lunedì 6 aprile 2020

ESTER MONACHINO LEGGE: "TUTTO PASSA" DI MAURIZIO ZANON, GUIDO MIANO EDITORE



ESTER MONACHINO LEGGE
“TUTTO PASSA”  DI MAURIZIO ZANON
Guido Miano Editore, 2019
mianoposta@gmail.com

Leggendo le composizioni in versi che hanno caratterizzato l’excursus di scrittura di un poeta, i critici tendono a sottolineare ed evidenziare i punti essenziali, i cardini portanti del dettato e della resa compositiva facendone un canto e controcanto del motivo primario.  Così è per le raccolte poetiche di Maurizio Zanon che hanno visto la luce editoriale, con oltre venti volumi, nell’arco temporale che va dal 1979 al 2018.
Certamente la dimensione temporale è stata, ed è, l’input principale dei suoi intimi movimenti che trovano espressione  verbale in testi poetici: tempo come fluire incessante, tempo nell’accezione non positiva del togliere eventi e viventi, tempo dalla sostanza effimera e mutevole e tragica. Ovviamente, a tale presupposto la risposta poetica è quella del rifiuto, di un senso lirico malinconico, quella di un diapason connotato da pensieri intrisi del senso caduco e inafferrabile della vita.
Senza dubbio, questa tematica si riscontra ancora nel volume “Tutto passa”, edito con i tipi di Guido Miano in Milano: qui, il tempo è ancora visceralmente nella sua facies di irreversibilità nei confronti della realtà concreta.
La maggior parte delle composizioni, quasi come grani di rosario inanellati uno con l’altro, inserisce il lettore in questa atmosfera cinerina, notturna. Tra i versi dell’omonima composizione “Tutto passa” (pag. 21), leggiamo: “Il sole conta le ore./ La vita scorre e si scioglie”: l’eracliteo “panta rei” ha qui la sua immagine più appropriata. E ancora, in “Fermo a osservare” leggiamo: “Guardo l’acqua del torrente/ scorrere via frettolosa”. Tutto incessantemente scorre e consuma, come raccontano i versi tristissimi di pag. 64 in “Tutto fu bello qui”; tutto va: il passato con i suoi grumi di ricordi che snebbiano dalla mente e dal cuore; e va anche il futuro che viene per andare senza un carico minimo di speranze.
Soltanto queste tristi corde risuonano nel poeta Zanon? Soltanto queste? Ci sarà, nella corteccia del suo animo quella spaccatura da cui vedrà la luce un germoglio con la sua piccolissima tenerezza di foglia? Bisogna, dunque, cambiare prospettiva: cercare fra i suoi versi quel barlume, quella scintilla.
E questa c’è. E’ nell’istante che si fa perno d’eterno. E’ nell’istante che tutto cambia. Qui si annulla la temporalità orizzontale e si innesta quella verticale, fatta esclusivamente d’anima, che dissemina le sue impalpabili forze vitali. Certamente è un istante ma un istante che ha il sentore della grazia e dell’amore. Un istante per cui vale la pena il vivere con tutto il caleidoscopio dei suoi giorni. E’ un istante, ma innesta il positivo. Con gli occhi, allora, si vede la primavera con il carico magico delle sue albe (vedi pag. 19); si attende con gli uccelli la “luce benefica del sole” (pag. 22); si ha un pensiero buono per il domani (pag. 47) perché ogni nuova alba ha il suo incanto, la sua “voce delicata” (pag. 49), l’incantamento e il fascino di nuove visioni. Questo è, invero, l’augurio più cordiale al poeta Maurizio Zanon: nuove e speranzose visioni.

Ester Monachino





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