mercoledì 25 marzo 2020

PIER PAOLO DINELLI: "L'AMORE AL TEMPO DEL CORONAVIRUS..."


Pier Paolo Dinelli, scrittore famoso in Versilia per la sua vasta cultura, per la sua versatilità in campo narrativo e critico, per il suo ingegno eclettico e plurale nel saper  adattare il linguaggio a qualsiasi tema culturale, ci fa dono di questo scritto di estrema attualità, dove risalta con efficace positura ontologica il sacrosanto dono della creatività. Il linguaggio corre fluente e amabile nel reificare il tema dell’amore arricchito da riferimenti di alta valenza culturale; di alto spessore umano.

L’ amore al tempo del coronavirus
I rapporti affettivi durante l’isolamento

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AMORE E PSICHE
La natura dei rapporti umani  sono sempre stati un bell’enigma, tanto che fin dall’antichità pensatori e filosofi si sono chiesti quale fosse il legame che univa,  ad esempio, l’uomo e la donna. Iniziò Platone che nel Simposio narra il mito di Ermafrodito. In origine gli uomini erano veramente strani: avevano quattro braccia e quattro gambe e presentavano i caratteri sessuali sia maschili sia femminili. Erano molto forti e superbi tanto da indispettire gli dei per la loro arroganza.  
Zeus ebbe un'idea. "lo credo - disse - che abbiamo un mezzo per far sì che la specie umana sopravviva e allo stesso tempo che rinunci alla propria arroganza: dobbiamo renderli più deboli. Detto questo, si mise a tagliare gli uomini in due, come si tagliano le sorbe per conservarle, o come si taglia un uovo con un filo. […]. Quando dunque gli uomini primitivi furono così tagliati in due, ciascuna delle due parti desiderava ricongiungersi all'altra[...]Dunque ciascuno di noi è una frazione dell'essere umano completo originario. Per ciascuna persona ne esiste dunque un'altra che le è complementare, perché quell'unico essere è stato tagliato in due, come le sogliole. E' per questo che ciascuno è alla ricerca continua della sua parte complementare.”
Quindi secondo questo mito l’uomo è spinto alla ricerca della donna e viceversa perché essa rappresenta la sua metà mancante. Anche nella Bibbia c’è una storia simile.
Dio il Signore formò l’uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l’uomo divenne un’anima vivente . . . Poi Dio il Signore disse: ‘Non è bene che l’uomo sia solo; io gli farò un aiuto che sia adatto a lui’ . . . Allora Dio il Signore fece cadere un profondo sonno sull’uomo, che si addormentò; prese una delle costole di lui, e richiuse la carne al posto d’essa. Dio il Signore, con la costola che aveva tolta all’uomo, formò una donna e la condusse all’uomo. L’uomo disse: ‘Questa, finalmente, è ossa delle mie ossa e carne della mia carne. Ella sarà chiamata donna perché è stata tratta dall’uomo’”.Gn 2:7,18,21-23.
Anche nella Bibbia la donna è parte dell’uomo, non è la sua metà, ma si può dire che nasca da lui per gemmazione. Sta di fatto che ne è una parte. I due racconti però differiscono in un aspetto importante. Infatti per i Greci l’unità non si ricreerà mai e le due parti resteranno sempre in continua ricerca, per i cristiani questa unione invece  si ricomporrà con il matrimonio.
“per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto ( Mc 10, 2-16)”
Questa diversa concezione del legame uomo/donna genererà anche ben diversi abitudini sociali. In ambiente occidentale, sia greco sia latino, la donna poteva separarsi dal marito e i legami familiari erano molto flessibili. Ad esempio una grande diffusione di divorzi si ebbe in Roma con l'emanazione da parte di Augusto della lex de ordinibus maritandis diretta soprattutto a frenare la diminuzione delle nascite nella aristocrazia: i divorzi erano visti come occasione di unioni più assortite e prolifiche. In ambiente medio orientale la donna era invece legata indissolubilmente all’uomo e il tradimento o il ripudio poteva prevedere pene assai severe come la lapidazione.  Ma andiamo avanti. Nel Medio Evo, come ci racconta Johan Huzinga ne “L’autunno del Medio Evo” la passione amorosa aveva un andamento bipolare: o vista come sentimento angelico che permette all’uomo di elevarsi fino al cielo (es. L’amor cortese), o come istinto godereccio atto a esaudire anche i più bassi istinti. In questo caso l’amore era la risposta o almeno l’antidoto all’angoscia della morte che pervade la società in quei secoli ( cfr. Il Settimo Sigillo, il cavaliere che gioca a scacchi con la morte). Nell’età dei lumi la passione si deve piegare alle regole della ragione. Per Kant  esistono due tipi di amore: uno inteso come inclinazione e come sentimento e l’amore pratico, secondo i principi dell’intelletto, non dettato dalla passione ma dalla ragione, legato alla scelta e al giudizio: quest’ultimo, per il nostro filosofo è chiaramente da preferire.  Concezione che verrà ribaltata in epoca romantica dove l’amore è inteso come passione, tempesta, sconvolgimento dei sensi e della ragione.
