ALLE FRONDE DEI SALICI
Noi che siamo sull’isola di Lèucade a
meditare sulla vita e sulla profondità del mare; a emozionarci sul dirupo
bianco del tuffo di Saffo; noi che guardiamo con animo lesto le bellezze dei
dintorni, e di tali bellezze facciamo delle policrome concretizzazioni dei
nostri stati d’animo; noi che ci emozioniamo ad ogni cambio di stagione, e che
facciamo del memoriale il fulcro del nostro canto; noi che conosciamo una sola
poesia, quella del sentimento e della musicalità; quella della passione e delle
immagini, e rifiutiamo quella della spersonalizzazione dei minimalisti; noi, ora
come ora, appendiamo con Quasimodo la cetra alle fronde dei salici perché in
questa bufera di morte e di virus persecutorio, in questa desolazione, in
questa perdita di amici e di spazi, in queste strade di scheletri di defunti, abbiamo
perso il contatto con la nostra musa; anche lei, triste, si è ritirata in
disparte a piangere: più non ci invia messaggi di poesia; e noi, inariditi,
abbiamo la gola arsa dai salmastri dell’isola.
Nazario Pardini
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RispondiEliminaNazario, fratello mio,
leggo tanto sconforto nelle tue parole ma non ci voglio credere.
E' vero: "abbiamo la gola arsa dai salmastri dell’isola", ma sono assolutamente
sicuro che tu sai che non sono i suoi salmastri.
E' vero: "abbiamo perso il contatto con la nostra musa", ma sono
assolutamente sicuro che tu sai che la musa non ci abbandonerà mai, a meno
che non siamo noi stessi a volerlo.
Proprio questo ella (la Musa) non vuole: che appendiamo la cetra ai salici.
Ti capisco, sai? Ti capisco perfettamente, ma ti spingo a non mollare: non è
questo che, specialmente adesso, viene richiesto ai poeti VERI, e tu lo sei!
Sandro
Caro Sandro,
RispondiEliminapurtroppo la resistenza umana ha un limite. Poi ti viene il groppo, e la melanconia ti attanaglia. Tu hai pienamente ragione, ma ci sono dei momenti, e questo è uno di quelli, in cui ti senti indifeso di fronte alla negatività.
Sei un grande amico, e sai quanto noi crediamo nella Musa, ma a volte pensi proprio di essere abbandonato. E le poesie stesse stentano ad aggrapparsi all'anima... mancano le parole; non ti vengono più in soccorso, sono occupate verso altre direzioni...
E' l'amicizia l'unico bene che ti può salvare, caro amico
nazario
Nazario adorato, il tuo accorato grido di sconforto lo raccolgo nei palmi delle mani, nelle fibre del mio essere, nell'incavo del cuore, nei fiumi delle vene e delle arterie. In questi giorni di lutti e silenzi assordanti, di notizie discordanti e vite senza abbracci, senza baci, senza contatti il tempo della Poesia sembra davvero chiedere pace. Ma la tua isola, che conosco bene anche fisicamente, è l'approdo dell'anima stanca, è il sogno di libertà, di mare cristallino e di dune selvagge. Saffo scelse di morire per amore, noi dobbiamo scegliere di vivere, anche e soprattutto per coloro che non ce l'hanno fatta e che sono volati in cielo da soli, senza l'affetto dei cari e senza degna sepoltura. Qualcuno scrisse che 'l'uomo nasce e muore solo'... non può e non deve essere così. Siamo creature sociali, cresciamo, apprendiamo, respiriamo in virtù dell'Amore e l'arrivederci è un transito che richiede cure, attenzioni. Tutto è sospeso, ma la cetra deve continuare a far sentire le sue note. Possiamo sentirci uniti solo grazie alle note dei versi.
RispondiEliminaLa tua isola è più popolata che mai in questi giorni. E' un segno, ti sembra? Si sente il bisogno di aria pulita, di profumo di salmastro, di spazio per volare con l'immaginazione. Io sento mia ogni tua parola e non sono poetessa, ma trovo ristoro solo a Leucade. Non appendere la cetra e ascolta i canti dei tuoi compagni di viaggio che sono messaggeri di speranza e d'Amore, un Amore che tu insegni quotidianamente.
Ti stringo forte forte e con te abbraccio i visitatori di Lefkada.
