Maria Grazia Ferraris,
collaboratrice di Lèucade
TANTI
MODI per parlare di DONNE. POLENE: da
Neruda a M. Luisa Spaziani
“Sono
le mitiche figure che sfidano i mari,
spesso gigantesche, intagliate nel legno massiccio, poste sulla punta dello
scafo con lo scopo di indicare senza confusioni ed incertezze il nome della
nave che le ospita….”. Sono l’anima della nave, gli occhi del mare, per lo più
volti femminili misteriosi e fatali, corrosi dal tempo e dal maltempo, con occhi attoniti che vedono quello che il marinaio
non vede e sta per avvenire, occhi spalancati su catastrofi indecifrabili.”
Così ce le presenta Claudio Magris. Parla di Donne, misteriose,
inquietanti. “Polene” si intitola
infatti l’ultimo romanzo-saggio dell’autore, edito nel 2019.Vale la pena di
cominciare dal significato preciso del termine,
usato abitualmente nel linguaggio marinaro.
Dice
il vocabolario Treccani di POLENA: “Figura scultoria ornamentale posta
all’estremità prodiera dello scafo di velieri e navi da diporto che, nella
grande epoca della vela, raggiunse forme spettacolari, anche con
rappresentazioni mitiche o allusive al nome della nave: polene di navi, in
aspetto di soavi angioli classicheggianti (E. Cecchi). Sono state oggetto di ammirazione, culto,
venerazione, fascinazione. Più poeti ne hanno fatto oggetto di canto, a
cominciare da sudamericani che ritrovavano con emozione quelle che scampavano
dall’Oceano, e venivano gettate dalle mareggiate sulla riva, come Pablo Neruda, che ne aveva raccolte con
grande coinvolgimento una collezione all’isola Negra, ultima sua residenza
cilena.
Ma non
dimentichiamolo: la POLENA è DONNA.
Sulle
sabbie di Magellano ti raccogliemmo affranta
navigante,
immobile
sotto
la tempesta che tante volte il tuo dolce petto
sfidò
e in due capezzoli divise.
Ti
rialzammo un’altra volta sui mari del Sud, ma ora
eri la
passeggera dell’oscuro, degli angoli, come
il
grano e il metallo che custodivi
in
alto mare, avvolta nella notte marina.
Oggi
sei mia, dea che l’albatro gigante
sfiorò
con la sua ampiezza spiegata nel volo,
quasi
un manto di musica che nella pioggia eseguono
le tue
cieche ed erranti palpebre di legno.
Rosa
del mare, ape più pura dei sogni,
donna
come una mandorla che dalle radici
di una
quercia popolata di canti
sei
divenuta forma, forza di foglie e nidi,
bocca
di tempeste, dolcezza delicata
che
avrebbe conquistato la luce coi suoi fianchi.
…angelo
e regina e onda, per far tremare il mondo.
Il
brivido degli uomini saliva
fino
alla tua nobile tunica, al tuo petto di mela,
mentre
le tue labbra, oh dolce, erano inumidite
da
altri baci degni della tua bocca selvaggia.
.
…Nei
tuoi riccioli il vento aprì la burrascosa
sua
cassa, lo sfrenato metallo del suo gemito,
e la
luce dell’alba ti accolse tremolante
nei
porti per baciarti il grondante diadema.
….
Più di
una povera vita scivolò dalle tue braccia
verso
l’eternità delle tue acque mortuarie
e
l’attrito causato dai vivi e dai defunti
ti ha
logorato il cuore di legno marino.
Oggi
abbiamo raccolto dalla sabbia la tua forma.
Alla
fine, ai miei occhi tu eri destinata.
Forse
dormi, ma già dormivi; sei forse morta, ma già eri morta;
.
…Furie
del mare, percosse del cielo hanno cinto
di una
corona di squarci la tua testa altera
e il
tuo volto come una conchiglia riposa
con
ferite che segnano la tua fronte cullata.
Per me
la tua bellezza serba tutto il profumo,
tutto
l’acido errante e la sua notte buia.
E nei
tuoi seni eretti di lampada e di dea,
turgida
torre, immoto amore, vive la vita.
Tu
navighi con me, protetta, fino al giorno
che
ciò che io sono, sarà lasciato cadere nella schiuma.
A una polena , Pablo
Neruda in Canto general (1950)
Ancora
espressione di sensibilità sudamericana
troviamo in JUAN OCTAVIO PRENZ (La Plata, Argentina, 1932), che ha vissuto a
lungo a Trieste e di cui Claudio Magris in Figure di prua, 2019) ci
parla lungamente. Ma Mascarón de proa,
come s’intitola il suo libro di poesie, è un cimitero strano, impersonale e
anonimo come la voce di chi le nomina; è la contemplazione di una forma di vita
che scorre e si corrompe, che è di tutti e di nessuno. Le sue polene, la Nelly,
la Rosa Inés, simile a Evita, o quella chiamata “Nostalgia”, si ripartiscono
equamente, dice in una poesia, la posterità degli aneddoti, che potrebbero
altrettanto legittimamente essere scambiati a vicenda.