E poi arriva Freud con la psicanalisi scompaginando un po’ le carte.  Eh si perché mentre fino ad ora l’amore riguardava ragione e sentimento, Sense and Sensibility per dirla con Jan Austen, ora entrano in gioco altre componenti. Infatti per il medico viennese  l’ Io di ciascuno di noi ( cioè quell’entità astratta ma reale in base alla quale noi percepiamo di esistere, abbiamo una coscienza, una individualità, traiamo giudizi,ecc..) è costituito da due contenitori, o meglio come due pile collegate in serie che gli permettono di funzionare: il conscio e l’inconscio. Il primo è la parte razionale del nostro Io e ci permette di rimanere in contatto con il mondo esterno attraverso le percezioni: grazie ad esso sappiamo di esistere, agiamo nel mondo, facciamo progetti, ci relazioniamo. Il secondo, l’inconscio, invece è la parte sommersa della psiche e i suoi scopi sono autonomi e nascosti alla coscienza superficiale. Mentre la parte conscia della psiche è ben ordinata e facilmente accessibile, l’ inconscio è un profondo buco nero nel quale ribollono  pensieri nascosti al sentire immediato, godendo di vita autonoma, in quanto le forze psichiche in esso contenute lottano e agiscono all'oscuro della nostra coscienza .  Ma cosa contiene l’inconscio? In esso sono contenute quelle forze psichiche, quelle pulsioni si direbbe, ancestrali che derivano ad esempio dal nostro essere animali. Ad esempio quelle tendenze o bisogni dettati dalla specie. Per Darwin ogni specie animale è dotata di una propria intelligenza che le permette di sopravvivere e non estinguersi: da qui il bisogno innato all’autoconservazione, alla riproduzione, al nutrirsi. Freud ha distinto due grandi tipi d’istinti presenti nell’Io fin dalla sua nascita : l’istinto di vita e l’istinto di morte. L’istinto di vita  esprime i bisogni affettivi e sessuali, e prede il nome di libido. La libido è per Freud la madre di tutte le pulsioni.  L’ istinto di morte è definito come aggressività ed è la tendenza che abbiamo di danneggiare l’ altro, demolirlo, costringerlo, umiliarlo, e può rivolgersi anche contro noi stessi. La libido dunque è presente nel bambino fin dalla nascita e si sviluppa per stadi: ogni fase corrisponde ad una zona erogena del corpo sulla quale vengono concentrati e scaricati gli impulsi libidici. Fino a 3 anni lo sviluppo libidico è rivolto solo su di sé. Da 3 anni in poi si cerca un oggetto esterno. OK, va bene: fin qui tutto chiaro. Ma come interfacciano conscio e inconscio? Come si è detto le due componenti della psiche sono in connessione pertanto qualcosa dall’inconscio può emergere. In particolari stati di abbassamento della coscienza, come durante il sonno, la ipnosi, ecc.. possono riaffiorare dall’inconscio alcuni elemento psichici. L’inconscio purtroppo comunica in un modo più articolato e profondo, grazie ad un linguaggio simbolico. Freud ha dato ad esempio una grande importanza alla interpretazione dei sogni come strada per accedere alla conoscenza delle componenti più profonde dell’inconscio. Jung, successore rinnegato di Freud, ipotizzò che la mitologia, cioè quell’insieme di racconti che le varie culture nel corso del tempo hanno tramandato, fosse una sorta di inconscio collettivo: cioè  ogni racconto contenesse un significato simbolico profondo riconducibile a qualche pulsione. Il mito  quindi viene assunto come una manifestazione collettiva altamente elaborata dello spirito umano, in cui si rivelano e, al tempo stesso, si dissimulano certe tendenze inconsce. Quindi per Freud il big bang di tutto l’universo psichico è la pulsione sessuale che inizialmente il bambino ha per la madre: per tutta la vita noi proveremo sempre nostalgia per questo primordiale sentimento amoroso, ricercandolo inutilmente negli altri. Inoltre per Freud l’amore non è privo di narcisismo. La passione amorosa è una passione narcisistica (Cfr. S.Freud, Introduzione al narcisismo). L’amore per l’altro è soprattutto amore di sé: noi ci innamoriamo del noi rispecchiato nell’altro. L’innamoramento quindi per Sigmund è un corto circuito: non c’è speranza che esista amore non narcisistico. Ma! Ben diversa è la concezione proposta da Lacan “L'amore è donare quello che non si ha a qualcuno che non lo vuole”. Per capire questa frase bisogna però fare alcuni passi indietro. L’inconscio di Lacan è ben diverso da quello di Freud e Jung. L’inconscio freudiano è un insieme di pulsioni che noi percepiamo in maniera simbolica, cioè grazie a significati complessi e articolati. Quindi per Freud per accedere ai contenuti inconsci dobbiamo procedere ad un processo di interpretazione. Per