Maria Rizzi
Caro Nazario, leggo con commozione e partecipazione la tua riflessione sullo stato d'animo che ci attanaglia l'anima e la mente. Questa situazione mette a dura prova tutti noi perché la "guerra virale" è costantemente sotto i nostri occhi, inondati da cifre mostruose più o meno veritiere e da immagini inimmaginabili. Come ha detto Papa Francesco, forse abbiamo paura perché non abbiamo fede. Forse siamo ancora più fragili proprio perché poeti "del sentimento e della musicalità, della passione e delle immagini" come hai scritto. Mai come adesso abbiamo toccato con mano il senso della parola com-passione come comprensione dell'altro, del suo dolore perché questa volta c'è la possibilità di immedesimazione. Stavolta la compassione è diventata carne. Cosa si chiede ora ai veri poeti? Io credo che la Musa sia là a guardarci, senza chiedere. C'è chi ha già scritto fiumi di versi di dolore o di speranza più o meno sinceri, chi ha già le poesie pronte per nuovi concorsi e c'è chi, attanagliato dallo stesso dolore non si è ancora espresso perché non ha ancora trovato parole per esprimerlo e scriverà dopo che il tempo avrà metabolizzato questa rivoluzione interiore. Non sappiamo ancora se ne usciremo vivi ma se così fosse, il nostro essere stati protagonisti di questa tragedia-opportunità epocale, troverà sicuramente la giusta traduzione in versi. Intanto abbracciamoci, con fiducia e affetto, sullo scoglio della speranza, amico mio, poeta.
RispondiEliminaAnnalisa Rodeghiero
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RispondiEliminaAbbracciare l'infinito.
di Rita Fulvia Fazio
Ho voglia di piangere all'infinito /
ma senza versare una lacrima /
fino alla fine dei miei giorni. /
Ho voglia di piangere /
per entrare nelle pieghe /
di ogni lacrima /
di ognuno di noi /
e sollevare tutti /
da ogni lacrima /
di ognuno di noi. /
Buona sera.
Fulvia
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RispondiEliminaAbbracciare l'infinito. Metamorfismo.
di Rita Fulvia Fazio
Ho voglia di piangere all'infinito /
ma senza versare una lacrima /
fino alla fine dei miei giorni. /
Ho voglia di piangere /
per entrare nelle pieghe /
di ogni lacrima /
di ognuno di noi /
e sollevare tutti /
da quel rollio trascinante /
di vascello alla deriva / per rinascere /
in un mare di vita nuova. /
Empaticamente la saluto, Fulvia.
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RispondiEliminaMio carissimo amico, sì, scusa , non posso fare a meno di comunicarti questi miei pensieri, dopo avere letto il tuo scritto sul blog..E' dolorosa sorpresa per me, e certo per tutti noi, leggere questo tuo sconforto. parlo per me ma forse non solo, perché tutti abbiamo sempre guardato a te come alla vita che si fa poesia, alla poesia che non ha né tempo né età perché è bellezza assoluta..; come puoi , come possiamo appendere le nostre cetre..?
Oggi stesso tu hai voluto inviare sull'Isola la mia "Gioia"!. Gioia semplice, certo, ma importante per il suo significato nascosto, essenziale in questo drammatico momento, essenziale come la vita stessa, ugualmente misteriosa e divina, perché è il respiro della Musa che continua ad accarezzarci l'orecchio.. Però ti capisco, come sai ho spesso provato lo stesso impulso a lasciarmi andare.., ma tu , tu sempre mi hai stimolato a risalire.
Qualche ora fa, in accompagnamento a certi miei versi recenti volitivi, ho aggiunto parole importanti e sincere, importanti per me ma anche per te, che noi tutti consideriamo maestro e guida.
Ogni vero Poeta non appenderà mai la sua cetra. Meno che mai in questo momento di desolazione.
Avanti ! sempre con noi!
Ti vogliamo bene.
Edda Conte
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RispondiEliminaStanno dicendo che Ferrara è “l'isola felice” in cui il coronavirus contagia difficilmente i cittadini in quanto la maggior parte degli infetti ha contratto il morbo al di fuori delle mura estensi. Vorrei fare però una piccola precisazione nel solito modo che mi è congeniale a favore o contro-giudichino i lettori- questa tesi.
Coronavirus
Miei cari amici, io sono di Ferrara
e sembra che qui sia cosa rara
prendersi il Grande Male
noi a cui fu dato in sorte
di avere l'Ospedale
in Valle della Morte.
