GUIDO MIANO EDITORE
NOVITÀ EDITORIALE
È uscito il libro di poesie:
TRA SPERANZA E ANGOSCIA di GIOVANNI TAVČAR
con prefazione di Enzo Concardi
Pubblicata la raccolta poetica dal titolo “Tra
speranza e angoscia” di Giovanni
Tavčar, con prefazione di Enzo Concardi, nella prestigiosa collana “Alcyone
2000”, Guido Miano Editore, Milano 2022.
Dopo aver letto quest’ultima
pubblicazione del poeta triestino Giovanni Tavčar - densamente
esistenziale e riflessiva sulla condizione umana terrena e sul destino
dell’individuo dopo la morte - la memoria è subito andata ai Pensieri di Pascal, che sono sì una grande apologia del
Cristianesimo, ma rappresentano nel contempo un capolavoro di profondità
filosofica riguardo ai temi del senso e del significato della vita, della
conoscenza e del mistero, della scelta fra la ragione e il cuore, della scommessa
tra un modo di vivere mondano e uno stile di vita improntato sull’esistenza
del divino. In particolare la poesia Pensare del nostro autore mi ha
spinto a rileggere queste parole del grande matematico e filosofo francese:
«L’uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura; ma è una canna
pensante.… Tutta la nostra dignità sta dunque nel pensiero. È in virtù di esso
che dobbiamo elevarci… Lavoriamo dunque a ben pensare: ecco il principio della
morale». Sono gli stessi concetti che troviamo liricamente espressi nel testo
appena citato: «[…] / Perché esistere vuol dire / pensare, / soppesare,
scegliere, / decidere / e così formare la nostra / autocoscienza. // E
nell’autocoscienza / il nostro io vive l’audace / avventura umana, / illuminata
dal luminoso faro / del pensiero».
Tali singolari coincidenze continuano con
un altro aspetto - dei tanti - della visione pascaliana, come quando troviamo
scritto, in riferimento all’uomo: «Se si esalta, lo abbasso; se si umilia, lo
innalzo; e sempre lo contraddico fino a fargli comprendere che è un mostro
incomprensibile». Con ciò Pascal voleva sottolineare l’assurdità dei
comportamenti umani, contradditori, incoerenti, a luci
ed ombre, sempre altalenanti tra miserie e grandezze, bene e male. Ebbene,
questa è una tematica fondamentale nella presente raccolta di Giovanni
Tavčar, riscontrabile in molte liriche dalle quali si
evince anche l’animo travagliato del poeta desideroso di pace interiore.
Tematica che ha le radici nella sua incessante ricerca soggettiva,
autobiografica del senso di ogni cosa - dai minuti accadimenti quotidiani ai
grandi problemi e alle decisive questioni ultime dell’esistenza - ma che
possiede una proiezione universale e quindi utile per la riflessione di ognuno,
pur che realmente si verifichi una disposizione d’animo aperta all’ascolto dei
messaggi che egli vuol trasmettere, comunicare.
Seguendo dunque tale traccia non è difficile distinguere, nei
testi poetici, i versi spiccatamente sostenuti dalla dialettica dei contrasti,
degli opposti, delle dicotomie, delle antinomie. Leggiamo la poesia Speranza
e vi troviamo, allo stesso tempo, una percezione pessimistica del presente
ed un’aspettativa fiduciosa verso il futuro. Infatti l’oggi è costituito da
giornate vuote e dissestate, da fatica e inquietudine, da una stagnazione
rassegnata, da orizzonti di serenità ormai sconosciuti ed archiviati. I toni
sono pesanti, intrisi quasi di tragicità, ma essi cambiano all’improvviso nelle
ultime due strofe, dove il poeta scrive un elogio della speranza definendola
così: «[…] / Perché la speranza / è un lievito portentoso / che riesce a far
fermentare / anche l’impasto / più arido e rinsecchito».
Se accostiamo le due liriche Nube azzurra e Spesso,
ecco che abbiamo due quadri di vita sul filo del rasoio: la prima è
ammantata di speranze ed attese, la seconda è sprofondata nei meandri del buio
più profondo. Là il poeta vive sempre attese di un futuro migliore (carezze,
tenerezze per sé, nuovi e luminosi inizi); qui invece lo smarrimento appare
totale: «[…] / Momenti squassanti / che
sembrano artiglianti / presagi / di un fuoco corrodente / dal quale / non
esiste visibile / via di fuga» (Spesso). Così è anche in un’altra coppia
di poesie: Dolori è zeppa di sostantivi e verbi che precipitano in una
corsa al ribasso l’esistenza umana («[…] / Anticipi / di aspre solitudini, / di
cieli in declino, / di baratri insondabili. // Eventi implacabili / che
spalancano precipizi / [...]», mentre in Tramonto tutto concorre alla
consapevolezza della libertà vissuta nella propria vita interiore, favorita
dagli incanti e dalle magie del tramonto che inverano il miracolo di
un’esistenza senza barriere e confini.
