giovedì 23 aprile 2015

N. PARDINI: LETTURA DI "AA. VV.: BORGHI, CITTA', PERIFERIE" A CURA DI L. SPURIO



AA. VV.: Borghi, città, periferie
Edizioni Agemina. 2015
L’antologia poetica del dinamismo urbano
A cura di Lorenzo Spurio

Un’Antologia ricca e plurale, quella che mi è giunta per bontà di Lorenzo Spurio; elegante, ben fatta, per copertina, risvolti, composizione, quarta, carta, insomma per tutto il suo insieme editoriale; cosa non insignificante per avviare il lettore ad avvicinarvisi, a gustarne l’interno, spilluzzicando inizialmente versi e propositi, forme e significanti. Un contenuto che si conferma vario, articolato, polisemico, ma che segue principalmente una dritta, come da titolo: Borghi, città, e periferie. Ci fa da prodromica guida una citazione tratta da Trentadue variazioni, 1973, di E. Montale “Le innaturali concentrazioni metropolitane non colmano alcun vuoto, anzi lo accentuano. L’uomo che vive in gabbie di cemento, in affollatissime arnie, in asfittiche caserme è un uomo condannato alla solitudine”  che tanto sa di un calviniano Marcovaldo con tutte le difficoltà che incontra nel passare dalla campagna alla città: omologazione, consumismo, appiattimento, solitudine; quel vuoto non certamente colmato dalla cosiddetta industrializzazione che con  una certa brutalità segna la fine di una umanissima civiltà contadina, dove la città era più a dimensione umana, e la socializzazione nelle campagne più costruttiva per necessità o per naturale indole dei suoi componenti. Per non dire della natura, della madre più antica, di cui l’uomo si sentiva partecipe, e con cui era integrato, componente fattivo, fratello francescano; un corpo, dove tutto si svolgeva secondo le regole del gioco: rispetto, amore, amicizia, collaborazione, e soprattutto sano contributo umano a che l’ambiente si sentisse a suo agio per donare i suoi salubri frutti e dove ogni animale aveva la sua funzione nell’equilibrio vita-morte, alimento-stagione, cielo-terra. Ma qui l’orizzonte è ben più ampio, dacché della urbanizzazione si vogliono valorizzare le bellezze monumentali, la grande forza distributiva, l’epicentro vitale dei commerci e delle relazioni. Quindi un testo polimorfico, per contenuti e stilemi intimo-rappresentativi: tante voci poetiche che dànno vita, con la loro individualità, ad un insieme di valenza artistico-culturale; ad andamenti estensivi o contrattivi alieni da clamorosi epigonismi, o da pleonastiche intrusioni. D’altronde la cura è garantita da un nome conosciuto della scrittura contemporanea. E voglio dire di Lorenzo Spurio, che, con il suo impegno culturale, sforna libri e premi letterari a fine non solo artistico ma anche benefico, di apprezzabile rilievo. Ci fa da antiporta al prosieguo la sua prefazione chiara e di ermeneutica fattura se misurata nel suo complesso e soprattutto col mondo poetico che ne segue: “… la città resta la culla di un dinamismo urbano effervescente: chi vive in campagna o decentralizzato è sempre tenuto (e per lavoro e per studiare e per andare al supermercato) a ricorrere alla città-megalopoli alla quale appartiene…”.  Voci di tutto rispetto, ben selezionate, quindi, che coprono, per  natali, ogni ambito della penisola e su alcune delle quali ho avuto l’occasione di stilare recensioni o prefazioni.  Eccoli gli Autori:
Anna Scarpetta che offre l’animo all’abbraccio della sua Napoli “tu, nel sonno, cullavi le mie speranze dorate,/ con la brezza di mare, nel soffio del vento impetuoso”, con urgente spirito oggettivante; Elvio Angeletti di Senigallia che rievoca la Fontana dei poveri: “Son passato ieri dopo tanti anni/ ho trovato la mia fontana/ sempre lì/ viva con suo ruscello in fondo ai campi…”, in cui il memoriale si fa alcova rigenerante; Francesca Luzzio che, Osservando Palermo, ne coglie le varie articolazioni con una vis creativa di apodittica struttura: “Città vivente:/ visi pallidi,/ sguardi bassi,/ passo  corrente,/ sirena che suona,/ macchine frementi,…”; Giuliana Montorsi di Roma che rivolge un auspicante desiderio alla sua città: “Che tu sia bellezza/ e che tu lo sia per sempre/…./ Quale dunque è il perché di questa mia eterna nostalgia?