Francesco Dario Rossi: Figure della
mente. Pegasus Edition. Cattolica. 2015. Pg. 76
Silloge
densa, inconsueta, nuova sia contenutisticamente che formalmente. Una stretta
connessione fra dire e sentire. Un prodromico inizio che va controcorrente e fa
da antiporta a un modo di far poesia diverso; soprattutto nella prima parte, dato
che poi Rossi ricupera la voce di un poièin più vicino alla nostra tradizione
letteraria. Il poeta, stravolgendo la consuetudine, dove per concretizzare pathos
e abbrivi, di solito, si ricorre a colline verdeggianti, soli decadenti, o
marine inesplorate, traduce figure
geometriche in vere rappresentazioni della sua intima vicenda, di quella umana:
la sfera, il cubo, la tangente, il triangolo…:
(…)
Non bastano squadre e
goniometri
per alleviare l’angoscia del
pensiero
che non può spaziare libero
e sentir venir meno
il proprio fine
(Triangolo),
Sta
qui uno dei punti cardine della sua poetica: un pensiero che chiede di fuggire,
di smarcarsi dalle ristrettezze del quotidiano; un pensiero che è nato per
tornare all’origine misteriosa, a una lontananza a cui sentiamo il bisogno di
avvicinarci il più possibile, seppur coscienti delle nostre precarietà. E la
poesia è proprio quella parte di noi che tende a volare in alto, a decollare da
una realtà che ci vincola; prende inizio da ragnatele impigliate negli steli,
cerca suoni e fonemi, lemmi e sillabe, accorgimenti d’intensità epigrammatica, per
farne una scala verso spazi smisurati, che tanto sanno di soprannaturale, di
ultraumano. È così che Rossi si esprime, affidando tutto se stesso a simboli, a
realtà fenomeniche, non solo geometriche, dacché sente forte il bisogno di
vedersi rappresentato in corpi e volumi concreti: una ricerca verbale e significante di profonda
verticalità analitica. Un procedere complesso e articolato, in cui il verso,
con la sua ondivaga stesura, è vòlto a dare consistenza alla generosità emotiva
del Poeta. Una versificazione che,
alternando misure brevi a ipermetriche, cerca di dare colore al variare di
urgenti input emotivi e che, con l’uso di endecasillabi ben strutturati,
raggiunge punte di notevole espressività euritmica. E la vita c’è tutta in
questi versi; c’è con la sua polimorfica natura: esistere, aspirare ad un
porto, memorare, raffrontare, fuggire; c’è con un’inquieta saudade, con un
odisseico nostos, con un odeporico slancio verso orizzonti indeterminati.
Sì,
è qui la pluralità di questo testo. Una pluralità che convince per la tenuta di
impatti che potrebbero facilmente esondare, ma che, al contrario, sono arginati
da un prosodico e fermo connubio fra metaforicità e figure semantico-allusive; segno
di assidua frequentazione letteraria. Il titolo Figure della mente, diviso in tre sezioni, si distende su un climax
di intenzioni e freschezze crescenti. Dopo la perlustrazione di una ricerca
analitica, si dà campo ad un procedere più vicino a cospirazioni di stampo
lirico. D’altronde la poesia è sentimento, è emozione più che ragione e calcolo.
E si fa tale quando le architetture emozionali scuotono il nostro esser-ci.
Semmai la ragione tende a controllare e a frenare la corsa impazzita di un
cavallo che, sciolto e libero, corre nell’azzurro senza alcun freno. E si fanno
avanti il memoriale che ripesca ambienti, figure e immagini di grande valenza
evocativa, tornate con forza a dirci della loro esistenza e di quanto si
facciano alcova rigenerante per le nostre deficienze esistenziali:
Portavano rose nei canestri
incantate fanciulle dell’aria
-
erano rose di rosso vermiglio
su flessibili giunchi addormentate
(…)
Occhi vivi di innocenti
malizie
tra profumi di rosso vermiglio
brillavano di luci iridescenti
Azzurri barbagli di illusioni
È
da lì che nasce lo sprone al viaggio; a ammainare le vele verso porti di
difficile approdo; di improbabile ancoraggio per un essere abbarbicato alla
terra; per un uomo che sente
profondamente questo suo malessere di
impossibile soluzione. Una dualità che è a capo del nostro essere umani: piedi
a terra e anima al cielo. E forse è proprio la natura, quella maiuscola, quella
plurale; la natura attenta e partecipe delle nostre evoluzioni interiori, a
farsi avanti con tutto il suo magnetismo. È essa che, con guizzi di ampia
visività, riesce a farci leggere l’altra parte di un noi che faticosamente cerchiamo
e che spesso scopriamo leggendo i nostri versi. D’altronde la vita è anche
sogno ed il sogno ne fa parte con tutto il suo potere immaginifico. Sembra che
completi con i suoi slarghi quella parte
della quotidianità folta di inattuazioni e sottrazioni. Dato che essere
coscienti del nostro esistere significa esserlo anche del tempo che fugge
inderogabile e improrogabile:
Il lento scorrere vitale
tempo di illusioni decadute
affonda nell’umido dell’erba
del bianco cimitero di
campagna (Sorgente).