Un
occhio guarda avanti, in lontananza,
l’altro,
verso il basso, nelle profondità.
In
acque calme, com’era da prevedersi,
si
sono alternati senza difficoltà. (Prospettiva)
Ma
nella burrasca…
“Il
tempo rende a poco a poco inoffensive le polene più stregate e paurose, il
fango si indurisce nei pori del legno, le figure s’inclinano ancora di più che
sulla prua, vinte dagli anni e dalle intemperie.”
Sono
le stagioni esatte delle tue paure e delle tue allegrie….
La
muta voce del cimitero le ha uguagliate ( Resti del naufragio)
Ne
parlano anche poetesse donne: GISELA
GALIMI, poetessa argentina, come grande realtà simbolica in cui identificarsi,
una testimonianza di dedizione e d’amore appassionato e senza limiti tutto femminile:
Voglio
essere la polena
della
tua vita.
Quella
che va davanti a te
mettendo
in fuga le paure.
Quella
che non serve a niente.
Né
timone,
né
vela,
né
vento,
né
ancora.
Quella
che si ama perché sì.
Quella
inutile abbracciata al tuo legno
anche
nei giorni di tempesta. (Polena, da
Chiaroscuro e colorato, Libros de tierra firma, 2005)
Tra le
italiane si dedica all’argomento M. L. Spaziani, in Pallottoliere celeste, Mondadori 2019-
(È
l'ultima raccolta che l'autrice ha consegnato al suo editore). Vibra nella sua
immagine della polena la storia delle delusioni della vita e la nostalgia di un
passato vitale che non è più. Bella, intrigante nel suo mistero, salvata dalla
demolizione, immobile nel suo silenzio la polena, la donna, rivede tempeste e naufragi. Un campo di
battaglia lontano ma non dimenticato, che ancora, nel ricordo si in azzurra.
Io
sono la polena che qualcuno ha salvato
dalla
demolizione di un veliero.
Aquila
su scialba insegna d’osteria,
non
fisso più orizzonti né tempeste.
Tu che
passi sforzati di credere
allo
slancio delle mie ali spiegate...
Gli
anni si accavallano a riccioli di spuma
e a
intermittenti ondate nere.
Mi
divide dal mare una spiaggia che cresce
nel
cuore della notte e mi ributta
relitti
di naufragi.
….Fra
i libri/ della mia adolescenza vigoreggiano
i
balocchi dei figli, ed a brandelli
sfilacciati
il mio abito da sposa.
Non si
riposa il mare. E mi pretende
vigile
a contemplare quanto resta
sul
campo di battaglia. In prospettiva
si
inazzurra il passato. E benedico
i miei
e altrui peccati .( La polena)
Da
ultimo CRISTINA TAGLIETTI, sul Corriere
della sera, ci trascrive una poesia anonima che ben delinea la
enigmatica mostruosità della polena, ma anche il suo misterioso fascino.
La DONNA e il suo mistero.
Galleggiava
altera e impettita, a volte rotolando
s’immergeva
e scompariva per riapparire capovolta.
Il
viso bruciato raccontava il sale di mille mari avversi
mentre
piano, dondolando lentamente, si avvicinava.
…..il suo sguardo ligneo e fiero m’interrogava
divertito.
L’ultima
capriola rese i resti della sua bellezza antica,…
Il
sorriso riarso si spense in una smorfia sghemba
rotolò
nuovamente e s’immerse per non riapparire…
…quel
sorriso è rimasto scolpita nel mio cuore a monito
della
caducità della bellezza, effimero volo del tempo.
Maria
Grazia Ferraris
8 marzo
2020
Maria Grazia la tua disamina è a dir poco affascinante. Ci riporti le voci di Autori meno noti di altri e a quelli immensi, come Neruda, che rese la donna sua dea per eccellenza, anche in virtù delle doti di noto amatore. E ogni estratto ci illumina sulle sfaccettature messe in luce da questi personaggi della Cultura. Sei fonte di arricchimento, come sempre e come sempre sai divagare tra il lieve e l'intenso. Citi la Taglietti e una sua lirica che dipinge la donna come creatura misteriosa e ineffabile, una creatura che sembra figlia del mare e legata a esso dagli stessi destini... Sei capace di regalarci con i tuoi studi novità letterarie e interpretazioni umane straordinarie. Sono una tua grande ammiratrice. e mi scuso se spesso non riesco a misurarmi con i tuoi scritti. Un abbraccio.
RispondiEliminaMaria Rizzi
Mi scuso ancora per i refusi: 'Autori meno noti e altri,immensi, come Neruda"... L'impeto di cui parli con saggezza, dà questa frutti. Ti abbraccio ancora e ti ringrazio per il commento al mio fac -simile di poesia.
RispondiEliminaMaria Rizzi