I suoi contenuti procedono con tali altalene, che sembrano ininterrotte
ciclotimie dell’anima, o che forse appartengono alla stessa natura umana: sta
di fatto che sono lo specchio di confessioni sincere nelle quali il poeta scava
in sé senza censure. Allo stesso modo in Aspirazione egli ci narra delle
mete che ha voluto raggiungere o delle situazioni che ha sempre desiderato
vivere - basate essenzialmente sulla libertà, sulla bellezza, sull’assaporare
l’esistenza senza ragnatele impiglianti - ovvero degli obiettivi che si è
proposto di realizzare; ma, nella lirica Come i bambini, reclama un modo
di essere esattamente all’opposto, anche se senz’altro condivisibile e bello in
sé, per cui vale la pena riportare integralmente qui il testo: «Dovremmo essere
più spesso / come i bambini / che si rincorrono senza un motivo, / con le
guance rosse / e il respiro affannato, / come i bambini che non hanno /
progetti da realizzare, / mète da raggiungere, / motivi da spiegare. // Bambini
che vivono / dell’attimo fuggente, / della temporanea contentezza, /
dell’inconscia felicità».
Concludiamo l’analisi della poetica dei
chiaro-scuri con un ultimo accostamento, costituito però da un trittico di
composizioni - Angoscia, Solitudine, Inutile giornata - a cui si
contrappone Bivio, d’impostazione chiaramente pedagogica ed educativa. I titoli del trittico sono già di per sé
inequivocabili: l’angoscia attanaglia ogni slancio vitale e chiude la persona
in recinti invalicabili; la solitudine ci rende vittime della mancanza di
relazioni: «[…] / E noi siamo soli, / senza nessuno che ci ami, / senza nessuno
che ci consoli» (Solitudine); le
giornate inutili trascorrono con colpevole apatia e indifferenza, poiché - dice
il poeta - è inutile cercare alibi fuori di noi, la verità sta «nelle nostre
fradicie / e marce radici» (Inutile
giornata). In Bivio s’ascolta tutta un’altra musica, lasciamo
parlare il testo limpido e cristallino: «Se ti trovi davanti / a un bivio / e
trovi una strada / che sale / e l’altra che scende, / prendi sempre quella che
sale. / […]»; quella che va verso il basso conduce in una selva oscura, mentre
quella che va in su, seppur più faticosa, apre alla speranza di cieli nuovi e,
soprattutto alla «speranza / di incontrarti con te stesso».
Abbiamo dunque conosciuto la poetica
delle negatività del mondo, a cui fa da contraltare la poetica della positività
dell’anima e degli ideali del poeta, anche se mi pare che il suo messaggio non
sia per nulla manicheo, in quanto sono propenso a credere che, piuttosto, egli
voglia avvertirci di ricordare sempre che la linea discriminante tra il bene e
il male, tra la luce e l’ombra, tra la disperazione e la speranza, è dentro
ognuno di noi. Ciò mi sembra confermato anche da vari critici, dei quali si
riportano taluni giudizi in appendice al libro, ad esempio da Francesco De Napoli, quando sostiene che: «Giovanni Tavčar
è tentato da un seducente richiamo interiore, inebriante e insieme
sconvolgente: addentrarsi, esplorare il mistero della “piccola stanza
dell’anima / che contiene / tutte le realtà dell’universo”». Anche Eugenio Rebecchi parla di una poesia che «...
diviene strumento per scavare all’interno di sé stessi, non solo in chiave
intimista», mentre secondo Angela Ambrosini è «la ricerca dell’assoluto la vera
problematica della sua poesia» che «si snoda attraverso l’indagine tragica e sofferta
del suo opposto, cioè del tempo».
Altri motivi della presente raccolta sono legati al fascino
del mistero, all’attesa di eventi e di creature angeliche che cambieranno il
corso degli eventi, alla universale nostalgia dell’infanzia e della giovinezza
in chiave di rimpianto per un mondo che non è più.
Enzo Concardi
____________________
Giovanni Tavčar (1943, Trieste) ha pubblicato varie raccolte di poesie,
tra le più recenti: Dove il cielo audace
s’inarca (2006), L’eterna presenza
(Poesia dell’anima) (2008), “Montanti
Resurrezioni” (2009), Ed è subito
sussulto (2010), Imperscrutabile
accelerazione (2012), Come le maree
(2015), …dalla mia aria natia (2016),
Il profumo delle memorie (2017), Viaggio di un poeta in cerca di un lettore
(2018), Perché la vita sia… e altre
poesie (2019). Ha inoltre scritto un libro di racconti Pulviscolari turgori (2016), un libro di riflessioni e meditazioni
religiose Suprema avventura (2015),
una biografia di Gesù La parabola terrena
di Gesù (2018), due romanzi: Ritorno
a Vienna (2016) e Armonici cromatismi
emozionali (2017), Il dizionario dei
compositori di Sicilia (2018). Ha inoltre pubblicato sette raccolte
poetiche in lingua slovena. Scrive anche poesie in lingua tedesca. Si occupa
pure di traduzioni poetiche (italiano, sloveno, tedesco) e viceversa. Giovanni
Tavčar ha vinto numerosi premi nazionali e internazionali (28 primi premi, 26
secondi, 36 terzi, ecc…).
Giovanni Tavčar, Tra speranza e angoscia, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano
Editore, Milano 2022, pp. 84, isbn 978-88-31497-85-5, mianoposta@gmail.com.
Nessun commento:
Posta un commento