Lacan invece l’inconscio ha la struttura del linguaggio, cioè un insieme ordinato di particolari segni. E’ come una rete che funziona secondo una logica, anche se non è quella dell’Io cosciente. In questa rete circola la pulsione, la libido. Quindi l’inconscio non è più un buco nero inaccessibile, ma è il luogo da cui il soggetto, grazie ad un processo di associazione, riceve il proprio messaggio che lo riguarda in prima persona. Però nell’inconscio risiedono solo i significanti, la parte convenzionale della parola: i significati, il contenuto, andranno  elaborati grazie ad una ricerca, ad un confronto con ciò che è fuori da noi, con l’ Altro. Pertanto per il soggetto, la risposta ai suoi problemi è situata nel luogo dell’Altro. Chiaramente Lacan è figlio del suo tempo, o meglio della riflessione filosofica e culturale sul ruolo del linguaggio che si ha a partire dal secondo dopoguerra e che ne privilegia il ruolo a livello esistenziale e conoscitivo, anche evidenziandone i limiti e le incongruenze. Il linguaggio infatti è sempre una approssimazione perché, come diceva il filoso Derrida, esiste inevitabilmente un scarto fra le parola e le cose: una differance. Il linguaggio gioca però tutta la sua partita su un processo di associazione, di ricongiungimento fra due entità, significato/ significante, che solo nell’unità garantiscono la loro funzionalità: ricordate il mito raccontato da Platone?  E già perché siamo ritornati lì. La dinamica psichica si attua in questa continua ricerca di qualcosa che è fuori di noi per compensare ciò che in noi manca e del quale ne avvertiamo l’assenza.  Ma allora cosa è l’amore per Lacan? Il bisogno d’amore nasce da un buco, cioè da una mancanza, dalla mancanza dell’Altro, e reciprocamente domanda di mancare all’Altro. Amare è donare la propria mancanza. Ma questo implica che nell’amore ci sia sempre un muro. Il muro è il linguaggio, nel senso che è una struttura di separazione e incomprensione anche se l’ unico strumento di relazione. L’esistenza del linguaggio separa il soggetto dal corpo da cui viene. Il linguaggio separa e distingue l’Io dal resto del mondo.  L’esperienza dell’amore tramite il linguaggio implica quindi una separazione. Anche secondo Lacan, come per Freud, tendiamo ad innamorarci di persone in cui ci rispecchiamo, ma l’amore che deriva dalla specularità è l’amore narcisistico del farsi amare, dell’ amare se stessi nell’Altro, è l’amore come rispecchiamento. In questo amore narcisistico quello che conta non è l’Altro, ma l’Uno, la fusione, il desiderio di essere Uno: sempre Platone! L’amore è attrazione verso l’Uno, è essere una cosa sola ( cfr. Bibbia)? E’ una reciprocità speculare? Per certi versi l’amore è l’illusione del fare Uno, ma questa illusione è solo la degradazione narcisistica dell’amore. Per Lacan l’amore, quello corrisposto, quello che fa sì che l’amante sia anche l’amato, si basa sul rapporto fra soggetti. Si ama l’eterogeneità radicale dell’Altro, l’altro in quanto Altro. Al di là delle qualità che possiede, semplicemente per se stesso. Per Lacan l’altro, proprio per la sua diversità, è la compensazione di ciò che ci manca. L’uomo e la donna conservano infatti una loro diversità incolmabile. Soprattutto a livello sessuale essi ricercano e desiderano cose diverse. Il mistero dell’amore per Lacan è tutto qui: nel donare ciò che non siamo e non abbiamo, all’altro che certamente cerca e desidera cose diverse. Sembra una assurda contraddizione, ma forse Lacan non ha torto. E ce ne accorgiamo proprio oggi al tempo del coronavirus. La mancanza dell’altro, della possibilità di relazionarsi, di avere contatti, mette in evidenza i nostri limiti e i nostri bisogni. “Nell’assenza si avverte la mancanza” diceva un filosofo. L’assenza dell’altro ci rivela il bisogno che abbiamo di lui, non solo come compagnia o svago. Avvertiamo che comunque l’altro, anche nella diversità che lo caratterizza, è lo strumento per attivare la nostra ricerca di significato, per esaudire il nostro bisogno di senso. E’ forse la sponda entro la quale scorre il nostro essere. Un argine a volte duro e spigoloso, ma che ci permette di fluire in una direzione, senza disperderci in una inutile stagnazione. L’Io senza l’Altro è indecifrabile anche per se stesso.  Oggi più che mai tendiamo alla omologazione, uniformando e standardizzando comportamenti, bisogni e desideri. Perché ciò che è simile a noi ci rassicura soddisfacendo il nostro narcisismo. Al contrario è nell’accettazione e nel confronto con la diversità, anche se inconciliabile, che risiede la forza non solo del sentimento amoroso, ma anche di qualsiasi arricchimento esistenziale. Camaiore 19 marzo 2020.   
Pier Paolo Dinelli      


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