sabato 4 aprile 2015

FRANCO RIZZI: RIFLESSIONI "PARTENDO DAL BANDOLO""

Franco Campegiani collaboratore di Lèucade
Claudio Fiorentini collaboratore di Lèucade

Cari amici firmatari e simpatizzanti,

Abbiamo ricevuto dallo scrittore  Franco Rizzi, un nostro simpatizzante, le riflessioni allegate che vorremmo commentaste. 
Non sentendomi autorizzato a divulgare i vostri indirizzi email, raccoglierò i vostri commenti e poi li divulgherò al gruppo. Per quanto possibile, vi chiederò commenti brevi.
Allo stesso tempo chiedo la vostra autorizzazione a trasmettere i messaggi senza nascondere i vostri indirizzi, per rendere più facili queste discussioni, partendo dal principio del silenzio assenso.
Pubblicherò questa lettera di Franco Rizzi anche sulla pagina FB Il Bandolo, per chi è iscritto sarà semplice inserire un commento.
Con l’occasione, da parte di Franco e mia, vi giungano gli auguri di

Buona Pasqua

Claudio Fiorentini



PARTENDO DAL BANDOLO 
(della matassa ingarbugliata)
Pamphlet n°1
data 01-03-2015

Rovesciare il discorso

Durante tutto il periodo trascorso tra la pubblicazione del manifesto “Il bandolo” ed i primi mesi di questo 2015 ho continuato a rimestare le idee che mi suscitava senza tuttavia venirne a capo. Dentro di me emergono sempre tutta una serie di difficoltà nel trovare il giusto metodo, il giusto ritmo, per affrontare e magari proseguire un po’ il discorso. Ritengo utile provare a rovesciare il discorso, provare a prenderlo dal mio punto di vista e per questo vorrei ripartire da un paio di parole chiave che compaiono più volte nel contesto del “Bandolo”. e cioè: cultura e culturale. Ritengo utile ribadire cosa intendo io per culturale e quindi per cultura.

Cultura

La mia concezione di cultura è semplice: cultura significa la sedimentazione delle esperienze e dei codici di comportamento acquisiti nella vita, ma anche il loro utilizzo nella vita di tutti i giorni. Io vedo quindi la cultura come il luogo privilegiato dell’utilizzo delle conoscenze specializzate, cioè la scienza e la tecnologia, ma anche come il luogo di residenza naturale della politica, intesa questa come l’insieme delle scelte che favoriscano il miglior modo possibile di vivere delle comunità e quindi il miglior possibile buon governo da parte degli addetti a cui, con il voto, abbiamo delegato l’incarico. Inoltre la cultura è il luogo dell’arte in tutte le sue forme, dalla pittura alla letteratura, alla musica, è il punto di snodo dell’informazione e della  interpretazione storica degli eventi, il punto di incontro degli orientamenti di ognuno di noi, cioè della filosofia e delle credenze religiose.
Le discussioni che possono derivare dall’approfondimento dei diversi temi messi in luce dal manifesto, possono sottolineare di volta in volta la necessità di essere più incisivi nel rivendicare un ruolo agli artisti o magari  richiedere spazi più adeguati all’informazione, oppure enfatizzare il ruolo degli artisti nella società, in modo che divengano il tramite che riporti l’arte più vicina alla gente comune, o infine essere quelli che contribuiscono a dare forma a quanto dovrebbero fare i nostri politici. Mi sembrano tutti aspetti di una stessa realtà già contemplata nella parola cultura. L’unico vero fatto importante è solo quello di mantenere forte e vitale la cultura, dando applicazione a quanto significa la parola stessa.

