CARMELO CONSOLI
COLLABORATORE DI LEUCADE
Le
cose
del
mondo
di Paolo
Ruffilli
Se
potessi dare un'appellativo nuovo all'ultimo
lavoro
poetico
di
Paolo
Ruffilli
mi
piacerebbe
considerarlo come un armonioso “Trattato”
di
grande respiro
sui
comportamenti
umani
derivanti
dal
loro
appartenere
ad
una
travagliata
esistenza,
in cui una minuziosa e arguta analisi viene poi
anche
estesa
ad
una
articolata
presenza di oggetti e particolari, raramente indagati poeticamente, strettamente
legati
all'arte o
al
bisogno
del
vivere.
Trattandosi
di
un
volume
sviluppatosi
in
un
arco
temporale
molto
lungo
offre
anche
una particolare
visione
della
personalità
umana
e
artistica
dell'autore,
attraversata
da
una
profonda
inquietudine
e
dalla
esigenza
di
fare
chiarezza
e verità su qualsiasi
cosa attenga
all'umano
procedere, onde
individuarne
precarietà
ed
esaltazioni,
speranze
ed
illusioni,
aggregazioni
e
solitudini.
Scorrendo
il
libro
risulta
difficile
al
lettore non
identificarsi
nel
complesso
panorama
descritto
dal
poeta
e
prendere
atto
di
appartenere
a
quella
categoria
di
umanità
illustrata
nel
proprio
quotidiano
manifestarsi,
non
ammettere
la
propria
fragilità
sostanziale
su
scelte
e
strade
intraprese
e
risultati
disattesi.
Siamo
messi
di
fronte,
in
gran parte
del
libro,
ad umanissima sequenza
di
argomenti, azioni, sensazioni, atteggiamenti,
pensieri, sentimenti, modalità del
dire
e
del
fare,
verifiche e concettualità di
cui
scopriamo
la
consistenza
e l'inconsistenza,
la finalità e la sua contraddizione, lo scatto
iniziale e la successiva decadenza.
Una
vera rassegna di come viene affrontata
l'esperienza esistenziale strettamente legata alla convivialità, ai
rapporti interpersonali, resa preziosa grazie
all'utilizzo
di
una
parola
poetica
solcata
sempre
da
una
sottile
emozione
che
la
lega
alla
vita
e
sottoposta
ad
un
esemplare
lavoro
di
cesellatura,
incisività,
essenzialità;
insomma trattata a bulino, raro
esempio
di
come ricavare
leggerezza
e
musicalità
anche
trattando
materiale
lirico
di crude realtà ed attinente ad
argomentazioni
di
natura
psico
analitica.
Apre
la
corposa
silloge
la
componente
del
viaggio,
la
sezione,
a
mio
giudizio,
più
partecipata e
vissuta
in
prima
persona
dall'autore,
ed
ossia
quell'errare
per
treni,
stazioni,
sale
di
aspetto,
alberghi,
quel vagare
per
andate
e
ritorni,
entrare nei
sogni
ed
uscirne
nella
stanca
routine
quotidiana;
essere
insomma
preda
di
una
sostanziale
solitudine,
non
appartenere
a
niente
e
a
nessuno,
sentirsi
straniero
nel mondo tra coscienza,
dubbio
e
delusione.
Una
esperienza
lacerante
dunque
ma
che
ha
il
pregio
del
cambio
continuo
delle
prospettive,
condizione
essenziale che
alimenta
la speranza , costituisce la resurrezione costante di cui si nutre
costantemente il
sogno
umano.
Un'anteprima
davvero significativa questa che
chiude
il
sipario
sul
movimento
e
ne
apre
altri
che
squarciano
veli
su stati
d'animo,
tentazioni, intenzioni, necessità e scoperte e tutto quanto attiene ad un
atteggiamento umano di posa e azione nei confronti di una convivenza con il
mondo ed i suoi contradditori fenomeni.