/ Basta guardarti e tutto si fa chiaro…”; Lucia Bonanni che, nata in quella ridente cittadina del Fucino, offre il suo canto agli incantesimi dell’Arno con coinvolgimento emotivo: “… ti fermo/ attraverso qualche scatto/ memore nel frame/ del tuo viaggio tra le città etrusche”; Maria Luisa Mazzarini di Loreto Aprutino che dedica i suoi versi a Venezia (Venezia sogna/…/ nel suo paesaggio da fiaba,/…/ col mare e i colombi/ nelle piazze,), a Firenze (Frizzante la domenica/ mattina/ di questo autunno fiorentino,/ l’Arno/ a scalare/ con fragore/ le cascate…) con schizzi di effetto visivo; Marinella Cimarelli di Jesi che fa un simpatico elogio della sua città con ottonari vernacolari, di arrivante armonia, dedicati a Federico II: “Trullaléro trullallà/ senza Jesi ‘n se po’ sta’/ è ‘n bella cittadina/ come ‘n pupo da vetrina…”; Renato Pigliacampo di Recanati, città a cui dona tutto il suo amore: “… Mi sono dato ai fratelli del Silenzio./ Volato oltre i Sibillini, oltre/ il Conero per fondermi nell’arcobaleno/…/ Un abbraccio d’amore, mia Porto Recanati”; Teresa Anna Rita De Salvatore di Castelsardo col cuore sparso nel suo piccolo borgo: “Piccolo borgo/ tra poco millenario…”, in una accattivante sonorità che ben accompagna gli abbrivi emotivi, i barbagli creativi; Maria Pompea Carrabba, pugliese, che, ispirata da Per una chiesa che muore, lancia il suo melanconico grido: “San Nicola… in attesa del tuo ritorno/ noi per te vigileremo/ di te faremo quel Pozzo/ dove ogni samaritano/ può incontrare Cristo seduto a quel POZZO”; Osvaldo Crotti di Almeno S. Bartolomeo che denuncia la solitudine di una città popolata di cadaverici ritratti in cerca di un raggio di sole: “Grovigli di mattoni./ Una solitudine tra il chiasso e i motori./ Cadaverici ritratti in cerca/ di un raggio di sole…”; Elisabetta Mattioli di Bologna che fa del memoriale il suo punto di forza, rievocando le primavere dei Giardini Margherita: “… Voglio rammentare/ le nostre labbra/ il primo bacio/ di adolescenti impauriti/ e lo stringersi le mani/ protetti/ da un giardino/ con il sorriso/ e gli occhi/ di una donna”; Gianluca Papa di Milano che offre il suo breve ma intenso canto a Venezia (Gondola nera/…/ antica maschera), a Pisa (Torre alta/…/ luminosa gloria) e a Vicenza (Teatro olimpico/…/ domenica di sole/ mitico ricordo); Daniela Gregorini di Fano che ci prende per mano e ci porta a gustare sapori, misteri, e chiari di luna Di Sera, al porto:  “Velata di mistero è la luna stasera/ da sparse nubi, nere  boa di struzzo,…”; Emanuele Marcuccio di Palermo che rivolge parènetiche parole, zeppe di interrogativi, alla sua città: “Perché le tue strade/ stridono luttuose? Perché remoti mali/ così ti schiantano?; Patrizia Pierandrei che ci dice di Cani e cittadini, con un realismo stile Anceschi: “Nella solitudine delle vie cittadine/ se ne vanno a passeggio a guardar le vetrine/ i cani legati ai guinzagli dai loro padroni…”; Massimo Rozzi di Montecchio che con policroma tavolozza ritrae gli angoli più comuni della sua cittadina: quattro case, etnie diverse, religione e tradizione, il castello, il torrente, il parco, la gioia che sprizza rumore, memorie, e immagini di vita: “… Religione, quella antica della tradizione,/ col suo monastero santuario, attaccati,/ per rendere omaggio alla Madonna./ Il castello, antico fasto glorioso,…”; Maria Rita Massetti di San Benedetto del Tronto che fa della sua terra (Mia terra, terra mia) un quadro natio di grande trasporto intimistico, bucolico virgiliano: “Terra mia, mia terra/ macchiata dai peccati/ depredata dai silenzi/ co’ i suoi biondi campi di grano,…”; Sandra Carresi di Bagno a Ripoli che con Il borgo dà sfogo a tutta la sua vis creativa nutrita di pathos e di forti cospirazioni emotive di efficacia esistenziale, dove il profumo del mare e dei campi lavorati “ti porta lontano,/ se splende il sole/ ti puoi spogliare,/ e iniziare a sognare…”, sì, a sognare profumi accantonati, voci del passato, memorie sedimentate, anima del canto; Cristina Lania di Messina che con La mia città rievoca tempi e strade, profumi e colori, vetrine sfavillanti e giochi di ragazzi, “L’estate della dolce vita dello Stretto” che si fanno alcova di edenica sperdizione in cui sa trovare quietudine; Francesco Paolo Catanzaro di Palermo  che in Borghi città metropoli guarda i palazzi della sua città, una serie di anziane costruzioni che chiamano cuore come fosse