Ed è saltato fuori, questo è il bello,
-sentite cosa dice un gran cervello-
che ciò e dovuto all'aria velenosa
che lo smog ci propina senza posa.
L'ipotesi che va per la maggiore
è che a quest'aria anche il virus muore,
mentre l'altra un pochino più desueta
è che chi resiste a quest'aria puzzolente
senza prendersi il solito accidente
del carcinoma che in vari modi
qui della vita scioglie tutti i nodi
è un super-uomo dal fisico possente
che ha il DNA d'altro pianeta.
Carla Baroni
Caro Nazario, condivido la tua afflizione e ti confesso che appenderei anch'io la cetra (all'albero di Giuda più che alle fronde dei salici), se potessi ancora averla tra le mani, ma purtroppo mi accorgo di averla smarrita. Adesso ne accorgo, proprio adesso che è l'alba - io, lo sai, sono molto mattiniero - e mi sorprende questo coro festoso, ma così festoso di uccelli, come non mi capitava di ascoltare da migliaia di anni. In altri tempi riuscivo a fondermi in quel coro e cantavo anch'io ai primi raggi del sole. Oggi, mentre il creato torna a gioire, mi accorgo dell'enorme distanza che mi separa dal lui. Non mi vuole, mi tiene fuori, mi considera forse un tiranno e mi fa vergognare di essere uomo. Forse sono stati proprio gli uccelli a rubarmi la cetra (o forse altri, chissà), quando si sono accorti che io la impugnavo come un mitra, una bomba o un fucile. Sta di fatto che ora devo tacere, devo ammutolire e meditare in silenzio, nella speranza che il silenzio possa ricondurmi tra le braccia della Musa.
RispondiEliminaFranco Campegiani
CREDICI
RispondiEliminaDi parole se ne dicono tante.
Di battute se ne fanno altrettante.
I media terrorizzano per fare informazione:
vende più il morto che la guarigione.
Ed ora, ancor prima che finisca questa maledizione,
non sarà il virus la causa della vera depressione.
Sarà data dall'ansia, dal panico che salgono,
che mettono terrore,
che han fermato l'economia
che han creato la confusione.
Per ora, bisogna isolarsi,
curarsi e far prevenzione,
per portare il male ad una controllata estinzione.
Ma le forzate quarantene
e le legali proibizioni
non saranno le sole uniche soluzioni.
Per debellare il male
si produrranno vaccini e difese immunitarie cellulari,
ma per l'uomo? Per l'essere umano no!
Non ci sarà isolamento o medicina ad aprirti la via.
In realtà ci sarai solo tu con la tua capacità di rimanerne vivo.
Solo tu potrai, più di tutti, credere in te,
amarti, sognarti e dai...
Ti rialzerai
Giusi 6.3.2020
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RispondiEliminaCaro Nazario,
ho letto e meditato quanto hai espresso nella tua consueta incomparabile maestria narrativa.
Il tuo sconforto mi conforta, perché anche il Boccaccio dalla grande epidemia di peste nera ingeniò il Decamerone, senza nulla appendere sul mare di Leucade.
Tu sarai come Boccaccio.
Il dramma virale sarà insorgenza di nuovi stimoli e incentivi creativi, che dalla morte risorgeranno alla vita e saranno fiaccola per tutto il contesto dei tuoi collaboratori che si alimentano nella tua fiamma poetica.
Il tuo ritorno è vicinissimo e la tua assenza non è mai esistita..
Ciao, Nazario, avanti così : nunc et semper.
Un abbraccio,
Marco dei Ferrari.
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RispondiEliminaMio carissimo, ben conosco questo tuo pensiero e pubblicamente per la Nostra Isola, voglio dirti che ti comprendo. Noi non ci eravamo parlati eppure i nostri scritti, pubblicati così vicini dalla FUIS, hanno la stessa amarezza. No, non riesco a trovare parole libere, a sentire l'aria di quella tua natura tanto amata, del mare e spero in nuovi tempi. Noi saremo lì a leggere le tue poesie meravigliose che sempre sono apporto di fraterna felicità Un abbraccio grandissimo. Patrizia.
Ringrazio tutti gli amici che con tanto ardore sono intervenuti per dare il loro parere su questo doloroso momento.
RispondiEliminanazario
Io invece non voglio sprecare neppure una parola su questo contagio che ci limita, ci preoccupa e soprattutto ci fa soffrire per tante morti. Tu, Nazario, hai cultura ed esperienza della vita. Sai che passerà. Passerà. Proprio come tornerà la poesia, quando avrà posto fine alla sua ...scappatella.Quanto al sentirti solo ... hai visto che compagnia? Ti è bastato aprir bocca e si son fatti vivi gli amici.