Emerge un problema

Forse il problema è quello che al nostro interno, all’interno del variegato mondo degli artisti, non abbiamo chi è in grado di applicare con coerenza e perseveranza la definizione che ho dato. Forse nella realtà ognuno è, e resta sempre, una entità singola racchiusa nel suo mondo interiore, incapace di operare nel mondo esterno, piuttosto ostile, che ci circonda. Non si spiega diversamente il fatto che, da sempre, i veri artisti sono più o meno dei morti di fame, che molti si devono adattare a fare un lavoro diverso per sopravvivere. Ho avuto uno zio pittore che non è mai riuscito a guadagnare una lira e da sempre conosco il tetro mondo dei mercanti d’arte e delle gallerie espositive. Ora che da qualche anno, dopo aver sempre scritto per me stesso, mi sono affacciato al mondo dell’editoria ho scoperto tutto il triste panorama delle false case editrici a pagamento che taglieggiano gli scrittori e delle grandi case editrici che attorniate da una cintura invalicabile di intermediari, faccendieri, politicanti, agenti letterari non sono accessibili agli scrittori.
Noi dobbiamo invece rivendicare la libertà di dibattere ed affrontare i temi “politici” che riguardano il futuro, nostro e di chi verrà dopo di noi. Fare politica significa immaginare come potrà essere, tra dieci o venti anni, il nostro vivere quotidiano e la vita del paese che abitiamo. Non dobbiamo avere nessun condizionamento che ci impedisca di farlo. Dobbiamo essere liberi di esaminare qualunque tema che sia considerato importante. Ma a questo punto non vorrei sentirmi rispondere che questo nessuno ce lo impedisce, se il pensiero recondito di colui che risponde dovesse essere: “tanto poi quello che avete detto rimarrà lettera morta”. Troppe volte è già stato così, troppo spesso sparuti gruppetti di idealisti ci hanno provato, ma poi tutto è rimasto lettera morta. In altre parole non dovrebbe esserci alcuna cesura tra noi e il mondo reale che ci circonda. Tutti coloro che si riconoscono in queste idee dovrebbero lavorare in comune, fare squadra.

E adesso che fare?

Credo che se faremo conoscere agli artisti queste idee, potremo interessarne molti e invogliarli a partecipare, a dare il loro contributo a quella che dovrebbe essere una nostra associazione, forse una federazione. L’associazione dovrebbe avere una valenza nazionale ed un unico portavoce. Dovrebbe avere un suo comitato interno che non abbia remore nel dare dei voti, dei tre e dei quattro a chi se li merita e dei sette o degli otto a chi vale. Il portavoce dovrebbe essere il tramite ufficiale per parlare con la stampa e non permettere che possa essere un giornale a pubblicare le classifiche per dire alla gente cosa leggere, quali mostre andare a vedere. L’associazione dovrebbe anche denunciare tutte le storture del falso mercato, stroncare senza pietà le false case editrici a pagamento, aiutare i veri artisti a realizzare i propri sogni. Essere insomma un vero sindacato che tenga fuori chi in realtà ci è nemico, cioè tutti quelli che stanno dall’altra parte della barricata. Ne risulta un lavoro che fa tremare i polsi al solo pensarlo! Però io credo che varrebbe la pena tentarlo.
Aspetto con il massimo interesse i vostri commenti a questo mio primo pamphlet. 

Cordiali saluti.

Franco Rizzi


7 commenti:

  1. Ringrazio sentitamente Franco Rizzi, simpatizzante non firmatario del Bandolo, per questo suo appassionato appello. Egli suggerisce un'evoluzione del nostro manifesto culturale che in tutta franchezza io non mi sento di condividere, ma che ritengo comunque opportuno, d'accordo con Claudio, sottoporre al vaglio dei firmatari, come pure di altri che intendessero farlo. Perché non condivido questi suggerimenti? Per due motivi, essenzialmente. Primo, perché i sindacati già esistono e non vedo l'opportunità di costituirne un altro. Secondo, perché da un manifesto culturale io m'aspetto che promulghi delle idee, non altro. Si dirà che le idee da sole non bastano, ma qui parliamo di idee che fermentano nella mente e nelle opere degli scrittori e degli artisti. E' questa la concretezza che io mi aspetto: libri, dipinti, sculture, musiche, opere dell'ingegno. I Futuristi insegnano, i Surrealisti anche... e via dicendo. Che cosa hanno fatto costoro? Si sono ritrovati intorno a delle idee ed hanno prodotto opere, hanno fatto storia, hanno fatto epoca. E a chi dovesse obiettare che l'imprenditoria culturale questo oggi non lo consente, controbatto che Socrate e Cristo non hanno lasciato un rigo scritto di proprio pugno. Eppure la storia l'han fatta, eccome! Noi non siamo di quella caratura, indubbiamente, ma proprio per questo dobbiamo cercare di apprendere.
    Franco Campegiani