Ci
ritroviamo quindi con il concetto della “Seduzione”, con quello della
“Contraddizione”o della “Fantasia” e ancora con la “Pretesa”, la “Resistenza”,
l' “Orrore”, il “ Successo” e molto altro in una gamma di incontri/scontri tra ragionamenti e interrogativi,
approvazioni e disapprovazioni, in cui si svelano l'effimero e il miraggio con
le proprie devianze e la sostanza di fondo, la morale della favola appunto.
Così
è anche per la “Notte bianca” terza
sezione, nel suo allargarsi e dilatarsi negli orizzonti al “Pensiero”, allo “Sguardo”, al “Tempo”, all'
“'Universo”, alla “Gioia”, al “Lutto”, al “Cielo” e a quella Felicità che:”/
sempre si confonde con la dissolvenza stessa/, la dissomiglianza di ogni cosa/”
come cita in meravigliosi versi.
Si
tocca con mano l'intensa conoscenza della vita e di come va il mondo,
dell'autore con i suoi dritti e rovesci; un poeta Ruffilli di grande
esperienza, attraversato da una saggia e
triste consapevolezza di un inutile
esibirsi e di una estrema finitudine dell'umana presenza.
Ma
le sezioni che più intrigano, con grande sorpresa il lettore sono le successive “ Le cose del
mondo” e “Atlante anatomico”.
Ed
è qui che si scatena la parola indagante, dissacrante, disincantata con qualche
concessione alla fantasia di Ruffilli che apre il suo sguardo, sempre avidamente curioso, su oggetti, particolari,
componenti di uso comune e quotidiano;
ne analizza con minuzia utilizzi, particolarità, pregi, difetti,
caricandoli di una loro personalità, con talora surreali, stupefacenti tratteggiamenti e corpose pennellate che ne
danno il senso della tattilità .
Particolari
come un libro, una sedia, una scarpa, un letto, una finestra , una gomma, una
lavagna e molto altro ancora si
accendono e raccontano la loro avventura e a cui l'autore assegna la
propria poetica finalità e verità esistenziale, il senso non banale della loro
presenza.
Non meno interessante il suo “Atlante anatomico”
un sorvolo a tutto corpo, mi verrebbe da dire, su ciò che costituisce
l'anatomia umana dai capelli, al collo, al cervello, ai denti, alle ginocchia,
alle labbra alle mani, e così via entrando persino nella più profonda intimità
dei testicoli e della vulva.
Un
terreno fertile questo per l'autore che si inoltra avidamente nelle pieghe più
sensibili e scoperte dell'agire umano, su quelle parti da sempre delizia e
croce ed aggiungo anche mistero da esibire, volenti o nolenti nella estenuante
ricerca della bellezza , della vanità, della seduzione, ma anche oggetto di una
interiore esplorazione esistenziale.
Ad
un poeta come Ruffilli che tanto ha cantato la sensualità nelle sue varianti
non poteva di certo sfuggire questo capitolo che ha fondamentale importanza
nello studio del comportamento umano.
Le
ultime parti del libro toccano e analizzano con notevole sensibilità la terra sterminata della
parola umana, le dinamicità da cui essa
scaturisce, il suo essere a turno semplice, fatale, sciolta, libera o legata
nella mente, parlata o avvolta nel silenzio.
Dal
suo canto si deduce un lungo, reale esercizio di attento ascolto e di
rivelazioni, maturato nel tempo.
Ricchissima
è
dunque
questa
ultima
silloge
di
Paolo
Ruffilli,
di
certo
un'opera
ponderosa
che
non
scade
mai
nella
sua
finissima
e
virtuosa
elaborazione,
in
cui
è
proprio
la
sua
parola
poetica
a rivelarsi più che
mai
l'arma
vincente
con
una avvolgente
e accattivante presa.
Un
volume che si legge agelvolmente e
che
entra nella vita di tutti i giorni svelandosi sorprendente guida su comportamenti,
concetti , modalità del vivere e quindi su tutte “le cose del mondo” con le
quali e attorno alle quali esistiamo, aprendosi
a tematiche esistenziali
fondamentali sempre con leggerezza, disincanto, ironia supportato da un linguaggio esemplare ed escusivo, restanto
comunque sempre avvolto in una strisciante
inquietudine.
Carmelo
Consoli
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