mercoledì 29 aprile 2020

CARMELO CONSOLI LEGGE: "LE COSE DEL MONDO" DI PAOLO RUFFILLI






CARMELO CONSOLI





















COLLABORATORE DI LEUCADE




                                    Le cose del mondo
                                     di Paolo Ruffilli



Se potessi dare un'appellativo nuovo  all'ultimo lavoro poetico di Paolo Ruffilli mi piacerebbe considerarlo come un armonioso “Trattatodi grande respiro sui comportamenti umani derivanti dal loro appartenere ad una travagliata esistenza, in cui una  minuziosa e arguta  analisi viene poi anche estesa ad una articolata presenza di oggetti e particolari, raramente indagati poeticamente,  strettamente legati all'arte  o al bisogno del vivere.
Trattandosi di un volume sviluppatosi in un arco temporale molto lungo offre anche una  particolare visione della personalità umana e artistica dell'autore, attraversata da una profonda inquietudine e dalla esigenza di fare chiarezza e verità su qualsiasi cosa  attenga all'umano procedere,  onde individuarne precarietà ed esaltazioni, speranze ed illusioni, aggregazioni e solitudini.
Scorrendo il libro risulta difficile al lettore  non identificarsi nel complesso panorama descritto dal poeta e prendere atto di appartenere a quella categoria di umanità illustrata nel proprio quotidiano manifestarsi, non ammettere la propria fragilità sostanziale su scelte e strade intraprese e risultati disattesi.
Siamo messi di fronte, in gran parte del libro, ad  umanissima sequenza di argomenti, azioni, sensazioni,  atteggiamenti, pensieri, sentimenti, modalità del dire e del fare, verifiche e  concettualità di cui scopriamo la consistenza e l'inconsistenza, la finalità e la sua contraddizione, lo scatto iniziale e la successiva decadenza.
Una vera rassegna di come viene affrontata  l'esperienza esistenziale strettamente legata alla convivialità, ai rapporti interpersonali, resa preziosa grazie all'utilizzo di una parola poetica solcata sempre da una sottile emozione che la lega alla vita e sottoposta ad un esemplare lavoro di cesellatura, incisività, essenzialità;  insomma trattata a bulino, raro esempio di come  ricavare leggerezza e musicalità anche trattando materiale lirico di crude realtà ed attinente ad argomentazioni di natura psico analitica.
Apre la corposa silloge la componente del viaggio, la sezione, a mio giudizio, più partecipata  e vissuta in prima persona dall'autore, ed ossia quell'errare per treni, stazioni, sale di aspetto, alberghi, quel vagare per andate e ritorni, entrare  nei sogni ed uscirne nella stanca routine quotidiana; essere insomma preda di una sostanziale solitudine, non appartenere a niente e a nessuno, sentirsi straniero nel mondo tra coscienza, dubbio e delusione.
Una esperienza lacerante dunque ma che ha il pregio del cambio continuo delle prospettive, condizione essenziale  che alimenta la speranza , costituisce la resurrezione costante di cui si nutre costantemente  il sogno umano.
Un'anteprima davvero significativa questa che chiude il sipario sul movimento e ne apre altri che squarciano veli su stati d'animo, tentazioni, intenzioni, necessità e scoperte e tutto quanto attiene ad un atteggiamento umano di posa e azione nei confronti di una convivenza con il mondo ed i suoi contradditori fenomeni.
Ci ritroviamo quindi con il concetto della “Seduzione”, con quello della “Contraddizione”o della “Fantasia” e ancora con la “Pretesa”, la “Resistenza”, l' “Orrore”, il “ Successo” e molto altro in una gamma di incontri/scontri  tra ragionamenti e interrogativi, approvazioni e disapprovazioni, in cui si svelano l'effimero e il miraggio con le proprie devianze e la sostanza di fondo, la morale della favola appunto.
Così è anche per la “Notte bianca” terza  sezione, nel suo allargarsi e dilatarsi negli orizzonti al  “Pensiero”, allo “Sguardo”, al “Tempo”, all' “'Universo”, alla “Gioia”, al “Lutto”, al “Cielo” e a quella Felicità che:”/ sempre si confonde con la dissolvenza stessa/, la dissomiglianza di ogni cosa/” come cita in meravigliosi versi.
Si tocca con mano l'intensa conoscenza della vita e di come va il mondo, dell'autore con i suoi dritti e rovesci; un poeta Ruffilli di grande esperienza, attraversato da una  saggia e triste consapevolezza di un  inutile esibirsi e di una estrema finitudine dell'umana presenza.
Ma le sezioni che più intrigano, con grande sorpresa  il lettore sono le successive “ Le cose del mondo” e “Atlante anatomico”.
Ed è qui che si scatena la parola indagante, dissacrante, disincantata con qualche concessione alla fantasia di Ruffilli che apre il suo sguardo, sempre  avidamente curioso, su oggetti, particolari, componenti di uso comune e quotidiano;  ne analizza con minuzia utilizzi, particolarità, pregi, difetti, caricandoli di una loro personalità, con talora surreali, stupefacenti  tratteggiamenti e corpose pennellate che ne danno il senso della tattilità .
Particolari come un libro, una sedia, una scarpa, un letto, una finestra , una gomma, una lavagna e molto altro ancora si  accendono e raccontano la loro avventura e a cui l'autore assegna la propria poetica finalità e verità esistenziale, il senso non banale della loro presenza.
Non  meno interessante il suo “Atlante anatomico” un sorvolo a tutto corpo, mi verrebbe da dire, su ciò che costituisce l'anatomia umana dai capelli, al collo, al cervello, ai denti, alle ginocchia, alle labbra alle mani, e così via entrando persino nella più profonda intimità dei testicoli e della vulva.
Un terreno fertile questo per l'autore che si inoltra avidamente nelle pieghe più sensibili e scoperte dell'agire umano, su quelle parti da sempre delizia e croce ed aggiungo anche mistero da esibire, volenti o nolenti nella estenuante ricerca della bellezza , della vanità, della seduzione, ma anche oggetto di una interiore esplorazione esistenziale.
Ad un poeta come Ruffilli che tanto ha cantato la sensualità nelle sue varianti non poteva di certo sfuggire questo capitolo che ha fondamentale importanza nello studio del comportamento umano.
Le ultime parti del libro toccano e analizzano con notevole  sensibilità la terra sterminata della parola  umana, le dinamicità da cui essa scaturisce, il suo essere a turno semplice, fatale, sciolta, libera o legata nella mente, parlata o avvolta nel silenzio.
Dal suo canto si deduce un lungo, reale esercizio di attento ascolto e di rivelazioni, maturato nel tempo.

Ricchissima è dunque questa ultima silloge di Paolo Ruffilli, di certo un'opera ponderosa che non scade mai nella sua finissima e virtuosa elaborazione, in cui è proprio la sua parola poetica a rivelarsi più che mai l'arma vincente con una avvolgente e accattivante presa.
Un volume che si legge agelvolmente  e che entra nella vita di tutti i giorni svelandosi     sorprendente guida su comportamenti, concetti , modalità del vivere e quindi su tutte “le cose del mondo” con le quali e attorno alle quali esistiamo, aprendosi  a tematiche esistenziali fondamentali sempre con leggerezza, disincanto, ironia supportato  da un linguaggio esemplare ed escusivo, restanto comunque sempre avvolto in una   strisciante  inquietudine.

Carmelo Consoli


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