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  2. Mi sento d'intervenire e lo faccio sinteticamente per non rischiare di ripetere quanto già asserito da Franco Campegiani. Credo fermamente che un manifesto culturale debba avere altri propositi e, dunque, altre finalità: il vero artista non è un politico e le sue idee non sono ideologie; di conseguenza, i suoi connubi nascono da esigenze interiori (spirituali), che possono essere sposate naturalmente ma non per associazionismo, per puerile e velleitario bisogno di cambiamento. Soltanto le sue opere possono parlare e - se deve accadere - trasformare.
    Grazie dell'attenzione. Sentiti auguri a tutti,

    Sandro Angelucci

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  3. La proposta che Franco Rizzi sottopone ai firmatari del "Bandolo" (anche a me, quindi) mi trova molto perplessa e non, totalmente, in accordo. Considero il “Bandolo” simbolo e portatore di un messaggio altissimo e civilissimo che può – credo – condensarsi nell’ideale di un “umanesimo”.
    A mio avviso il “Bandolo” ha bisogno di quel calore che emana umanità, che parla a quel paesaggio interno, delle persone, dove vige l'amore per la scrittura, per l'arte nel senso più "intimo" del termine; che parla alle coscienze e non credo che la strada delle associazioni (e/o dei sindacati) sia la strada giusta (già percorsa da molti altri e devo dire, per esperienza, con effetti non positivi, che muoiono in partenza).
    Grazie al Sig. Rizzi della riflessione.
    Sonia Giovannetti

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  4. Carissimo Franco,
    sei consapevole della stima che ti porto e del rapporto di complicità che abbiamo instaurato... Per quanto riguarda la proposta in oggetto devo, purtroppo, allinearmi con gli amici, ritenendola non conforme a quelle che erano le intenzioni iniziali degli ideatori e di noi firmatari. In qualità di fondatrice Iplac asserisco con convinzione che la politica non possa essere discussa in queste sedi. Lo stesso Statuto parla di Circolo no profit e 'apartitico'. Il termine, ovviamente, non sta a indicare l'assenza di fedi politiche dei nostri iscritti, ma la ferma volontà di cooperare per la Cultura, evitando d'impantanarci nella palude delle discussioni politiche. Esistono fin troppe sedi deputate a tale scopo. Noi siamo nati con l'intento di esprimerci su un altro piano e il Bandolo, pur essendo un Manifesto, una provocazione culturale, e quindi qualcosa di ben distinto dal Sodalizio, ha espresso volontà di sfida e di rinnovamento sul piano culturale, mai di scendere su un altro livello di comunicazione. Caro Franco, a mio umile avviso, la cultura e la politica vanno tenute ben distinte. Ciò non toglie che ti ringrazio anch'io per il tuo tentativo di estendere il Bandolo. E ti abbraccio forte!
    Maria Rizzi