Uno
scorrere che denuncia la nostra pochezza di fronte a un tutto che giganteggia
sopra e sotto i nostri occhi; che addita un bianco cimitero, un leopardiano limen,
un redde rationem di difficile comprensione; un pascaliano “… milieu entre rien
et tout” simboleggiato in un fiore reciso dalla falce del tempo:
(…)
La falce del tempo
recide ad ogni ora –
effimera presenza
quel fiore
(Sfiorire).
Ed
è questa inquietudine, questo substrato di dolce malinconia di fronte alla
realtà che ci circonda, di fronte all’immenso che ci sovrasta, a fare di questi
versi una parènetica voce oraziana; un’esortazione a viverla questa
irripetibile esperienza; a viverla intensamente: Ed il Poeta sembra dia tutto
se stesso al canto affidandogli il compito di tramandare il sacrosanto bagaglio
delle sue memorie. Questo unico, breve, immenso momento:
(…)
Miracoloso evento si rinnova
nel brillar d’occhi e nel
sorriso
di ragazze luminose
nell’attesa
del fremito che genera la
vita,
dove
l’incipit e l’explicit di fluidità endecasillaba si compenetrano con uno stato
di grazia emotivo per dare voce alla POESIA.
Nazario Pardini
CURRICULUM
Francesco
Dario Rossi è nato a Chiavari nel 1949. Si è trasferito a
Riva Trigoso nel 1955, dove ha frequentato le scuole elementari e vive tuttora.
Ha frequentato
il liceo classico “Federico Delpino” di Chiavari, dove è stato alunno del filologo,
latinista e grecista Cesare Arieti, che ha influenzato in modo determinante la
sua formazione culturale.
Nel
1972 si è laureato in lettere classiche all’Università degli studi di Genova,
discutendo una tesi di filologia latina, l’edizione critica dei frammenti dell’Hortensius di Cicerone tramandati dal
grammatico Nonio Marcello.
Nel 1976 ha conseguito
l’abilitazione all’insegnamento di materie letterarie, latino e greco nelle
scuole superiori di secondo grado.
Ha
insegnato in licei e scuole superiori della Provincia di Genova.
Nel
1999 ha pubblicato la raccolta di versi “Sagrato
di Luce” ( Primo Ciottolo) e nel 2003 la silloge in versi “Pensieri vagabondi”.
Dall’anno
accademico 2004-2005 al 2006-2008
ha collaborato con l’Università di Genova nel corso di Lingua italiana presso la
Facoltà di Scienze della Formazione, con seminari su figure retoriche e
linguaggio.
Negli stessi anni ha collaborato con il Corso e laboratorio di scrittura creativa nel Corso universitario di Scienze della comunicazione a Savona.
Negli stessi anni ha collaborato con il Corso e laboratorio di scrittura creativa nel Corso universitario di Scienze della comunicazione a Savona.
Dal
2005 organizza e dirige corsi-laboratori
di scrittura creativa a Sestri Levante e Riva Trigoso.
Nel
mese di maggio 2007 ha
curato e pubblicato, con la Casa editrice Gammarò, l’antologia “In
punta di penna”, in cui sono raccolti alcuni lavori dei
partecipanti ai suoi corsi. Nel 2009
ha pubblicato nella collana “I ciottoli” ha pubblicato
l’antologia “A Trigoso scrivere è bello”, una
raccolta di altri scritti dei partecipanti ai corsi di scrittura.
Ha
seguito come esperto di scrittura creativa
la stesura del romanzo “Tr@mare”,
pubblicato dalla Casa editrice “Libero di scrivere”, esperimento di scrittura
collettiva di tredici autori genovesi, e ha scritto un saggio critico su questo
libro e sulle potenzialità creative della scrittura collettiva.
Negli
anni scolastici 2011/12, 2012/13 e 2013/14 ha coordinato e coordina tuttora un corso di scrittura creativa
per gli alunni di terza media delle Scuole Medie Della Torre di Chiavari. La
stessa scuola ha preparato tre fascicoli intitolati Voglia di scrivere, con i migliori lavori degli alunni partecipanti
al corso.
Nel
mese di aprile 2013 ha curato e pubblicato l’antologia “Scrivere è bello”, con 46 racconti dei partecipanti al laboratorio
di scrittura nella biblioteca di Riva Trigoso.
Da
parecchi anni scrive prefazioni e saggi critici per poeti contemporanei.
E’ uno
degli organizzatori e membro di giuria del Premio
internazionale di poesia e letteratura “Giovanni Descalzo” a Sestri Levante.
Nel
febbraio 2015 ha pubblicato la silloge in versi Figure della Mente, con Prefazione di Alessandro Fo. La prima
sezione è costituita da poesie ispirare da figure geometriche.
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