RispondiEliminaIo, come vedi , sono ultimo: ma non per l'affetto che ti porto.
Un abbraccio
Pasquale Balestriere
Grazie, Pasquale,
RispondiEliminaalla tua grande amicizia a cui tengo non poco...
nazario
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RispondiEliminaCarissimo Nazario,
descrivi molto bene lo stato d’animo che ci attanaglia in “questa bufera di morte”.
Del resto, anche Quasimodo nella struggente lirica in cui ti immergi descrive il suo stato d’animo quando nei primi versi recita “E come potevano noi cantare con il piede straniero sopra il cuore” per significare, nella chiusa, che la poesia rimane muta dinanzi all'orrore e all'immane dolore.
Molti di noi si trovano attualmente in questa condizione, storditi e annichiliti.
Nel corso della storia ci sono state tragedie che sono rimaste nella memoria collettiva come un marchio indelebile; basti pensare all’influenza spagnola che circa un secolo fa causò oltre 50 milioni di morti. Eppure l’umanità seppe reagire, anche se non riuscì a modificare significativamente la propria visione del mondo: circa venti anni dopo, infatti, sarebbe scoppiata la seconda guerra mondiale.
Sarebbe imperdonabile se dopo la tragedia che stiamo tutti vivendo l’uomo non riuscisse a prendere atto dei propri limiti e a modificare i comportamenti tra individui, che dovrebbero basarsi sul principio di uguaglianza e su un’autentica pace sociale; e non ultimo, a ridefinire il proprio rapporto con la natura, ormai vicino al punto di non ritorno.
Gli esempi del passato non sono purtroppo incoraggianti (dopo grandi tragedie sono stati spesso dimenticati i buoni propositi), tuttavia non possiamo non sperare e impegnarci per un futuro migliore.
Ma la Musa è sempre viva, “si è ritirata in disparte a piangere” e tornerà a farci compagnia, a ispirarci con la forza del suo soffio vitale.
Un caro abbraccio.
Pietro Catalano
Carissimo Pietro,
RispondiEliminaparole che arrivano diritte al cuore. Una grande maestria nel saper equilibrare contenuto e forma; emozione e verbo. Ti ringrazio, amico.
nazario
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RispondiEliminaCarissimo Maestro mio, nulla ti turbi. So bene cosa stiamo passando, ma al di là della consapevolezza del momento null'altro turbi le nostre menti e il nostro cuore. Non tutto andrà secondo le nostre speranze e i nostri desideri ma sono certa che ogni cosa ha un ordine nell'universo. Ogni possibilità è una certezza. Alcune possibilità si realizzano, altre no. Alcune possiamo vederle, altre no. La tua Poesia è una certezza e così la tua natura di Uomo che si espande in noi, tuoi amici, come un mantra e risuona. Ora sto qui, seduta e il giorno sta passando. Finalmente riesco a rilassarmi un pochino. Ti mando una palma che ha foglie pulite. Sai, quest'anno, qui, la cocciniglia non ha preso. Credo che avremo un buon raccolto. Le mignole si preparano alla festa. La natura è crudele perché sincera. Nulla ti turbi, tu lo sai, non sono gli altri ad avere il potere di renderci felici o infelici. Soltanto noi possiamo. Ti voglio bene. Tua Patty
Ah, questa è casa mia, immersa in un uliveto. Auguri, buona domenica delle Palme.
Grazie, Patty,
RispondiEliminadel tuo diluvio emotivo. Mi sei cara come pochi altri. Auguri anche a te, tantissimi alla tua famiglia.
nazario
Caro Nazario, in questi brutti giorni, ti ho pensato molto. Conoscendo la tua sensibilità, immaginavo il tuo grande rammarico. Sono momenti veramente duri. Ci è capitato un evento inimmaginabile. Un evento che ancora dobbiamo metabolizzare. Sono sicura che la scienza riuscirà a trovare il modo di riportarci ad una vita degna di essere vissuta. La natura intanto continua a regalarci bellezza, prendiamo la forza da lei e continuiamo a scrivere. Un grande abbraccio virtuale a tutti. Insieme ce la faremo. SERENELLA MENICHETTI
RispondiEliminaGrazie, Serenella, per il tuo importante contributo
RispondiEliminanazario