una pompa stanca. E si chiede: “ma dov’è ormai in città/ quella che chiamano la mia libertà”;  Luigi Pio Carmina di Canicattì che ci porta a Palermo fra le urla della vucciria, fra l’allegoria delle mura, Montegrappa e Santa Rosalia, balconi e stendini; a Partanna, Pallavicino, e Mondello, “Ove la spiaggia fine/ rallegra la vista e il core”; Bartolomeo Bellanova di Bologna che fa del suo Il portico un quadro vivace di sguardi curiosi: “Il portico restituisce agli sguardi frammenti di parole bionde, ariose,/ divertite, sdrucciolevoli, saettanti…”, e dove, con figure iperbolico-allusive, tipo sinestesie, riesce a concretizzare con visività ed effetto poetico “lo struscio” di un angolo nota della sua città; Mario De Rosa di Morano Calabro che, con il dialetto corposo e visivo dei suoi luoghi, ci dice della tristezza, delle strade umide e desolate, e del cuore trascurato, della sua città, concludendo coi ricordi di altre belle stagioni: “… Ora son finite quelle meraviglie/ che poche son rimaste le famiglie,/ quando ci vai, che desolazione!/ Ti scende dentro il cuore un gran magone.” (Mo’ ca su’ scunti quiddri meravigghjie…); Michela Zanarella di Roma che, con afflato lirico, tuffa l’animo in un borgo di nebbie smarrite come silenzi di presenze perdute: “Tutto il borgo/ accoglie nebbie smarrite/ come silenzi di presenze perdute/ e la piazza tace nel grigiore/ che urta le strade/ a cedere immobili all’inverno” da cui traspare un simbolismo esistenziale di sapore sabiano; Cristina Vascon di Venezia che in Stagioni veneziane vede corolle di pioggia affacciarsi alla finestra dell’alba: “Corolle di pioggia/ ecco affacciarsi/ alla finestra dell’alba”. E che con sottile metaforicità e trasposizioni simboliche si abbandona a tramonti di occhi: “Tra lagune e specchi/ tramonti di occhi/ bruciano cuori a fragili farfalle.”; Anna Grecu di Firenze che ammira estasiata il volto della bella città riflessa sulle increspature dell’Arno: “Sulle increspature/ dell’Arno al tramonto/ si è specchiato il tuo volto” e  immagina, con sapore odisseico, il ritorno del viandante: “… Sappi che il ritorno/ ti apre la porta.”; Giorgina Busca Gernetti di Gallarate che, con trasporto intinto di cromi di umana vicenda, sente lontana la sua città natale in La mia Piacenza: “Oggi ti sento lontana, mia patria,/ eppur così vicina nel mio animo,/ radici mie profonde/ entro le mura antiche, secolari”, dove i versi di euritmica sonorità endecasillaba-settenaria, accompagnano, con grande carica esistenziale, gli abbrivi emotivo-memoriali della Poetessa; Emanuele Di Caprio di Rimini che, con occhi e cuore, vede, in Carnevale di Venezia, splendere gli ori sugli antichi palazzi: “Splendono gli ori sugli antichi palazzi/ negli umidi vicoli si specchiano i cieli/ or piovve e nubi striate di rosa e di gialli/ formano quadri lieti in cui lievi donzelle/ mostrano veli, bustini strizzati, rasi pesanti,/ antiche vesti damadcate…”, e che, con tinte Canalettiane, fa rifulgere la magica città; Franco Andreone, che torna con versi di sapido memoriale, e con immagini di semplicità poetica, a rivedere Il suo (mio) vecchio quartiere: “Il mio vecchio quartiere/ son tornato a vedere/ …/ Se mi guardo un po’ intorno/ non mi sembra un ritorno…”; Vincenzo Monfregola di Napoli che con animo libero e con penna critica condanna le mura di quei mostri di cemento dove è ineccepibile scrivere di gioia tra la disperazione delle macerie di un quartiere abbandonato dalla dignità. Ridatemi il mondo grida: “Lasciatemi correre,/ voglio un prato verde/ con gli alberi grandi/ e il sole caldo a baciarmi la pelle”; Lorenzo Spurio, il curatore dell’opera, su cui ebbi a scrivere: “Poesia ampia, duttile, corposa, quella di Spurio, i cui versi, di arrivante nerbo significante, abbracciano con forza plastica gli input socio-lirici, le emozioni di un autore stupito e sconcertato di fronte ad un mondo zeppo di “Neoplasie” che lo rodono poco a poco e lo consumano.”.                       
Insomma un’Antologia di poesia-vita con tutti i suoi palpiti: memorie, sogni, illusioni, delusioni, simboli, realtà; quella  vita che fa di noi dei poveri ambulanti in cerca delle origini a volte perdute, a volte cercate, a volte ritrovate. E con nell’animo la speranza di un’eterna bellezza da perpetrare.

