Verso la foce
Andiamo
lenti, Delia. Il cielo è caldo,
lungo
è il cammino e ancora in lontananza
la
brezza della foce. Guarda al lato
le
chiome dei pinastri fanno attorno
ombre
rotonde olezzanti ragia
mista
al respiro fresco di marina.
È l’ora
di nascondere le membra
fra i
rami del corbezzolo e il ginepro,
è
l’ora di dar quiete ai desideri
che
dentro noi si affacciano con impeto.
Riprenderemo
il corso verso il mare
quando
la sera si farà presente
e il
maestrale sfiora la pineta.
Qui,
sugli aghi dei pini ormai ingialliti
riposeremo
il cuore e la passione.
Guardati
attorno! Lì vicino si ergono
le
corna biforcute dello snello
daino
maschio. Le sfrega alla corteccia,
e
avanti ancora il muso del cinghiale
che a
terra raspa in cerca di radici.
Andiamo,
guarda il cielo si fa rosso,
e
l’orizzonte ci chiama; camminiamo
sul
sentiero renoso; riprendiamo,
ci
fanno strada i cisti; là le dune,
le
ginestre sfiorite che si accordano
ai
suoni della bàttima. Ci arriva
l’odore
di salmastro dalla foce
oramai
sonnolenta. È lì che il Serchio
lascia
i suoi panni ai gorghi di marina.
Guardo
il tuo volto riflesso nel blu,
nell’acqua
che si mischia alla corrente,
ed io
mi tuffo proprio dove il cielo
fa a
gara con i fremiti del mare.
Siamo
arrivati, Delia, respiriamo
l’aria
selvaggia che attorno ci liscia;
respiriamo
la sera, e il suo mantello
che la
notte rapisce e tutto miete,
meno
la tua bellezza che ora viva
si
mischia agli incantesimi silvani
e sarà
mia.
Torna Delia, Nazario mio, la tua Beatrice, la Laura, la donna - simbolo che si stacca dal passato ed è visione di straordinaria modernità e slancio vitale. Costeggiate insieme il tuo fiume, il Serchio, placando la passione nella pineta, mentre i vostri passi sono diretti all'elemento che compie la libertà dell'impossibile e rappresenta la meta del tuo vivere da sempre. Il mare chiama. Non smette mai, ti entra dentro, ce l'hai addosso, è te che vuole. Puoi anche far finta di niente, ma non serve. Continuerà a chiamarti. E trovi pace soltanto quando ti tuffi 'dove il cielo fa a gare con i fremiti dell'azzurra distesa'. Gli ultimi sette versi rappresentano una lirica in se stessa. Le immagini sono visibili e, con esse, l'anima tua, mai doma. Tu e Delia respirate l'aria selvaggia; respirate la sera "e il suo mantello /che la notte rapisce e tutto miete / meno la tua bellezza che ora viva /si mischia agli incantesimi silvani". L'amore, l'empatia assoluta con i miracoli del creato hanno la meglio sulle malinconie che costellano il passaggio terreno e sui tuoi versi si vola altrove, si vede la luce, si assapora la gioia e la pace. Mi inchino ancora e sempre immenso Cantore che scrivi sul dettato degli angeli. Ti voglio un bene infinito!
RispondiEliminaPer il caro Prof. Pardini DELIA impersonifica il mito, il sogno, la musa ispiratrice da dove nascono e scorrono i pensieri e i sogni di una vita colorata di rosa, di una vita da sempre anelata che l'uomo aspira a vivere specie nella giovinezza, ma forse con più intensità quando il peso degli anni diviene sempre più soma. Con Delia il Nostro torna a essere giovane, ammaliato dall'amore certo che il Suo cielo di domani sarà "sempre più blu". Perciò ritengo che "Verso la foce" sia una poesia scritta da un giovane poiche l'autore ha la straordinaria capacità di traslarsi nel suo tempo di ieri anche nella forma poetica. Che straordinaria abilità!, catalizzata da una copiosa fantasia che lo caratterizza da sempre. Ma i poeti, è noto, rimangono nell'animo sempre fanciulli, ragazzi cresciuti solo in età. Il dettato poetico è semplicemente disarmante per quella, ancora capacità, di esternare il proprio sentire con una verbalità semplice, immediata, quasi quotidiana che rende il testo accattivante ed armonico ma che non scade mai, dico mai, nella banalità del dire pur consapevole, come lo siamo tutti i frequentatori di Leucade, del Suo abnorme bagaglio lessicale e che tutti ne abbiamo preso atto. Pasqualino Cinnirella
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