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  5. Ho letto e riletto con attenzione questi commenti, permettetemi di completare. Il Bandolo è una manifestazione di idee, una spunto di riflessione che cerca una via per uscire dalla palude. Le idee riguardano l'artista e il suo mondo interiore. Ciò non significa che altre forme di movimento non possano scaturire da queste idee. Mi spiego: se da una parte un Manifesto parla all'artista, Franco Rizzi, a seguito di una lunga riflessione sul testo del Bandolo, si pone il problema di come dare voce agli artisti. Ricordo che discussioni simili, su cosa fare in concreto, le abbiamo avute nei primi incontri al Polmone Pulsante, e alcune delle idee accennate da Franco Rizzi furono oggetto di discussione, anche se in termini diversi da quello che si legge su questo pamphlet, Franco si chiede quali possono essere le azioni che in qualche modo sostengono il lavoro degli artisti, e si focalizza sugli aspetti pratici che, per la loro natura, possono essere portati avanti da associazioni o simili. Nella lettura non mi focalizzerei sulla parola, tra l’altro virgolettata, “politica”, né su "sindacato", che ovviamente nulla hanno a che fare con un manifesto culturale. Tuttavia, esistono associazioni (come l'IPLAC) che in parte già rispondono ai quesiti posti da Franco, queste associazioni sono una realtà meravigliosa e dobbiamo tutti essere grati agli operatori volontari che si adoperano per promuovere Arte e Cultura. Esistono anche alcuni blog (Lèucade è forse il più rappresentativo dei tanti) e siti che operano in silenzio per proporre cultura, per orientare l’artista e per informare il lettore. Certo, è un'opera titanica, e forse è legittimo chiederci: queste realtà non dovrebbero avere più spazio e più voce? E non potrebbero essere più efficaci se lavorassero in sinergia? In un certo senso i gemellaggi tra associazioni vanno in questa direzione, ma forse non basta. L'idea di proporre opere di qualità, come già facciamo, ma raggiungendo un pubblico più vasto non è del tutto peregrina. Franco Rizzi, nella sua riflessione, affronta questo tema. Ricordo che alcune delle idee che ci hanno spinto a scrivere le prime linee del Manifesto partono dalla parola Aggregazione che si contrappone a Dispersione. Concludo: siamo d’accordo che un manifesto è una provocazione, una linea di idee, e che tale deve rimanere, ma se il dibattito serve da stimolo affinché nascano nuove realtà, o evolvano in una certa direzione quelle esistenti, siamo sulla strada giusta.

    Claudio Fiorentini

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  6. A cosa serve un’artista? A svelare, per quanto mi riguarda. Se ad essere svelata è la bellezza, leggo e rileggo con piacere, se è una verità (non la Verità) sarò grato un pensiero nuovo, se sarà svelato qualcosa dell’animo umano, andrò più in profondità nella mia coscienza. E il Bandolo a cosa serve? Può servire soltanto se con la sua voce dice a tutti: cercate la bellezza, una verità, di elevare l’animo, il resto è inutile. Per un meccanismo che a me pare ineluttabile, la azioni che riguardano l’arte che non nascano da un desiderio di proporre un’azione estetica, creano una nuova sovrastruttura che non fa altro che togliere spazio all’arte stessa. Non bisogna dimenticare che coloro che oggi vivono l’arte come affermazione di se stessi, iniziarono come appassionati e alcune delle realtà che vengono (giustamente) criticate nacquero per promuovere l’arte. Leggeri gli artisti volano alto, parafrasando Paul Valery, come uccelli che sanno dove andare, non come piume sbattute dai luoghi comuni, con l’unica urgenza della bellezza, liberi da qualunque orpello.

    Luca Giordano

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  7. Miei cari amici, permettetemi anzitutto di chiamarvi così. Dunque mi avete bocciato! Avete subito sentito che andavo fuori tema e mi avete bocciato: ne prendo atto con umiltà. Il Bandolo deve essere fermento di idee quindi qualcosa che stimoli a produrre opere di un certo valore: libri, poesie, quadri. Ma io avevo avuto l'impressione di intravedere anche una sorta di disagio verso il mondo ostile che circonda l'artista. Però forse questo è solamente un mio modo di sentire, il sentire di uno che scrive in modo solitario lontano da ogni rapporto con i cosiddetti salotti buoni dove si fa "cultura". Quindi a quel punto era emersa la mia seconda personalità, quella imprenditoriale che è sempre pronta a combattere contro gli avversari, quindi contro le case editrici che taglieggiano gli scrittori. Invio a tutti un affettuoso saluto, ma ...e adesso che fare?
    FRANCO RIZZI

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