medicatrix - una poesia di
paesaggi, una carrellata di visioni assai spesso calde e gioiose. E la forma di
questa “gioia”, di questa aperta estatica visione, potrebbe essere quella di un
animo che possiede equilibrio e un armonioso senso della bellezza. E per molti
versi è così. E in tal senso, la forma che dà vita a questa visione, non può
che essere quella che i canoni dell’arte classica, fin dall’antichità greca e
latina, hanno privilegiato. È normale tutto ciò: a visione non può che
corrispondere la particolare forma di essa. E il poeta è colui che dà
essenziale forma alla sua visione interiore.
Nel nostro autore si tratta spesso - come
avevo precedentemente rilevato - di una visione vagheggiata e romanticamente lontana.
Una visione intessuta di nostalgie
remote che affiorano dal passato insieme ai ricordi e si aprono a realtà
impalpabili e misteriose, ad una dimensione altra, di spazi interminati,
come è, ad esempio, nel nostro Leopardi. D’altronde,
reminiscenze e assonanze leopardiane troviamo in diversi suoi testi. Nei versi
della poesia Natura
Medicatrix - che riporta l’omonimo titolo della silloge - “La
primavera è nell’aria” riecheggia, ad esempio, i leopardiani versi di Il passero
solitario: “Primavera dintorno / brilla nell’aria...”. Si tratta di suggestioni penetrate nel
tessuto dell’anima, circolanti in essa come il respiro e l’aria circolano nei
nostri polmoni e nel nostro sangue. Si tratta di moti e consonanze del sentire
che hanno radici in noi, uniche, eppure universali.
Ma conviene ancora appuntare lo sguardo,
come già nella lettura della raccolta Memoria e luce (2017) - dove vari testi confluiscono
da altre sillogi - e di quella di Ad ogni nuovo giorno (2019) - su certe angolature,
su certi scorci di questa visione, che non occupano mai interamente la
scena, ma sembrano mostrarsi di sfuggita, obliquamente, dentro un paesaggio
solare e pregno di serenità. Si tratta di scarti che spostano l’attenzione su
altri piani o su particolari note o aspetti di realtà. Così, nello stesso testo
- quello appena citato - l’idillio creato dalla viva e gioiosa partecipazione
all’elemento naturale è bruscamente interrotto dal verso che lo chiude: “A sera
m’attendono a cena gli amici” con un rapido passaggio, un’inversione di marcia
che riporta l’incanto dell’idillio sulla rotta del quotidiano. Uno scadimento
della prospettiva alta e inebriata e, certo, un ritorno ad una realtà che non
traduce pienamente l’anelito del poeta.
Uno “scarto” presente e visibile nei versi di quasi tutti i componimenti di
questa raccolta, dove a tratti filtrano le ombre, simili a nuvole che appaiono
e scompaiono nel cielo, offuscando i raggi del sole: si tratta spesso di pochi
versi che segnano uno iato, accennando a turbamenti, alle distonie che si innervano in certi sguardi e in certi pensieri che
soppesano il mondo. Ne cito alcuni: da Idillio “...in alto volano misteriose / le
creature dell’ombra...”; da Persi in viaggio tra mare e terra “…Mi
confondono i brividi / dell’assenza”; e ancora, stesso testo: “tra sabbia e
mare / qualcosa di sottile / ci sfiora” e ancora da Notturno: “...la
luna malinconica e gialla/ raccoglie anime ombrose/ e impalpabili aliti/ gocce
di nero/ ticchettano i pensieri...”.
Tali scantonamenti dalla visione gioiosa e
solare della realtà innestano, a volte, descrizioni di natura impressionistica
e colme di sinestetiche allusività come in Parole incantate: “..Una freccia di
luce/ gela la strada./ È l’ora del niente e del tutto,/ di vite infinite
disperse, spuntate./ I fiori piegati sugli esili steli ondeggiano, vibrano,/
come sfere infinite/ trasmettono/ suoni
e segreti/ messaggi e misteri./ Suoni e voci transitano,/ si effondono,
vibrano,/ folleggiano nel verde./ Poi scocca l’ora e stanca/ risuona la carne./In
un angolo rintoccano petali di viole, una luce/ alita la nebbia e si spande/
velo silenzioso e sottile...”.
E’ ben visibile come il paesaggio abbia
una sua particolare aura di intoccabilità: ci appare aeriforme e come soffuso
di una nebbia gentile, volatile e dispersa e impalpabile, che è una connotazione
dell’anima; a volte una sorta di stanchezza o monotonia lo pervade, in una
forma inerme, arresa, ma dove fortuitamente irrompe un raggio di sole o altro
elemento che torna a restituirla al suo pur esile equilibrio, alla sua gioia e
vitalità, e ad una sempre rinascente speranza.
E così, Giovanni Scribano ci racconta la vita: impareggiabile bellezza,
sentimento panico dove immanente viaggia l’Eterno che ne attraversa ogni forma.
Riflessioni, dubbi, timori, che sostanziano un’inquietudine esistenziale
ricorrente e una mai acquietata sofferenza della finitudine, e al contempo, una
tensione e una speranza di sconfinamento verso un Oltre che è unanime
anelito degli esseri tutti di questa terra.
Rossella Cerniglia
Giovanni Scribano. NATURA
MEDICATRIX
Guido Miano Editore, 2019
mianoposta@gmail.com
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