martedì 31 maggio 2022

GIAN PIERO STEFANONI: "IL GIARDINO DI SOPHIA" DI MELLO BREYNER ANDRESEN



Sophia de Mello Breyner Andresen, Il giardino di Sophia.

Il ramo e la foglia edizioni, Roma, 2022.


Va dato merito alla giovanissima casa editrice romana "Il ramo e la foglia" nella cura delle pubblicazioni selezionate, l'attenzione sempre rivolta a un dire incisivo e non costretto tra le maglie di una contemporaneità alla prova, interrogante, strattonante diremmo, e dunque non mai banale, nelle dinamiche delle sue richieste e dei suoi investimenti. Come, anche, nella collana dedicata alla poesia che va a raccogliere in queste pagine una indovinata, e partecipata nella traduzione e nella curatela di Roberto Maggiani, antologia di Sophia De Mello Breyner Andresen (Premio "Camões" nel 1999),

figura tra le più rilevanti della poesia lusitana del novecento. Ad un esordio col dettato poetico di Manuel de Freitas, altro autore di questa terra ricchissima per preziosità del verso, ecco in quarta uscita la scelta di un'autrice forse nel nostro paese poco raccontata, poco frequentata eppure nella sostanza certamente di primaria importanza ed allora paradigmatica anche per noi, per espressione di una cultura che ha saputo far intrecciare nelle sue corde etica e sacralità del vivere di stampo classico (Grecia) e tensione di un mistero, quello della condizione umana, rimesso nella circolarità di una bellezza che ha soprattutto nel giardino e nel mare, nella simbologia di un richiamo, di una presenza sempre frontale, il suo passaporto e, non a caso, la sua nostalgia. Presenza cui la De Mello ha saputo dar corpo, oltre che voce, anche entro un'attività politica che l'ha vista, seppur brevemente, come deputata tra le file del Partito Socialista nel 1975 per la neonata costituente alla caduta della dittatura di Salazar (fu lei a redigere il preambolo della nuova costituzione) in una aderenza che venendo proprio dalla poesia come la più profonda implicazione dell'uomo nel reale (e fondamento della politica stessa come va a ricordarci lo stesso Maggiani nella presentazione) ha nel legame di verità e giustizia con la terra la sua concreta rappresentazione , la sua ricerca. Ed è la parola,  a partire da questo nell'aspirazione di un'abitata e naturale creaturalità degli elementi, a farsi veicolo e incarnazione di una non più rimandabile, perché da sempre immanente, ricongiunzione. Per questo così la poesia nella De Mello, come ha ben rilevato Claudio Trognoni nella postfazione, nella capacità di agire modificando  attivamente in questo senso il mondo ha in sé quella grazia di salvezza che le viene da un umano richiamato e reintegrato là dove nascendo è atteso e acceso alla luce stessa dei suoi simboli ("là dove pietra stella e tempo/ sono il regno dell'uomo"). Se l'incisione, scrive in "Omero", debba come il bue arare "il campo/senza che inciampi nella metrica il pensiero/senza che niente sia ridotto o esiliato/senza che niente separi l'uomo dal vissuto" puntuale ci sembra questa antologia nel testimoniarla nella sua struttura di una ottantina di testi che vanno dagli anni dell'esordio, il 1944, al 1997. Quello che ci viene restituito della De Mello, nota anche come traduttrice e autrice di racconti e favole per bambini, è quel percorso tra una naturalità carezzata come ricordo, e fonte, di un ordine trasceso nella sua corrispondenza e malia di poteri, di fantasmi raccontati nell'evidenza di un'umanità bloccata cui la parola nell'eco ordinario del gesto, nella singolarità della evocazione prova scuotendo a riaccendere ("Preservare da decadenza morte e rovina/l'istante reale di apparizione e di sorpresa/ guardare in un mondo chiaro/il gesto chiaro della mano toccando la tavola"- come esemplarmente sottolineato in "Nella poesia"). Il tutto, soccorrendoci ancora Maggiani, concorrendo "a riportare l'essere umano al suo centro, nel momento presente ed esatto della vita attuale in cui la verità sembra, per un attimo brillare, e con essa il mondo intero, pur rimanendo tuttavia velata e irraggiungibile" e dunque a tentare nel proprio suono col creato una risonanza nel silenzio dell'elemento divino. Esserci allora, come ebbe a ricordare la stessa De Mello è proprio in questa remissione, in questo esposto avanzare, di cui la donna (che qui ha soprattutto il volto di Catarina Eufemia, bracciante agricola uccisa dalla Guardia Nazionale nel 1954 durante uno sciopero) e il poeta ne sono la perfetta incarnazione nella ricerca di una salvezza che "non può essere distinta dalla ricerca di una forma concreta e pratica di giustizia", le stesse parole non purificabili senza prima non aver purificato anche " la relazione dell'uomo con la realtà". Questo è il giardino cui siamo invitati a entrare abilitati "per diritto naturale" ad una libertà e ad una dignità dell'essere di cui oltre che eredi siamo responsabili e che progressivamente, come evidenziato da Sophia, forse andiamo perdendo. Leggerla in conclusione ha allora anche il significato di vedere nel mondo, del mondo pur nella rovina cui va affondando come nel primo uomo la sua viva possibilità, l'eco- ancora- "senza fondo/dell'ascesa nella terra degli spazi".

 

 

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