Nazario Pardini



8 commenti:

  1. Chiara nota critica dell'esimio Prof. Nazario Pardini ,che ricuce con maestria e perizia ,i versi dei partecipanti all'antologia ,pensata e voluta a da L.Spurio .
    M. De Rosa

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  2. Bellissima recensione: ll Prof. Nazario Pardini sa unire abilità espressiva e pregnanza ermeneutica nel focalizzare il nucleo dell'ispirazione che anima i testi poetici, che ,come tessere, danno vita al mosaico antologico

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  3. Un'Antologia è una "raccolta di fiori", un florilegio. In questo caso la bella Antologia, curata in modo eccellente da Lorenzo Spurio, presenta come tema i borghi, le città, le periferie dei poeti partecipanti, perciò offre una varietà di "fiori" ancor maggiore in un Paese come l'Italia così diverso nelle sue regioni. Recensire una simile opera potrebbe ridursi a un discorso generico in cui nulla e nessuno spicca in modo particolare.
    Nazario Pardini, invece, poeta raffinatissimo egli stesso e sensibilissimo critico, analizza poeta per poeta e crea un vero e proprio "mosaico di fiori" in cui, di ogni poeta, egli sa cogliere il nucleo di versi da cui esala il "profumo" della città amata perché luogo natale, di residenza, di vacanza, di memoria, di utopia ed evidenzia lo stile, la musicalità, il linguaggio, l'aspetto formale dei componimenti.
    Eccellente l'Antologia, eccellente il Recensore.

    Giorgina Busca Gernetti

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  4. Grazie agli amici e amiche che hanno voluto dedicare i loro saporiti commenti a questa mia esplorazione esegetica: a Francesco Paolo Catanzaro per la sua "bellissima; a M. De Rosa per le sue "maestria e perizia"; a Francesca Luzzio per il suo a me gradito sguardo complessivo; e a Giorgina Busca Gernetti per il suo gratificante commento ed il suo "macte". Gloria a te carissima amica, e gloria a tutti voi per i vostri magnifici versi.

    Nazario P.

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    1. Rivolgo un sentito ringraziamento al prof. Pardini per la dettagliata, puntuale interpretazione critica dell'opera antologica; sono particolarmente colpita dalla personale partecipazione e dalla scrupolosa attenzione rivolte ai versi di ciascun autore.
      Voglio ringraziare ancora una volta Lorenzo Spurio, curatore della silloge poetica, detentore e promotore di un vivacissimo "dinamismo letterario" !!!
      Daniela Gregorini

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    2. Carissima Daniela,
      infinite grazie per il suo puntuale, raffinato, e graditissimo commento.

      Nazario

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